Marco Marchionni, 37 anni col sorriso. Da mamma Luigina alla Juve, dalla Nazionale a Carrara. “Il pallone è la mia felicità”

Un antico proverbio giapponese dice che “un sorriso è come uno spazzolino. Devi usarlo spesso per tenere i denti puliti”. Seguendo questo ragionamento, Marco Marchionni potrebbe essere il testimonial di una marca di dentifrici. Ha 37 anni, una carriera importante alle spalle e un presente in serie C nella Carrarese. Da inizio anno ha giocato solo 104 minuti. Gli stiramenti lo hanno costretto a guardare, ma non lo hanno incupito. “Il pallone mi mette ancora il sorriso”, racconta al microfono di gianlucadimarzio.com. “Quest’anno ho avuto più problemi del solito, ma ora sto recuperando. Finora ho cercato di essere un punto di riferimento nel gruppo, d’ora in poi spero di dare una mano anche in campo”.

La città lo aspetta, il suo allenatore più di ogni altro. Non uno qualunque: Silvio Baldini. “Mi ha preso a Empoli che ero quasi un bambino. Dalla Primavera alla prima squadra, senza farmi più uscire. Eravamo una famiglia, con tanti giocatori importanti. Il mister è sempre lo stesso: passione straordinaria, rispetto del gruppo. Il primo ad arrivare, l’ultimo ad andare via. Gli devo tantissimo”. Con lui a Empoli, all’alba del nuovo secolo, Marco ha vissuto due stagioni importanti in serie B. Da ragazzino a uomo. La serie A, che aveva assaggiato in un giorno di gennaio del ’99 all’Olimpico “a due passi da casa mia, mi emoziona ripensarci”, bussa alla sua porta.

È il Parma, la prima squadra a credere in lui. “Per me è casa mia. Ho vissuto anni speciali, con le difficoltà finanziarie del caso Parmalat. Ho ricevuto un affetto incredibile e ho cercato di ripagarlo”. Lo ha fatto, a più riprese: 201 presenze, 21 gol, 8 assist. Il momento migliore con Cesare Prandelli in panchina. “Giocavamo a memoria. Due volte di fila quinti in serie A, una macchina perfetta. Il segreto? Poche parole, concetti chiari. Sembrava tutto facile”.

E tutto possibile, anche per Marco, che sfiora la convocazione all’Europeo del 2004. Quello del biscotto. “Ho avuto la fortuna di giocare in azzurro e la sfortuna di non riuscire a giocare nessuna manifestazione importante. Adesso lo rimpiango un po’, ma ho vissuto accanto a giocatori straordinari. Ero riserva a casa nel 2006, ma non ho mai gufato, ci mancherebbe. Quel gruppo aveva un’alchimia speciale. Era come un club. Un maestro come Lippi e uomini unici, come Buffon o Del Piero”.

LA JUVENTUS: DALLA B AL BERNABEU

Colleghi e compagni. Non solo in nazionale. Perché il 2006 per Marchionni è anche l’anno del passaggio alla Juventus. Non una stagione come le altre. “Firmai a gennaio per la squadra più forte d’Europa e mi ritrovai sei mesi dopo in serie B. Ma non ho mai pensato di fare un passo indietro. Avevo dato la parola e la Juventus aveva sempre un fascino eccezionale”.

Nessun voltafaccia. Questione di rispetto e di educazione, valori che ha imparato da mamma Luigina, la donna che l’ha cresciuto a Cretone, frazione di mille abitanti in provincia di Roma. “È testarda come me. Ha una macelleria che non mollerebbe per niente al mondo. Un po’ come faccio io col pallone…”. Una madre costretta dalla morte del marito nell’89 a crescere quattro figli. Marco è il più piccolo di questi e ha assorbito il suo esempio: rialzarsi sempre. Figurarsi se poteva spaventarlo un anno in B con la maglia bianconera. “Partimmo da meno 17 e vincemmo facilmente. Oltre 100 punti sul campo e ovunque il rispetto per la storia che portavi sulle spalle”.

