Motta, dalla Champions a Cipro: “La Roma e Ranieri, che emozioni"
L’ultima risposta è la più intrigante: “Se non avessi fatto il calciatore sarei diventato un avvocato”. Curiosità in chiusura: “Amo il diritto, mi è sempre piaciuto, a 19 anni mi ero iscritto a giurisprudenza, ma ho dovuto lasciare”. Come mai? “Allenamenti, ritiri, partite ogni tre giorni. Impossibile conciliare le due cose”.È il 2005, Marco Motta gioca in Champions League con l’Udinese e capisce che il calcio può diventare il suo futuro. 30 e lode in coperture, un master in diagonali, specializzato in Under 21. 36 gare, un gol e un terzo posto all’Europeo nel 2009 da capitano: “L’ho fatto per tutte le selezioni giovanili, dall’U16 all’U21”.
Nel 2010 debutta anche in Nazionale maggiore, contro la Costa d’Avorio in amichevole, grazie alla chiamata di Prandelli: “Emozione e sfortuna, presi un palo su assist di Cassano!”.
Marco sorride, non ha rimpianti e si gode la vita. Ha visto il Colosseo e la Mole Antonelliana, le spiagge andaluse e Boccadasse, Piazza Maggiore. Roma, Torino, Genoa, Bologna, sei mesi a Catania: “Eravamo una grande squadra. Barrientos, Gomez, Bergessio, il mio amico Montella come allenatore”.
Infine Ranieri, tornato a Roma dopo dieci anni: "Con lui sono cresciuto".
LA NUOVA VITA DI MARCO MOTTA
Oggi Motta gioca a Cipro, in estate ha firmato un triennale con l’Omonia Nicosia dopo 4 anni tra Watford e Almeria: “Ho 32 anni, voglio giocare, ho sposato un progetto. Mi hanno voluto”.
Si è portato moglie e figlie, spesso passeggiano in città e vedono un muro. Cipro Nord e Cipro Sud, la Turchia di mezzo, asce di guerra mai sotterrate: “E’ una situazione surreale - racconta su Gianlucadimarzio.com - Io vivo in centro, Nicosia è una bella città, ci sono diverse etnie. Ma mentre passeggi, da un momento all’altro, ci sono dei controlli tra le vie. E ti ritrovi a passare dalla parte turca della città. Sono cose che ti arricchiscono, vedi il mondo da un'altra prospettiva”.
ROMA PER SEMPRE
Roma caput mundi: “Gli anni migliori di sempre, la porterò sempre nel mio cuore”. Prima un anno con Spalletti: “Siamo legati, mi ha voluto lui. Mi fermavo spesso dopo gli allenamenti per migliorare un po’, è un insegnante di calcio. Giocai anche gli ottavi di Champions contro l’Arsenal”.
Poi Ranieri, altro sorriso: “E’ un uomo di calcio, molto intelligente. Ricordo il suo famoso ‘dilliding dillidong’, lo faceva spesso in allenamento, quando voleva svegliarci. Aveva personalità e coraggio, tolse Totti e De Rossi in un derby all’intervallo, sotto 1-0. Vincemmo 2-1, in quanti l’avrebbero fatto?”.
L'intervista continua nella pagina seguente
ATALANTA-ROMA, ANDATA E RITORNO
Cartoline mai sbiadite: “A Roma sono stato a casa, ho giocato con grandissimi campioni. Vucinic, De Rossi, Juan, Mexes, Totti”. Impossibile non parlarne: “A Trigoria eravamo sempre al tavolo insieme, lo stimo, è una persona straordinaria e molto umile. Sono stato bene”. Ma quando gli chiediamo di quel Roma-Samp del 2010 diventa serio: “Una partita maledetta, quella sconfitta per 2-1 ci privò di un sogno. Nell’ultima gara contro il Chievo siamo stati Campioni d’Italia per un tempo, poi Milito si scatenò a Siena”.
Scudetto all’Inter, Ranieri sfiora l’impresa: “A gennaio potevo andare al Manchester City, mi voleva Mancini, ma il mister si oppose”. Sliding doors, ancora Roma: “C’è un aneddoto importante legato alla mia carriera”. Quale? “Ho esordito in A nel 2004, in un Roma-Atalanta all’Olimpico. Sentivo l’inno della Roma, lo stadio era pieno, fu una sensazione stupenda. Il bello è che la centesima presenza in Serie A l’ho fatta proprio con la maglia giallorossa, e contro l’Atalanta”.
"MI MANCA L'ITALIA"
Per sei anni ha avuto in gestione un negozio di sneakers: “Colleziono scarpe, è una passione, poi l’ho venduto. Ora sta andando bene e sono contento, è stata un’altra esperienza di vita”. Come la Juventus, luci e ombre: “Arrivai nel 2010 grazie a Delneri, dopo la Roma. Non fu esaltante, arrivammo settimi. L’anno successivo volevo giocare e andai via”.
Sei mesi a Catania, poi Bologna e Genoa, sfiorando Antonio Conte: “E’ un grande motivatore, lo rispetto, con lui ho giocato poco ma è un vincente. E’ un fenomeno nel preparare le partite, succede sempre ciò che dice lui. Nonostante tutto mi ha fatto crescere”.
E confrontare con grandi campioni: “Del Piero, Vidal, Tevez, Pogba, il mio amico Marchisio. Con lui ho condiviso tutto”. Quattro anni all’estero poi: “Sono cresciuto in ogni aspetto, ho visto paesi diversi, ora parlo tre lingue”. Inglese, spagnolo, ovviamente italiano: “L’Italia mi manca molto”.
Se fosse per lui chiuderebbe la carriera a Bergamo: “Sarebbe un sogno, l’Atalanta è casa mia”. Dove un 18enne studiava diritto, prima che arrivasse la Champions.