Dal legame con l'Italia all'eredità del padre: chi è Marcus Thuram

Un francese nato in Italia che vive in Germania. È Marcus Thuram, il figlio di Lilian (ex giocatore di Parma e Juventus), l'ultima idea dell’Inter per il suo reparto offensivo (QUI i dettagli). È un giocatore tecnico, veloce e fisico: 192cm di esplosività e rapidità. Sa anche l’italiano: Marcus è nato a Parma quando papà Lilian giocava nel club gialloblù (correva l'anno 1997). Ora di anni ne ha 24, fa l’attaccante e nel suo futuro potrebbe esserci la Serie A. Di padre in figlio. 

 

 

Chi è Marcus Thuram

È un attaccante polivalente che può spaziare in ogni angolo dell’attacco: il suo ruolo naturale è quello di ala sinistra, ma sa giocare anche in mezzo, sia da solo (come spesso capita adesso al Borussia) che in un attacco a due come faceva ai tempi del Guingamp. 

Un po’ di dati e numeri: è cresciuto nel Sochaux e lì ha effettuato l’esordio con i grandi. I primi due anni si è rivelato un attaccante insidioso per le percussioni ma non ancora cinico sotto porta. E la mentalità non era ancora quella giusta: "Mi allenavo sempre, ma non facevo molto altro. Vedevo i compagni rimanere in palestra e lavorare ancora, mentre io non ne sentivo il bisogno. Ma nonostante questo, in campo facevo bene". Poi il passaggio al Guingamp e il primo salto di qualità: in Bretagna gioca con più esperienza e inizia a trovare più spesso la via del gol. Ne farà 17 in due stagioni.

A 22 anni viene corteggiato dai migliori club in Francia ma decide di sposare il progetto del Borussia Monchengladbach: "Mi hanno contattato per primi e avevo scelto subito di andare là". Al Borussia diventa presto una stellina: in due stagioni è arrivato a 25 gol in 80 presenze. Tanto che Didier Deschamps lo ha premiato con una convocazione con la nazionale francese per Euro 2020 (una sola presenza per lui).

 

 

 

Il carattere e il 'peso' del cognome

È un bravo ragazzo ma qualche volta si fa scappare qualche reazione di troppo. Nello scorso inverno Marcus Thuram si è reso protagonista di un gesto brutto: uno sputo a Stefan Posch dell’Hoffenheim. Se n'è pentito subito: "Chiedo scusa a tutti. Non fa parte del mio carattere. Accetterò ogni conseguenza". Che sarà una squalifica di sei giornate e una multa di quarantamila euro. Anche papà Lilian è rimasto sorpreso: "All’inizio mi sono detto 'Ma è stato proprio mio figlio?'". Già, il padre Lilian. Una figura importante per la sua crescita educativa ma anche pesante calcisticamente parlando per l'eredità del cognome che porta: "Sapere di essere il 'figlio di' mi ha dato stimoli ulteriori. Non volevo essere ritenuto un raccomandato. Mi dava fastidio sentir dire 'Gioca perché è il figlio di Lilian'. Allora dentro di me pensavo 'E i gol? Me li fanno fare perché sono il figlio di Lilian?'".

E se il cognome sotto sotto un po' pesa, la scelta del nome ha una ragione ben precisa: i suoi genitori lo hanno chiamato Marcus come Marcus Garvey, scrittore e attivista giamaicano vissuto a cavallo tra il 19° e il 20° secolo, che si è reso noto per la sua lotta per i pari diritti degli afroamericani negli Stati Uniti. E in linea con il suo nome, e con la tradizione familiare, da sempre presente contro le discriminazioni, anche Marcus è da sempre attivo nella lotta contro il razzismo.

 

 

 

Nel calcio il destino di Marcus con l’Italia si è incrociato due volte: la prima volta nella finale dell’Europeo U19 contro gli Azzurrini. Thuram gioca con Mbappé e nell’Italia in campo ci sono Barella, Locatelli, Meret e Dimarco. La partita finisce 4-0 per la Francia.

La seconda volta proprio contro l’Inter in Champions League. La partita finisce 2-2, Thuram fa un assist ma la scena più simpatica avviene prima della partita. Marcus entra a San Siro ma non viene riconosciuto da uno steward che all’inizio non lo vuole far passare. Allora Thuram prende il cellulare, digita il suo nome su google e cerca una sua foto per mostrarla allo steward: "Guarda, sono questo qui. Sono un giocatore del Borussia". Accesso consentito. Se dovesse essere acquistato dall’Inter, per le presentazioni con gli addetti ai lavori sarebbe già un pezzo avanti.

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