Milan, 100 giorni di Paquetá: dentro l'Isola rossonera del brasiliano

Si parte da una (ovvia) premessa: un traguardo così, nella prosecuzione di un sogno divenuto realtà, avrebbe voluto tagliarlo in maniera diversa. Evitando fasciature e trattamenti ad una caviglia malconcia, che lo ha costretto allo stop di circa un mese, e facendo ciò che gli riesce meglio: infondere qualità già imprescindibile, sin dal suo arrivo a gennaio, alla propria squadra.

Lucas Tolentino Coelho de Lima, meglio noto a chiunque come Paquetá, compie però oggi 100 giorni da calciatore del Milan: periodo di circa 4 mesi, dall’ufficialità e dal contratto depositato in Lega alla via verso il recupero per il ritorno in campo intrapresa, in cui il brasiliano voluto e portato in rossonero da Leonardo ha già ampiamente lasciato trasparire sprazzi di puro talento. Pozione rivitalizzante per chi un colpo così, dagli anni del trio Kakà - Pato - Thiago Silva, sembrava ormai destinato a sognarlo, pescando dal campionato verdeoro un “craque” già in grado di prendersi la maglia numero 10 (roba da Pelé, Zico, Rivaldo e Neymar, tra i tanti) della Seleçao di Tite.

Dal 4 gennaio al 13 aprile 2019: 144.000 minuti di nuova vita milanese, già assaggiata nella prima tappa italiana del 9 dicembre scorso, in cui il “Mago” rossonero si è già calato alla perfezione. Aiutato dalla dirigenza del Milan, sempre al suo fianco: accolto al meglio da un gruppo che, sin dai primi momenti spesi a Milanello, è stato capace di apprezzarne le qualità umane e tecniche. (+)39 scelto, come numero-prefisso di una chiamata italiana dalla risposta positiva immediata, e tasto verde premuto: in pochi passi, tra vita privata e campo, abbiamo provato ad addentrarci nei suoi primi 100 giorni vissuti da milanista. Ricavandone un ritratto, ieri come oggi e a livello tecnico-umano, da ragazzo d’oro.

 

 

 

LA VITA PRIVATA - DA UN’ISOLA…AD ISOLA: DUDA, NEVE E TRANQUILLITÀ

Deve il nome che porta sulla maglia, in ricordo dei primi anni della sua vita calcistica e non, ad un’isola: quella di Paquetá, appunto, nella Baia di Guanabara a Rio de Janeiro, dove il 27 agosto 1997 veniva alla luce. E…ad Isola, quartiere nel pieno centro della nuova skyline di Milano, Lucas ha deciso di abitare: due mondi tanto differenti, da barche, bici e cavalli come unico mezzo di trasporto fino al cuore del traffico milanese, quanto ormai tappe consolidate nel passato e nel presente della vita del brasiliano.

Un appartamento all’ultimo piano, all’angolo tra via Melchiorre Gioia e viale della Liberazione, con vista su tutta la città, nello stesso stabile che aveva precedentemente ospitato José Sosa nella propria parentesi rossonera. Lì, Paquetá si gode la propria vita extra campo, sempre in compagnia della moglie Duda (diminutivo di Maria Eduarda, tatuata sul braccio sinistro) e della sua barboncina Neve, cui ha addirittura creato (stile Icardi) un account Instagram: passeggiate insieme nel parco di fronte a casa, munito di guinzaglio e pallina davanti al Bosco Verticale, e in zona Repubblica; cene a base di sushi o pesce, sotto casa, in Duomo e in zona Brera, durante le serate libere.

Tranquillità totale nel regno del caos, in una vita extra-pallone da ragazzo come tanti: la semplicità di Lucas sta anche in questo. E in occasione di qualche giorno di pausa concesso da Gattuso, c’è sempre tempo per una mini-fuga in Svizzera a Lugano, sul Monte Brè, come luogo ideale per qualche ora di relax in famiglia. Il tutto, senza mai dimenticare da dove si è arrivati, con la compagnia del fratello Matheus (in prestito al Monza): seguire, quando possibile e lottando contro le 5 ore di fuso orario, le gare del suo Flamengo. Per chi il rossonero (o rubro-negro), oltre ad averlo nel destino, continua a tenerlo stretto nel cuore.

