British? No, Britos: "Napoli il mio Sudamerica. Sogno la FA Cup e le parrilladas"
em>“Attenda pure qui. Per l’intervista ci vorrà ancora un po’, Britos sta ancora pranzando”. Quando sono le 14:30, probabilmente è l’unico di tutta la contea dell’Hertfordshire. Abitudini che non si dimenticano. Napoli, Bologna, soprattutto il suo Uruguay. Anche se Miguel dal 2015 è un giocatore del Watford dei Pozzo.Rimaniamo soli con Elton John, il presidente onorario degli Hornets che ci sorride dalla parete. Poi il difensore classe ‘85 apre la porta della media suite, nel cuore del training ground giallonero. “Certo, due chiacchiere in italiano le faccio volentieri”. Il suo racconto ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com ha inizio: ricordi, passioni, nostalgia. E un ultimo sogno da realizzare, qui in Inghilterra. “Siamo nei quarti di finale di FA Cup e sabato giocheremo contro il Crystal Palace in casa: arrivare fino a Wembley sarebbe il coronamento di una grande stagione”.
Ottavo in Premier League, a una vittoria dal record di sempre: il Watford di Deeney e Deulofeu è tra le sorprese del campionato. “La società ha comprato ottimi giocatori, siamo partiti subito a mille. Anche grazie a un ritiro estivo diverso dal solito”. Nuova location? “No, nuovo nutrizionista! Ha cambiato la dieta a tutti. Niente buffet e pasti prefissati: molto pesce, meno carne e formaggi, pochi carboidrati. Siamo dimagriti subito, migliorando la massa muscolare. E in campo si è visto: a volte non meritavamo di vincere o di pareggiare, eppure ci siamo riusciti comunque. Un segnale di grande tenuta”.
Nell’ultima giornata è arrivato il ko contro il City capolista, ma, scrive il Daily Mail, ‘Britos coped admirably’, se l'è cavata alla grande. Da titolare in Premier quasi un anno dopo l’ultima volta. “Ora sto bene”, afferma il giocatore “ma nell’ultimo periodo qualche infortunio mi ha tenuto al margine e non è stato facile”. Campi di allenamento in mezzo al verde, strutture all'ultimo grido, una città al centro del mondo. Eppure, Londra non aiuta. “È molto tranquillo qui. Però passi molto tempo a casa, l’inverno è abbastanza lungo e le giornate sono un po’ noiose. Bisogna trovare qualcosa da fare: per fortuna io ho due figli che mi impegnano”.
E un ‘gruppo nel gruppo’ che per Miguel ha sempre fatto la differenza da calciatore. “È qualcosa di naturale: tra sudamericani ci si capisce al volo. Soprattutto con Pereyra, anche finito l’allenamento ci troviamo spesso”. Rivalità Napoli-Juve morta e sepolta. “Senza dubbio. Scherziamo e giochiamo a carte anche con Deulofeu, Navarro, Masina. Io e Adam poi seguiamo sempre le partite del Bologna. Siamo una bella compagnia”.
Uruguay, Argentina, Spagna, Italia: quasi multietnica, rispetto ai tempi rossoblù. “A Bologna per un periodo siamo stati addirittura in cinque del mio paese. Io, Diego Perez, Gimenez, Montelongo e Ramirez. Bellissimo. Le parrilladas dopo l’allenamento con mogli e fidanzate, condividere le stesse abitudini. Amicizie che restano, ma anche un modo per sentirsi a casa”. O per scoprire i propri idoli. “Una volta Zalayeta mi aveva invitato a cena (la stagione era la precedente, 2008/09, ndr). E a casa sua trovai Paolo Montero. Una bandiera della nazionale, poi mancino come me. Quand’ero piccolo lo guardavo e cercavo di imparare da lui: immaginatevi l’emozione”. Scontroso come sul campo? “Niente affatto. Abbiamo parlato un po’, mi ha dato dei buoni consigli”.
Britos cercherà di farne tesoro. Anche se col senno di poi... “All’epoca ero ancora giovane, magari avrei potuto allenarmi un po’ di più: con il destro sono migliorato solo dopo i 25 anni!”. Un difetto che non gli ha impedito di giocare 139 partite in Serie A e 65 in Premier. La nazionale non è arrivata, ma va bene così. “Penso di aver fatto un’ottima carriera. Senza rimpianti”. Fuori gli highlights. “Non ho mai segnato molti gol, ma per fortuna è capitato contro tutte le grandi squadre”. Juve, Milan, Inter. “Il primo in Serie A è sempre speciale, anche se alla fine il mio Bologna aveva perso. Erano i nerazzurri di Adriano, Ibra, Cambiasso. Forti forti”.
E poi al Liverpool, per un pareggio al 93’ alla prima giornata del 2017/18. “Facile, sulla linea”, sorride. “In Inghilterra penso subito alla mia prima stagione in Premier, due anni prima. Il Watford veniva dalla Championship e abbiamo fatto un bellissimo campionato, arrivando anche in semifinale di FA Cup dopo aver eliminato l’Arsenal. Se devo scegliere una partita invece dico il 3-1 al Manchester United, con Mazzarri in panchina”. Una costante nei ricordi di Britos.
