Una “famiglia” in finale di Europa League: l’ascesa del Villarreal spiegata da Senna

Almeno fino ad oggi, se chiedessimo ad un tifoso quale sia il momento più iconico del Villarreal, avrebbe pochi dubbi: 25 aprile 2006. È la data della semifinale di ritorno di Champions contro l’Arsenal, nella quale il sottomarino giallo è a un rigore di distanza dal portare la partita ai supplementari e alimentare il sogno proibito della prima finale europea della sua storia. Dal dischetto, però, Riquelme consegna il pallone a Lehman. È il 90º: il sogno dovrà essere rimandato.

 

 

Marcos Senna, spettatore dal limite dell’area con le mani poggiate sulla maglia numero 19, è impassibile durante tutta la sequenza. Paralizzato dalla delusione, non muove un muscolo neanche per una possibile ribattuta. Tutti mi chiedono se ci siamo sentiti frustrati quando Román sbagliò quel rigore. Certo che sì. Però eravamo anche coscienti che quello che abbiamo fatto per una città di 50.000 abitanti era eccezionale!”, racconta a Gianlucadimarzio.com, scoperchiando subito un tema fondamentale quando si parla di questo club: per quanto ormai possiamo averci fatto l’abitudine a vederla nell’élite, il fatto che la squadra della minuscola Vila-Real continui a lottare faccia a faccia con i giganti del calcio è un fenomeno che non possiamo normalizzare.

 

Dovremo tenerlo a mente soprattutto questa sera, quando Vila-real, contro il Manchester United in Europa League, diventerà la terza città meno popolosa a giocarsi una finale europea. Finalmente, viene da dire, dopo quattro semifinali perse (2004, 2006, 2011, 2017) e a 15 anni di distanza dall’errore di Riquelme. “Il calcio ce lo doveva, è la nostra festa”, ripete due volte Senna, motore del centrocampo del sottomarino giallo e capitano per 11 anni, oltre che attuale Direttore delle Relazioni Istituzionali del club.

 

 

Nonostante abbia vinto l’Europeo del 2008 con la Spagna, Senna nasce in Brasile ed è lì che lo pesca il Villarreal, nel 2002. “Venne il mio agente e mi disse che c’era una squadra spagnola che mi voleva. Finché fosse stata una squadra di Primera, io ero interessato, ma poi mi svelò che era il Villarreal. Lì pensai: ‘Uff, Villarreal… Ma dove si trova?’. Non avevo idea!”, ricorda fra le risate. Fu proprio il Villarreal una delle prime squadre spagnole a mettere le radici in sudamerica per fare mercato, e furono proprio quei colpi “esotici" (lui, Riquelme, Forlán, Palermo…) che accesero la scintilla nel grande gruppo delle prime due semifinali, quella in Europa League contro il Valencia del 2004 e quella dello sciagurato 2006.

 

Senna, giustamente, sente che quel gruppo fu il “padre calcistico” di quello attuale. “L’anno della Champions cambiò la mentalità del club, dei tifosi. Ora sappiamo che certe cose sono alla nostra portata. Sappiamo che è complicato competere con le grandi, ma che non è nemmeno impossibile”. Ma la squadra di oggi, non è da meno: “Questa rosa è più equilibrata fra i reparti e conta su un budget molto più alto, anche se noi avevamo individualità impressionanti. Diciamo che se giocassimo contro pareggeremmo, su”. Sorride, compiaciuto della diplomazia con cui ha evitato di prendere una posizione ufficiale.

 

L’uomo che ha portato Vila-real in cielo

 

“La chiave del successo del Villarreal, senza dubbio, è il proprietario: Fernando Roig”. Non sbaglia Marcos Senna, perché mentre il 2006 è l’anno più iconico, è il 1998 quello in cui il Villarreal si prepara a diventare il club che tutta Europa, oggi, ammira. È l’anno in cui questo imprenditore, diviso fra il settore della ceramica e quello alimentare, decide di investire sul club. Lui quando è arrivato ha detto che voleva portarlo dalla Segunda in Liga e poi in Europa. Ma proprio così, eh! È un imprenditore che dove mette le mani trasforma tutto in oro. E il Villarreal non è un’eccezione”.

 

 

Sarebbe un errore ridurre il successo di Roig ai soli investimenti. La base dell’ascesa del Villarreal, infatti, sta in tre fondamenti non negoziabili che ha impiantato il presidente dal suo arrivo: in primo luogo, che il progetto sia economicamente sostenibile; in secondo luogo, che la squadra pratichi sempre un gioco bello e riconoscibile; e ultimo, ma non per importanza, che le giovanili siano una costante dispensa di talento per la prima squadra.

 

"Il club ha scommesso sempre sulla cantera. Sempre”, commenta Senna. “È un motto del presidente, una cosa a cui non rinuncerà mai. La cantera dà la vita al club, e il club vuole darle sempre più importanza. Questa è uno dei segreti del nostro successo”.

 

E i risultati sono tangibili. Quest’anno, 12 dei 27 giocatori della prima squadra sono cresciuti nelle giovanili e, chi più chi meno, hanno giocato tutti in questa stagione. Sei di loro erano addirittura titolari nella semifinale di ritorno di quest’anno con l’Arsenal, formata fra l’altro per 8/11 da giocatori spagnoli. Qualcosa di straordinario, soprattutto considerando che anche solo nella Comunità Valenciana, di cui Vila-Real fa parte, bisogna battere la concorrenza di realtà importanti come Valencia e Levante sin dal reclutamento dei giovani calciatori.

