United, Bayern, 1999. “Chi ha perso ballava, chi ha vinto piangeva”

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Era stata una buona finale.

Dalla tribuna d’onore del Camp Nou, il numero uno della UEFA Lennart Johansson si guarda attorno soddisfatto. Oltre 90mila tifosi, qualche fumogeno dal settore tedesco ormai in festa ma nessun incidente. In campo la squadra di Hitzfeld aveva meritato di rovesciare il pronostico della vigilia: subito in gol, poi un palo e una traversa nella ripresa. Le serate storte capitano a tutti. Anche al grande Manchester United.

Johansson dà un occhio all’orologio: quasi il 90’. Meglio andare verso l’ascensore, tra poco sarà il caos e a bordocampo lo aspettano tutti per la consegna della Coppa. È già pronta: i nastri bianchi, rossi e blu. Come i colori del Bayern Monaco.

Ole Solskjaer e Samuel Kuffour prendono fiato a centro area. L’arbitro Collina ha appena assegnato 3 minuti di recupero e un corner per lo United. Ancora non si guardano. L’uno fidato jolly di Ferguson, dentro da pochi minuti, l’altro tra le sorprese della finale. 22 anni, unico non tedesco dell’undici titolare del Bayern e nessuna paura. Insieme a Matthäus aveva disinnescato quei Calypso Boys da 54 gol in stagione.

Anche quando Beckham batte dalla bandierina, perfino Schmeichel in the box, il Bayern è più reattivo sulla palla vagante. Fink spazza via male, Giggs raccoglie al volo e non tira meglio. Però sulla traiettoria c’è Sheringham. Un piccolo aiuto al pallone. Cambia tutto.

“Dopo il gol di Teddy ho pensato solo alla gioia di poter giocare un’altra mezz’ora della finale di Champions League”, ricorderà Solskjaer. È stata solo colpa mia se non è potuto succedere.

Schmeichel non ha nemmeno il tempo di tornare in porta dall’altra parte che il Manchester rifà sua la palla. Ce l’ha Ole, sfida Kuffour sull’out di sinistra. Una finta, traversone respinto, altro corner. Non aveva sbagliato nulla Samuel.

Ora è in marcatura su Solskjaer: la mano sul norvegese, lo sguardo a Yorke sempre in agguato. Qualcuno si perde ancora Sheringham sul primo palo.

È un attimo.

Kuffour si gira e la palla è già dentro, la gamba alta di Ole l’unico indizio di ciò che è stato. È il 93’. 100 secondi dal gol del pareggio, 3 minuti da quando il presidente della UEFA lasciava la tribuna.

Solskjaer e i ragazzi di Ferguson slittano sulle ginocchia, di slancio fino alla Champions League più clamorosa di sempre. Le mani di Koffour invece vanno prima sui fianchi, poi diventano pugni e battono per terra. Inconsolabili.

“Quando anni dopo i miei figli guardarono il video della finale, mi chiesero perché piangessi in quel modo. Era per il loro futuro.

Solo Collina riesce a far rialzare il Bayern per gli ultimi secondi di gioco. Ma la partita è già finita, quando Johansson esce dall’ascensore e sbuca in campo confuso: Non ci posso credere. I vincitori stanno piangendo e gli sconfitti ballano.

Il 21 maggio 2019 le due squadre si sono ritrovate all’Old Trafford, per il Treble Reunion Match organizzato dal Manchester United a scopo benefico. Per un giorno, Ole e Samuel erano di nuovo in campo l’uno contro l’altro. Anche quel giorno hanno vinto i Red Devils, anche quel giorno ha segnato Ole. Ma hanno ballato tutti, vent’anni dopo.

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