“C’era lui anche nella prima Coppa Italia vinta con il Napoli. 2-0 alla Juve, io sono entrato nel finale. Un’esperienza unica: quando siamo rientrati c’erano 20mila tifosi che bloccavano tutta la città. Tre ore per fare 500 metri col pullman. Incredibile”. Vero trasporto latino. “Qui a Londra la gente neanche ti riconosce e se ti riconosce ti lascia stare. Il che ha anche i suoi vantaggi, puoi fare un giro come qualsiasi persona. I napoletani invece sono calorosi, simili a noi nel modo di vivere gli eventi: non a caso tutti i sudamericani si trovano bene in azzurro”.
Cavani, Gargano, per qualche mese Bogliacino. Il ‘blocco uruguayo’ c’era anche lì. “Qualche volta ci sentiamo ancora, anche con Andujar e Zuniga. L’ultima volta che ero a Napoli due anni fa sono andato a trovare la squadra a Castelvolturno. Un bel momento, però i tempi sono cambiati”. Non c’è più nemmeno il capitano. “Non me l’aspettavo, sinceramente credevo che Hamsik avrebbe chiuso la carriera a Napoli. Chissà, lo scudetto sfuggito l’anno scorso potrebbe aver pesato sulla sua voglia di cambiare. Comunque ha deciso lui il suo futuro ed è giusto così, se lo merita”. Al pensiero del vecchio compagno, Britos si tira giù il cappello. “Ho giocato con tanti compagni forti, grazie a Dio. Ma a livello tecnico forse non ne ho trovato uno migliore di Hamsik”.
E l’avversario più scomodo invece? “Facile. Quando era al top, Ibrahimovic faceva quello che voleva. Mi ricordo di una partita, quand’ero al Bologna e lui al Milan…credo che avessimo perso 3-0 in casa. Ibra aveva fatto un assist, un gol, grandi giocate. Semplicemente non riuscivo a fermarlo”. Nonostante le antiche lezioni di Mihajlovic. “Spero che Sinisa riesca a salvare il Bologna: la piazza se lo merita e lui ha il caratteraccio che ci vuole. È l’allenatore che mi ha lanciato titolare, dandomi fiducia e consigli da ex del mio ruolo. Ma ho imparato qualcosa da tutti. Anche con Benitez mi son trovato bene, mentre Mazzarri mi ha fatto migliorare tantissimo tatticamente. Ha grande cura dei dettagli e lavora molto con i difensori”.
Britos apre al ritorno? Non a quello italiano. “Ormai ho deciso. A fine stagione finisco il contratto con il Watford e torno in Uruguay. Definitivamente”. Lo dice con sollievo, con il sorriso. “Vedremo se a Maldonado, la mia città, oppure in una delle squadre della capitale. Deciderò con calma, ma intanto so che è arrivato il momento. Sono undici anni che sono in Europa: mi mancano i miei amici, le grigliate in famiglia. A casa siamo molto uniti e soffro non poter vivere più questi momenti quando voglio”. Guai a chi dice che la saudade sia prerogativa brasiliana. “Penso ai miei genitori, ai compleanni che non festeggio con loro. Almeno quando giocavo in Italia c’era la pausa di Natale. Tornavo giù e mi ricaricavo. Ma qui si gioca sempre (e ormai anche in Serie A sarebbe lo stesso, ndr), non posso tornare nemmeno alle feste”.
Eppure, almeno un pezzetto di Uruguay Britos riesce a portarselo sempre con sé. “Il mio mate, sì. Ce l’ho anche qui in borsa”. Niente tea time, lo perdoni la Regina. Un debole, quello per la yerba più consumata del Rio de la Plata, che ormai ha raggiunto anche la Nazionale dei Tre Leoni. “So che al Tottenham Lamela l’ha fatto provare a Harry Kane e da lì la cosa si è diffusa fino al Mondiale. Mentre qui al Watford anche Deulofeu è un fan del mate, sin dai tempi dell’Everton con Funes Mori. Lo beviamo al mattino, dopo colazione. Come facevo con Zuniga”. È un rituale imperdibile, che unito alle proprietà energizzanti dell’infuso (che contiene caffeina) sta spopolando tra i calciatori. “Il mate ha un sapore molto forte e amaro, quindi all’inizio può non piacere tanto. Ma qualcuno ha il coraggio di provare e allora non lo molla più”.
L’altra grande passione di Miguel invece è un po’ più difficile da coltivare. “Adoro andare a pescare. Qui in Inghilterra l'ho fatto qualche volta nei laghetti. Ma il clima non aiuta: parto da casa che è bel tempo e dopo mezz’ora comincia a piovere. E poi in Uruguay c’è il mio mare”.
‘Ay, celeste regaláme un sol...’