Milan e Montella, la storia finita

515 giorni insieme, poi l’esonero ritenuto improrogabile. Il 27 novembre, oggi, si conclude l’avventura al Milan di Vincenzo Montella. Un’esperienza dai due volti: dalla stagione del ritorno in Europa con una squadra non eccezionale, ad un deludente settimo posto con un gruppo ben più rinnovato e talentuoso del precedente. Nel mezzo, un’estate di esaltazione per un mercato condotto in modo autoritario ma forse non autorevole a sufficienza, tra dubbi e moduli che hanno segnato i primi mesi del campionato in corso.

Il profilo giusto

Il Milan versione avanti Montella è una squadra che con Mihajlovic prima e Brocchi poi non riesce a conquistare la Coppa Italia, venendo fermata soltanto da una rete di Morata ai tempi supplementari. E così, anche quello che pareva il primo tassello di una lunga risalita viene cancellato. E’ tempo di rifondazione, ma non soltanto da un punto di vista tecnico: l’estate 2016 è soprattutto l’ultima dello storico asse dirigenziale formato da Berlusconi e Galliani. Una fase transitoria, tuttavia, che non permette ai rossoneri di imbastire un mercato importante: arrivano Lapadula e Gomez, poi Mati Fernandez e Pasalic in prestito e i rientri di Paletta e Suso. Il summit dei vertici rossoneri, vecchi e nuovi, produce tre nomi diversi per la guida tecnica: le idee di Giampaolo caldeggiato da Galliani, la continuità di Brocchi voluto da Berlusconi e l’internazionalismo di Montella, proposta della componente cinese. E sarà quest’ultima a prevalere nella scelta, trovando peraltro la massima disponibilità da parte dell’allenatore, che già l’anno prima sembrava pronto a ricevere la chiamata del Milan. C’è proprio lui, Montella, dietro il vero colpo: la permanenza di Suso, che viene visto come il nuovo fulcro su cui far girare tutta la squadra, nonostante l’offerta del Celta Vigo. E’ una squadra senza gloria, ma tutto cuore, che si compatta, si riscopre in più momenti della stagione. I primi mesi della gestione regalano soddisfazioni impensabili: i rossoneri si portano a ridosso della vetta della classifica e superano le aspettative. L’ascesa di Locatelli, protagonista delle diapositive più belle sino a quel momento (la rimonta folle sul Sassuolo da 1-3 a 4-3 e il gol decisivo alla Juve), incarna la rivoluzione. L’infortunio di Montolivo obbliga l’allenatore a compiere delle modifiche e quindi la decisione di puntare su di lui e Pasalic per rimettere in piedi un centrocampo privato del suo faro.




Dove osano le grandi

Viene ribattezzato operaio, il Milan. Una definizione che Montella cerca di fare sua soltanto nella compattezza di un gruppo ma non nell’espressione di un gioco. L’organizzazione è tangibile, nel 4-3-3 disegnato dall’allenatore, che mette in difficoltà le big del campionato. Nel girone d’andata, vengono battute Lazio e Juventus, pareggiando con l’Inter (e arrivando a pochi minuti dalla vittoria) e perdendo col Napoli dopo aver rimontato uno svantaggio iniziale di due reti; anche nella sconfitta con la Roma, i rossoneri rimpiangono l’errore dal dischetto di Niang che avrebbe potuto dare un indirizzo diverso alla partita. La consacrazione, però, arriva nella notte qatariota, cornice della Supercoppa Italiana. Di fronte, di nuovo la Juventus ma a differenza della finale di Coppa Italia, stavolta a spuntarla è il Milan. Nei tempi regolamentari, a Chiellini risponde Bonaventura; ai calci di rigore, Donnarumma para il rigore a Dybala e Pasalic segna quello decisivo, coronando un successo che sembrava impossibile. A questo, però, non si riesce a dar seguito: l’inizio del 2017 è tutt’altro che positivo.




