"Las locuras del Loco", gli aneddoti del Bielsa argentino

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Eccentrico, visionario, sopra le righe. Loco, stavolta più che mai. Marcelo Bielsa e la sua impresa, il Leeds in Premier League dopo 16 anni, al secondo tentativo dopo la beffa playoff dello scorso anno. Delusione a cui ha saputo sopravvivere, un’altra volta, così come capitò ai tempi del Marsiglia dopo aver fallito l’impresa di vincere la Ligue 1 davanti al Psg: “Ragazzi, è difficile accettare l’ingiustizia. Avete dato la vita in campo e vi sembra impossibile non aver ottenuto ciò che meritavate. Ma non abbiate rimpianti: se giocherete così, vi assicuro che avrete quello che meritate” disse loro.

E ad anni di distanza il risultato meritato l’ha ottenuto lui: storico, attesissimo, al punto che già per le strade della città è stata istituita la "Marcelo Bielsa Way", la via in suo onore. In carriera è diventato famoso non solo per i suoi schemi e per il suo calcio propositivo, ma anche per tutti i comportamenti che lo hanno fatto essere un Loco a tutti gli effetti. Le stranezze in Europa le abbiamo conosciute tutti, dal famoso termos su cui si è seduto fino al suo caddy per girare dentor il campo di allenamento, ma la sua carriera ha centinaia di aneddoti da raccontare anche del suo primo periodo argentino.

L’ingaggio di Pochettino

Bilesa, figlio eletto della Rosario calcistica, tanto che al Newell’s, prima squadra dove ha allenato e vinto, gli hanno persino intitolato lo stadio. Quando cominciò nella sua carriera da allenatore gli chiesero di ingaggiare calciatori promettenti e così divise la zona in 70 sezioni e girò in macchina chiedendo in tutti i paesini circostanti quale fosse il ragazzino più bravo. Un giorno alle 3 di notte ingaggiò un tredicenne Mauricio Pochettino, con cui avrebbe vinto il campionato cinque anni più tardi.

I rinvii sbagliati di proposito

Al Newell’s sorprese una partita in cui il portiere Norberto Scoponi mandava tutti i rinvii in fallo laterale all’altezza della metà campo, provocando la rabbia del pubblico. Bielsa in realtà glielo aveva chiesto di proposito, perché secondo lui dalle rimesse laterali avversarie si recupeava più facilmente il pallone.

Sono Bielsa, non sparatemi!

Nel periodo in cui ha allenato l’Argentina, ne sono successe davvero di tutte. Nel 2001, anno di massima tensione sociale in Argentina per via della crisi economica, Bielsa durante un ritiro della nazionale decise di andare a correre alle 2 di notte. Aveva un walkman in cui ascoltava i suoi discorsi per memorizzare le tantissime tattiche da spiegare ai calciatori. La sicurezza dell’albergo vide un uomo con un cappello correre e pensando fosse un ladro gli puntò la pistola in testa: Bielsa si accorse della situazione e disse la celebre frase “Sono Bielsa, non sparatemi!”.

Il duello rusticano

Sempre nel periodo di direzione della nazionale, per motivare la squadra in vista di una partita chiave con la Colombia presentò la partita come un vero duello di strada. “Nelle risse di strada ci sono due tipi di persone: quelli che vedono il sangue e si spaventano e quelli che vedono il sangue e danno tutto fino a uccidere l’altro. Bene, io vengo da fuori e sento odore di sangue”. Spietato.

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Il giorno in cui divenne Loco

La locura è il tratto distintivo di Marcelo Bielsa. Lui stesso ha raccontato del periodo in cui stava diventando pazzo per davvero: dopo aver lasciato la nazionale argentina, si ritirò in un convento senza telefono né televisione, dove leggeva solamente libri di calcio. Dopo tre mesi cominciò a parlare e rispondersi da solo e capì che era il momento di andarsene.

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