 

 

 

IL CAMPO - FUTEBOL BAILADO, L’EMOZIONE DEL PRIMO GOL A S.SIRO, LA FEDE TATUATA

Se extra campo il suo modo di vivere scorre lungo un flusso di tranquillità, la vita calcistica di Paquetà è tutt’altro che semplice o banale. La tentazione di provare giocate spettacolari anche in semplici fasi di disimpegno (tra tunnel, “lambreta” o giochi di suola) ne caratterizza la tipologia di futebol bailado e allegro descritta dal centrocampista stesso nel periodo del suo arrivo a Milano, in un freddo dicembre d’ambientamento alla nuova realtà.

San Siro visto dalla tribuna e da spettatore in occasione della gara contro il Torino: il terreno di gioco, dall’esordio da titolare a sorpresa nella trasferta di Coppa Italia a Genova contro la Sampdoria, come piacevole abitudine vissuta successivamente da titolare in 13 occasioni consecutive dal suo approdo in rossonero. Pedina inamovibile di un centrocampo che di lui non può già fare a meno, schierato in quel ruolo di mezz’ala tecnica lasciato vuoto da Bonaventura e parzialmente riempito da Çalhanoglu, con assoluta licenza di offendere, pur mantenendo un equilibrio tattico che Gattuso pretende stabilmente dai suoi.

Milanello, per Lucas, è stato subito “casa”: accolto splendidamente dall’ex Higuain e da Gattuso, personaggi che prima “vedeva e schierava solo alla Playstation”; parte di uno spogliatoio unito, tra sorrisi, musica e balli, in cui Bakayoko e Kessie sono immediatamente diventati co-protagonisti di divertenti video e storie spesso pubblicate su Instagram. Passo dopo passo, di danza e non, Paquetá si è inserito alla perfezione nella sua nuova dimensione, stupendo per la prontezza mostrata verso un tipo di calcio diverso ed un mondo completamente differente.

Nato pronto, in questo senso: quasi come Piatek, con cui condivide spesso il tragitto in macchina verso ogni giornata d’allenamento a Milanello; meno, invece, per un’emozione che mai forse si sarebbe aspettato di vivere, in occasione del primo gol rossonero trovato a San Siro contro il Cagliari. La tragedia del convitto “Ninho do Urubu”, sua casa per 12 anni al Flamengo e finita per colpirlo al cuore, costata la vita a 10 giovani talenti brasiliani: il lutto al braccio (stretto in un pugno) e gli indici puntati il cielo, con il suo nome scandito in sottofondo dai tifosi, immagine di una prima esultanza dedicata che avrebbe immaginato in maniera totalmente diversa. 

Per ballare in campo, però, come accaduto dopo il gol (poi annullato) contro l’Empoli, ci sarà tempo. Tenendo lontano ogni tipo di paragone con Kakà, tanto idolatrato quanto diverso per caratteristiche, e spinto da una fede enorme in Dio, presente in ogni suo pensiero social e non. Àncora di salvezza sin dai sacrifici vissuti in infanzia, prendendo l’ultima barca a mezzanotte di ogni giorno per fare rientro a casa post allenamenti, anche quando il sogno che rincorreva sembrava potergli sfuggire di mano: colpa di un ritardo nella crescita che, grazie ad una complessa, costosa e lunga cura, lo ha portato da 150 a 180 cm d’altezza in 3 anni.

Il resto della storia, invece, si conosce già: dopo una vita al Flamengo, il presente e il futuro si chiamano Milan. Con una punta di verdeoro in mezzo, una maglia numero 10 da incorniciare e tantissimo ancora da dimostrare: se “Deus prepara”, come recita il suo tatuaggio sul collo, ora tocca a Paquetà. Isola di qualità in una città che in 100 giorni, sponda rossonera, è già stata conquistata da un nuovo, grande talento.

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