Da Ronaldo a Haaland, i segreti dei campioni al Marbella Football Center
L'azzurro del cielo e il verde dei campi, curati al millimetro: il Marbella Football Center sembra uscito da un quadro. Un piccolo paradiso del calcio, dove si allenano i migliori al mondo, da Haaland a Cristiano Ronaldo. E dove il Liverpool, ad esempio, ha preparato le sue ultime finali di Champions. Andres Roldan, proprietario e deus ex machina di questo progetto, ci apre le porte del suo Eden con una passione travolgente. Sorridente, orgoglioso. Ha gli occhi che brillano mentre ci racconta ogni dettaglio del suo viaggio: due ore di conversazione che volano a meraviglia.
I segreti del Marbella Football Center
Quando ci dà il benvenuto, dagli spogliatoi sfilano verso il pullman i giocatori dell'Al Nassr: "Staranno qui ad allenarsi per la Supercoppa d'Arabia". Volti noti della Serie A, da Telles a Fofana. E Cristiano? "Arriverà più tardi". Un saluto e entriamo, Andres ci fa strada da buon padrone: scendiamo nella spa, nella sala crioterapia, e poi in palestra. Colpisce la sua attenzione al dettaglio: "Ho chiamato tecnici dall'estero per costruire una palestra con le pareti in vetro ma senza colonne in mezzo, in Spagna era un inedito". Perché? "Semplice, perché per lavorare in armonia serve un grande open space. Ogni macchina è fatta a mano e realizzata per essere funzionale al calciatore. Qui tutto deve essere perfetto: vogliamo che i club trovino strutture di livello pari o superiore che nei loro centri di allenamento".
Saliamo negli uffici: in fondo al corridoio si apre una sala riunioni: "Cesc Fabregas, che ha portato qui il Como poche settimane fa, la amava. Non solo per le riunioni tecniche, ma anche per convocare i singoli giocatori e curare la tattica individuale. Sono convinto che diventerà un grande allenatore: ho visto migliaia di allenamenti nella mia vita, ma raramente di questa qualità". Poi Andres ci accompagna nel suo ufficio: maglie da calcio ovunque. Sul tavolo, sulle sedie, sulle pareti. Colpisce che due delle nove appese ai muri siano di Haaland: "Erling è un amico, viene spesso qui ad allenarsi. La maglia del City che mi ha dato è speciale, è la prima in assoluto: non era ancora stato presentato e non c'erano sue magliette disponibili".
La porta si chiude, scendiamo di un piano e siamo nella 'bodega', una taverna all'inglese che, oltre che un bar, è un piccolo museo del calcio: "Ho voluto raccontare sulle pareti la storia di questo sport. Si parte dallo Tsu Chuk, un gioco cinese di due millenni fa, e si arriva a oggi, tra le maglie e i palloni di ogni Mondiale". Su una parete c'è una grande stampa: "Sono le prime regole del foot-ball, scritte nel 1863 in Inghilterra".
Al fresco della bodega, Andres ci offre un caffè. Italiano, Lavazza. "Un giorno ero qui con Fabio Capello, che è un amico, e avevamo solo caffè spagnolo. Lui però lo voleva italiano, così da quel giorno lo abbiamo ordinato e non abbiamo più smesso". Tra un sorso e l'altro Roldan racconta la sua vita. Parla con un accento più tedesco che spagnolo, il motivo è presto detto: "Ho vissuto i primi ventisette anni della mia vita a Gelsenkirchen, ma i miei genitori sono di Siviglia. Mi sono laureato come ingegnere e ho scelto di trasferirmi qui: ho lavorato come speaker in una radio e poi nel mercato immobiliare. Nel 2010 ho iniziato a acquisire quote del Marbella Football Center e nel 2013 è diventato tutto della mia società, la Football Impact".
Il progetto, negli anni, è cresciuto sempre di più: "Oggi abbiamo nove centri sportivi: sei in Andalusia, due nella zona di Valencia e uno in Algarve, Portogallo. Stiamo lavorando per espanderci a Malta, in Bahrain e in Sudamerica. Abbiamo anche comprato un club, la Real Balompedica Linense, che ha una storia centenaria e quattromila abbonati in quarta divisione. Lo stadio è a cinquecento metri da Gibilterra e la gente va matta per il calcio: tra poche ore ci giocheranno Granada e Al Nassr e ci aspettiamo un sold out da ottomila spettatori".
Usciamo dalla bodega e chiudiamo la visita su uno degli otto campi del centro: "Qui è dove l'Al Nassr si è allenato stamattina. Sempre qui il Liverpool stava preparando la finale di Champions del Wanda Metropolitano, contro il Tottenham. Questo campo è nascosto, si può vedere solo da una casa sopra la collina. Accendiamo la televisione con il team manager e... stanno trasmettendo sul nostro campo, con una telecamera proprio in quella casa. Sono corso su e ho implorato il proprietario di cacciare tutti".
L'attenzione ai campi di Andres e del suo staff è tale che Luis De La Fuente, c.t. della nazionale spagnola, li ha voluti in Germania, all'Europeo, per curare il terreno del centro di allenamento del ritiro. "Luis è una persona fantastica, di grande spessore morale. Con la Spagna ha creato un'armonia forte: dalle facce dei giocatori traspariva, dal primo giorno, che sarebbero diventati campioni". Il segreto di una vittoria, in effetti, può passare anche dal prato. "Spagna-Francia, semifinale. Luis mi chiama preoccupato prima della partita: 'L'erba è alta, ma dicono che la taglieranno a 22 millimetri. È una buona cosa per noi?'. 'È perfetta - gli rispondo, esattamente la stessa del campo di allenamento'. Non dico che la Spagna abbia vinto per quello, ma mi piace pensare che questi dettagli, ad alto livello, possano aiutare". Sorride, Andres. Il sorriso di chi sa di aver fatto qualcosa di grande e si diverte a raccontarlo, rendendoci parte, parola dopo parola, di un viaggio bellissimo.