 

I numeri del Villarreal da quando Roig ha preso il timone sono imperiali: 23 stagioni, di cui 20 in Liga, una finale e quattro semifinali europee, una semifinale di Copa del Rey e un secondo posto in campionato (2007), a cui aggiungere la costruzione di due centri sportivi e di uno stadio. “Quando è arrivato, c’era una tribuna da duemila spettatori”, ricorda Senna. Ora, il moderno Estadio de la Ceramica può contenere metà della popolazione di Vila-real.

 

Le stelle made in Vila-real

 

 

L’uomo copertina del Villarreal che oggi si giocherà un sogno contro il Manchester United è Gerard Moreno; una punta raffinata, di talento e intelligenza tattica ben superiori alla media. Ai suoi 29 anni, la sua è l’ennesima storia di un grande attaccante sbocciato tardi. Lo sa bene Senna, con cui si allenava ai tempi in cui fluttuava fra il Villarreal B e la prima squadra: “Nessuno si sarebbe potuto immaginare che sarebbe arrivato a questo livello. Se devo essere sincero… lo guardavi e dicevi: ‘sì, è un bravo ragazzo…’ . Poi può succedere di tutto, però da giovane non era il tipo che ti impressionasse per la sua qualità”.

 

“Ricordo anche che negli allenamenti a volte lo sgridavo perché non metteva la gamba. Davvero, nessuno si sarebbe aspettato che arrivasse al livello in cui è oggi. Ma anche solo tre stagioni fa, Gerard era irriconoscibile. Male, malissimo, malissimo. Fece una stagione terribile quando arrivò. Già l’anno scorso, invece, fu il miglior marcatore spagnolo; quest’anno è stato fantastico. Sta sapendo sfruttare il momento”.

 

In questa stagione, il ragazzino su cui nessuno avrebbe scommesso è stato il primo degli umani in Spagna, avendo finito l’anno soltanto dietro a Messi nella classifica dei goleador della Liga. Ha segnato 29 reti in tutte le competizioni e, oggi, avrà il duro compito di esercitare la solita leadership tecnica e mentale nel palcoscenico di maggiore pressione.

 

Un altro grande volto di questa squadra è Pau Torres, che pianse dagli spalti del Madrigal quando 15 anni fa Riquelme sbagliò quel rigore e ha pianto ancora quest’anno, quando da protagonista si è vendicato dell’Arsenal. Sempre in semifinale, ma questa volta in Europa League. Sempre lacrime, “ma questa volta di emozione”, ha aggiunto il giovane difensore centrale che giocherà l’Europeo con la Spagna e che in patria trattano come uno dei gioielli più ambiti del prossimo mercato.

 

 

Albiol per lui è stato fondamentale, ha fatto imparare tantissimo a Pau. È stata una coppia perfetta. Se lui non ci fosse stato, Pau non sarebbe arrivato al livello in cui è oggi. Il calcio è questo, è fatto di momenti e chi è capace di sfruttare i momenti arriva lontano. Pau l’ha fatto, di Gerard non ne parliamo”, spiega Senna.

 

La differenza di Mr. Europa League

 

Manca solo un nome proprio nella grande stagione ed è quello di Mr. Europa League, Unai Emery, che oggi ha l’occasione di stabilire il record di titoli vinti nella competizione da un solo allenatore. Come fece Pellegrini per il gruppo del 2006, il suo arrivo è stato fondamentale per far fare un passo in avanti nella mentalità alla squadra.

 

 

“Emery è un’altra persona che abbiamo azzeccato in pieno. È capace di mantenere il gruppo concentrato su tutti i livelli, da quello mentale a quello fisico. È riuscito a mantenere la tensione alta fino ad ora e arriviamo alla finale caldi, carichi. E siamo imbattuti! Siamo arrivati in finale imbattuti! Le emozioni si mescolano in questo momento, ma la mentalità dei giocatori è di andare, competere e vincere la finale”, analizza Senna.

 

Un derby… di mercato

 

Quello che non tutti sanno è che la finale con lo United sarà un quasi-derby per Marcos Senna, che ci racconta di essere stato “molto, molto vicino” nel 2006 ai prossimi avversari del Villarreal. “Ferguson mi disse che volevano prendermi. Con il club era tutto fatto: cifre, durata del contratto. Tutto. Io e mia moglie avevamo le idee chiare: saremmo andati. Poi però arrivò una nuova norma che obbligava il club a comprare un giocatore inglese prima di uno di un’altra nazionalità. Mi chiesero una settimana, io dissi di sì”.

 

"Nel mentre, nel Villarreal c’era Pellegrini che mi metteva pressione per capire se me ne sarei andato, perché in quel caso avrebbe avuto bisogno di un altro mediano. Dopo una settimana, mi chiesero un’altra settimana. Alla fine comprarono Michael Carrick, ma volevano prendere anche me. A quel punto però stavo già parlando con il club. Il Villarreal si comportò molto bene con me, ci accordammo per un aumento di contratto. In fin dai conti, mi andò benissimo: avevamo uno squadrone, mi convocò Aragonés per il mondiale 2006… e il resto è storia”.

 

 

La storia. La storia dice che Senna rimase per 11 anni, ritardando di una stagione i saluti perché, nel 2012, gli avrebbe “lasciato l’amaro in bocca” andare via avendo appena incassato una retrocessione. Rimase, fece tornare il Villarreal in Liga e andò a chiudere la carriera al Cosmos. Oggi, il premio per la sua fedeltà è che facendo due passi per l’Estadio de la Ceramica può imbattersi nella porta a lui dedicata, la numero 19. “Non mi pento di nessuna scelta, te lo assicuro. Il Villarreal è più di un club: è una famiglia”. Una famiglia in finale di Europa League.

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