Le prime riflessioni

A cavallo tra gennaio e febbraio, il Milan colleziona tre sconfitte consecutive, con Napoli, Udinese e Sampdoria. E’ il preludio ad un andamento oscillante, che rischia di compromettere quanto di buono fatto fino a quel momento. La corsa all’Europa vede protagonisti anche l’Inter e la Fiorentina, con Atalanta e Lazio che man mano blindano la propria posizione. E’ una sfida a tre per l’ultimo piazzamento utile, e allo sprint finale la squadra sembra venir meno: dopo il punto preso per i capelli nel derby, i rossoneri perdono con Empoli e Roma, con in mezzo il pari col Crotone. In questo momento, cominciano le prime riflessioni sulla figura di Montella per il futuro del Milan. Ma le dirette avversarie non approfittano del periodo complesso e alla penultima giornata viene conquistato un posto in Europa League. La squadra lo porta in trionfo, consapevole di aver avuto una guida saggia nelle avversità di un’annata cominciata male, proseguita nelle perplessità di un faticoso closing, e che rischiava di finire con una clamorosa beffa.




Rinnovo, mercato e idee

Con l’ingresso a tutti gli effetti della nuova dirigenze cinese, con a capo Li Yonghong, il Milan affronta una politica di investimenti importanti, che deve essere però seguita dalla qualificazione in Champions League, che permetta al club di rientrare parzialmente delle spese, di ottenere la fiducia di sponsor e investitori e di accrescere l’appeal. In questo senso si colloca un rinnovo a tempo per Montella: fino al 2019 rientrando tra le prime quattro, fino al 2018 qualora ciò non accadesse dietro pagamento di una penale da un milione di euro. Il calciomercato è fatto di grandi nomi ma col senno di poi poco funzionali ad un sistema di gioco non capace di valorizzarli tutti: la difesa a quattro non esalterebbe Bonucci; il 4-3-3 renderebbe difficile la collocazione di Calhanoglu, trequartista di natura; il centrocampo da studiare in base agli arrivi di Rodriguez e Conti. Insomma, ognuno dei moduli ipotizzati comporta delle esclusioni importanti, per cui si comincia con la linea a quattro per poi passare con tre difensori dalla partita con l’Austria Vienna.




I primi nomi

Il Milan 2017/18 non offre grandi garanzie fin da subito. La squadra va in difficoltà con le sei che la precedono, senza riuscire sempre a convincere contro tutte le altre. Inoltre, i problemi della fase offensiva sono evidenti: 19 reti in 14 partite ne sono lo specchio. La sconfitta con la Lazio fa venire tutti i nodi al pettine, il 2-0 rifilato alla Spal costruito su due rigori rappresenta l’ultima partita in cui il Milan abbia segnato in casa, e da allora sono passati 47 giorni. Gli obiettivi vengono ridimensionati dopo le sconfitte con le big del nostro campionato, ma il ko ottenuto a Genova con la Sampdoria provoca lo sfogo di Fassone, che preferisce lanciare un messaggio all’ambiente piuttosto che schierarsi a difesa di Montella. Effettivamente, anche lui stesso pare essere in difficoltà: lo confermano le 23 formazioni diverse schierate su 23 partite giocate in tutta la stagione, alla continua ed esasperata ricerca di garanzie tecniche e tattiche. Mirabelli lo avverte (“Ognuno di noi ha un tempo”), e intanto si sollevano vorticose le voci su Ancelotti dopo l’esonero al Bayern e su Conte dopo le prime crepe col Chelsea. Intanto, la dirigenza ha una considerazione sempre maggiore di Gattuso, visti i buoni risultati della Primavera che ha ottenuto otto vittorie su dodici partite e gli ottimi rapporti che intercorrono tra l’ex mediano e Mirabelli.




L’epilogo

La sconfitta con la Sampdoria, probabilmente la peggiore per quanto espresso in campo e per ciò che ne è conseguito subito dopo, può individuarsi come momento decisivo di una parabola a forte andamento discendente. Non solo le dichiarazioni dure dell’amministratore delegato, ma anche l’allontanamento del preparatore atletico Marra fanno trasparire un contesto per niente sereno. La squadra intanto non gira più, i risultati non arrivano e la dirigenza decide di non puntare più su Montella. E come spesso succede, diventa l’unico dei colpevoli a scontare la pena, anche a causa di scelte di mercato da lui vagliate che non hanno trovato riscontro (come ad esempio le difficoltà che sta vivendo Kalinic), ma su cui al tempo stesso ricadono responsabilità che non gli appartengono. Ma è il calcio, si sa. E probabilmente l’Aeroplanino e il Milan torneranno a volare, stavolta però separatamente. Google Privacy