Nico González, il figlio d’arte che non voleva esserlo

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“Come? Io sarei il ‘Figlio di Fran’? No, no, fai attenzione ché fra poco sarai tu che verrai riconosciuto come il padre di Nico”. Una battuta ricorrente nelle cene di casa González, in cui di calcio si parla spesso. I protagonisti sono papà Fran, leader del SuperDepor campione di Spagna un ventennio fa, e il figlio d’arte Nico, uno degli ultimi bambini prodigio emersi nella prima squadra del Barcellona.

González junior di anni ne ha ancora 19, e per ora scherza soltanto quando dice al padre che presto supererà la sua popolarità, ma gli esordi dirompenti in maglia blaugrana fanno pensare che, ridendo e scherzando, Nico le carte in regola per diventare la stella più brillante dell’albero genealogico le abbia tutte. 

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe arrivato a tutto questo e così presto? Di certo non lui, che a calcio non voleva giocarci proprio. Da piccolissimo si rifiutava persino di tirare calci al pallone, e quando a sette anni lo trascinarono al primo allenamento fu impossibile farlo smettere di piangere. “Alla fine l’unica cosa che mi convinceva ad andare era che ci fossero i miei amici nella squadra”.

Indispensabile

Il tempo è filato svelto e i fatti, oggi, sono davanti a tutti. Il classe 2002 ha esordito in prima squadra già alla prima di campionato e alla terza è arrivato il suo debutto da titolare. Da lì in poi, ha saltato solo due partite, una delle quali per infortunio, mentre le restanti 10 le ha giocate tutte dall’inizio. In mezzo, un cambio di allenatore, ma il galiziano è rimasto imprescindibile anche per Xavi, che l’ha subito visto come una pedina fondamentale per il calcio che vuole proporre.

Busquets del futuro, tuttofare del presente

“Tu vorresti un Iniesta, ma tuo figlio è un Busquets”, ha detto un suo ex allenatore al padre. Ed effettivamente Nico sembra proprio uscito dallo stampino del classico pivote blaugrana. Arrivato alla Masia a 11 anni, mentre rifiutava i corteggiamenti del Real Madrid studiava proprio Busi, che considera tutt’oggi il riferimento numero uno nel suo ruolo. Inutile dirlo, quando è subentrato proprio a Busquets per esordire nella prima squadra la sensazione era quella di un passaggio di testimone simbolico.

Cresciuto nella stessa, fortunata annata di Ansu Fati, Eric Garcia e Take Kubo, Nico si forma, appunto, come mediano difensivo. Cresce tanto in altezza nelle giovanili (oggi sfiora il metro e 90), ma è soprattutto al contatto con il professionismo che il suo fisico inizia a lievitare, tanto da portarlo a provare nuovi ruoli. Oggi a centrocampo può fare tutto e Xavi lo sta forgiando come una mezzala tuttofare, che possa condurre il pallone ma anche gettarsi in area in area quando ce l’hanno gli altri. Non è una sorpresa, ormai, vederlo primeggiare nella maggior parte delle statistiche a fine partita e, al momento, è inimmaginabile vederlo fuori dall'undici. 

Papà Fran, che la competitività dello sportivo non l’ha persa, si morde ancora la lingua quando il giovane González gli dice di essere già il migliore della famiglia. Che non significa non esserne orgoglioso: a Nico ha anche chiesto la maglia del suo debutto, quello contro la Real Sociedad. Lui, però, ha rifiutato. La voleva per sé, per incorniciarla e appenderla nella casa dove vive già solo. Forse, anche per ricordarsi che lui è “Nico”, e non il ‘Figlio di Fran’. Presto se ne accorgerà anche il papà.

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