Primi passi di una risalita, primi sussulti di gloria. Come quella notte al Bernabeu: doppietta di Del Piero e tanti saluti al Real. “Fu speciale. Li avevamo già battuti la settimana precedente. Pensavano di vendicarsi ma Alex si mise in mezzo. Un ricordo indelebile”.








FIRENZE, PRANDELLI: FRA IL VIOLA E L’AZZURRO

Tre anni di Juve, poi il trasferimento. Ai rivali di sempre, a Firenze. Di nuovo con Prandelli, di nuovo in Champions. “Stagione strepitosa, rovinata da quell’eliminazione con il Bayern Monaco. Avremmo meritato di passare. Robben alla vigilia disse che avrebbero vinto 7-0. Passarono per un gol di Klose in fuorigioco chilometrico. Peccato”.

Alla fine di quella stagione Prandelli passa dal viola all’azzurro. “Un po’ ci speravo in una convocazione. Ma la concorrenza era tanta e l’Europeo del 2012 è lì a dimostrarlo”.

Marchionni chiude la sua esperienza in Nazionale a novembre del 2009 contro la Svezia: 1-0 a Cesena, gol di Chiellini. Solo a dirlo, viene un po’ di tristezza. “Eh sì, ci siamo rimasti tutti male. Giorgio lo sento spesso. È uno dei calciatori a cui sono più legato”. Ma anche questa situazione, Marchionni prova a vederla in positivo. “Può essere un’occasione per ripartire. Insisto molto coi miei compagni più giovani sull’opportunità che hanno. Oggi se fai benissimo per qualche mese, puoi arrivare in nazionale. Una volta dovevi faticare il triplo per avere una possibilità”.

IL PRESENTE: CARRARA

A Carrara Marchionni trova terreno fertile per i suoi consigli. È arrivato lì dopo alcuni anni in chiaroscuro. Da Firenze al ritorno a Parma, dalla Sampdoria a Latina, la sua esperienza peggiore. Due anni senza giocare, nessun rapporto con Vivarini. “Non so perché, non ho mai avuto spiegazioni. Non sono uno che resta a rimuginare sulle cose, è andata così. Guardiamo avanti”.

Davanti a lui c’è la Carrarese, un playoff da conquistare e un altro “vecchietto” da assistere in attacco. Uno che dall’inizio dell’anno ha già fatto 12 gol: Francesco Tavano. “Che gli devi dire a Ciccio, segna sempre… Pazzesco, uno degli attaccanti più forti con cui ho giocato”. Forse non il migliore, perché sul gradino più alto del podio, Marchionni mette Totò. Ovvero, Antonio di Natale. “Quello che avete visto di lui in partita non è niente rispetto a quello che gli ho visto fare in allenamento. Mostruoso”.

Di Natale ha smesso quest’anno, Marchionni non ci pensa neanche. “Finché posso, continuo. Dopo mi piacerebbe fare l’allenatore. Il campo per me è sacro, gli ho dedicato tutta la vita e mi piacerebbe farlo per tanto tempo ancora”. Per ora, ancora con i tacchetti sotto alle scarpe. “Se il mister ha bisogno di me, sa che gli basta uno sguardo e io corro. Voglio dare una mano a questi ragazzi e alla gente di Carrara che sta apprezzando lo spirito di questo gruppo. Baldini ha cementato l’ambiente, passiamo tanto tempo insieme e si vede. Forse sono cose di altri tempi, ma spesso fanno la differenza”.

A 37 anni, Marco vive il presente con divertimento e pazienza. Come quando va a pescare con gli amici di sempre, sulle rive dei laghi laziali. “O Bolsena o Bracciano. Sono rimasto quello che ero, forse è la cosa di cui vado più fiero”.

Mamma Luigina sicuramente lo è. Di lui, del suo percorso, del suo sorriso.



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