Lo sgarbo a Mihajlovic, la prima in Nazionale e la suggestione San Paolo: Donnarumma, tutto in sette giorni
Il sabato sera, di solito, lo si ritrovava in piazza a Pompei. Con l'immenso Santuario alle spalle, i colori della gente attorno e loro, gli amici di sempre, quelli che più gli mancano. Coca-Cola al chiosco, giro a Via Roma, poi tutti giù da 'Zì Caterina', i videogiochi li aspettavano. Ah, quanto mancano queste serate a Gigio. S'incontrava Jonathan, Marco, si scherzava con gli amici più stretti e c'era sempre il battibecco con l'amico tifoso del Napoli.
Chissà se avrà pensato ad una di quelle serate Donnarumma, ieri sera, quando invece di essere a Pompei, era una trentina di chilometri più a nord, a Fuorigrotta. Giocare al San Paolo è sempre stato una suggestione, ma d'altronde quando si cresce alla scuola calcio "Asd Club Napoli" non potrebbe essere altrimenti. E chissà se magari Pompei l'avrà raggiunta più tardi, forse follia. Però che bella esperienza da raccontare agli amici, pure a quell'amico tifoso del Napoli.
Sì, perché Gigio ieri, nonostante i quattro gol subiti, ha fatto il fenomeno. Voli a destra e a sinistra, come se nulla fosse, davanti a tutta la famiglia, il presidente Ciro accorso da Castellammare di Stabia insieme a tanti altri amici. Tutti lì, con sguardo fiero e petto all'infuori. "Quel ragazzo l'abbiamo scoperto noi", e adesso è già un campione, a 17 anni e mezzo, e lo dimostra anche sul prato del San Paolo.
Come se ce ne stesse ancora bisogno, d'altronde. La sette giorni di Donnarumma è stata di quelle che difficilmente si può dimenticare. Domenica scorsa, infatti, c'erano già i motivi per essere al settimo cielo. Mihajlovic di fronte, proprio lui che l'ha lanciato al Milan, e Gigione che si fa beffe di lui, parando il rigore a Belotti all'ultimo minuto. Maledetto. "Chi me l'ha fatto fare di mandarlo in campo?" avrà pensato il suo ex allenatore, adesso al Torino. Scherzando, ovviamente, perché un talento così lo si vorrebbe vedere anche nel cortile di casa. Ovunque.
Ma l'emozione più grande, lo scuserà il Milan per il quale morirebbe pure e si sa, è arrivata venerdì (sabato, in maniera ufficiale). Telefono in mano: chi è? Giampiero Ventura. "Azz", avrà detto con quell'accento napoletano che ormai non si sente quasi più. "Gigio, vieni in Nazionale". Quella dei grandi sì, a 17 anni e mezzo. L'emozione è stata così forte che per un po' il portierone non ce l'ha fatta neanche a chiamare amici e famiglia per condividerla.
E lo capiamo, certo. Non si tratta in assoluto del convocato più giovane della storia della Nazionale, ma poco ci manca. Gavinelli fu convocato a 16 anni e tre mesi circa, ma parliamo addirittura del 1911. Poi c'è De Vecchi, chiamato a 16 anni, ma anche qui si ritorna ad un secolo fa. Negli ultimi decenni il migliore è lui, Donnarumma. Meglio di Bergomi, convocato a 18 anni e tre mesi circa nel 1982. E meglio anche di Santon, chiamato nel 2009, quando aveva 18 anni e cinque mesi. Gigio does it better. L'azzurro l'attende, a chiudere una settimana lunga davvero impensabile solo qualche mese fa. E forse se ne sarà fatto una ragione: è doloroso rinunciare alle serate a Pompei, ma queste emozioni ripagano di tutto. Complimenti, Gigio.
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