Lazio, a te Jony: l'assist man salvato da Abelardo
Chi l’ha salvato ha il nome di un filosofo e la pazienza di uno scacchista: “Abelardo è stato l’allenatore più importante della mia carriera”. Il primo a dargli fiducia dopo anni di porte in faccia ed esclusioni, spazzate via dalla promozione in Liga con il Gijon nel 2015, 7 gol e 10 assist: “Jony è stato il nostro Messi”.
Classe ’91, esterno a tutta fascia, mancino, 11 assist con l’Alavés nell’ultima stagione. Solo Messi e Sarabia hanno fatto meglio. Il prossimo anno giocherà l’Europa League con la Lazio dopo aver rischiato di mollare tutto, perché senza Abelardo, oggi, Jony Rodriguez non sarebbe qui.
Nel 2013 la vita gli presenta un bivio: “Dovevo trovarmi un lavoro e riprendere gli studi. Pensavo che non avrei mai potuto vivere di calcio, ma mi sbagliavo”. Tempo sei mesi e si ritrova allo Sporting Gijon, segna 8 reti in seconda squadra e si guadagna un posto in prima fila, ma ancora non ci siamo: “Ho la tendenza a prendere chili, a volte gioco sopra il mio peso ideale”. Abelardo non ci sta e inizia a bacchettarlo: “Devi iniziare una dieta e diventare un professionista”.
È la svolta definitiva, Jony gira a sinistra e imbocca una strada in discesa, fino alla Lazio. Gli è servito Abelardo per guadagnarsi i galloni del riscatto, quello con il nome di un filosofo francese vissuto più di mille anni fa: Pietro Abelardo, maestro di Thomas Becket, l’Arcivescovo di Canterbury ucciso nella Cattedrale.
Meglio uno spagnolo dai modi gentili e una storia simile alla sua: 8 anni fa Abelardo allenava il Tuilla in Serie D, oggi guida l'Alaves in Liga. Un bel salto. Questione di legami, da zero a cento dopo rinunce e sacrifici.
IL LUNGO VIAGGIO DI JONY
Asturiano come Luis Enrique e Samuel Sánchez, ex ciclista, oro olimpico a Pechino nel 2008 e secondo al Tour de France nel 2010, specializzato in scalate.
Come Jony Rodriguez, dalla C all’Europa in sei anni di scatti, fino alla volata finale. Anche se la salita era già iniziata nel 2010, dopo il fallimento al Barcellona: “Non sono stato all’altezza, ero troppo immaturo”.
Da Cangas de Narcea alla Sagrada Família, da 12mila abitanti a quasi 2 milioni. Dopo due stagioni in Catalogna torna al Real Oviedo, un colpo basso: “Me ne andai di casa a 15 anni, l’età in cui esci con la fidanzata o fai il primo viaggio con gli amici. Non ho vissuto niente di tutto questo. A giugno finivo la scuola e il mese dopo ero già in ritiro”. Il calcio gli ha ‘tolto’ l’adolescenza, ma non le ambizioni.
ASSIST MAN AMBIZIOSO
Sognava Ronaldo, il brasiliano, da ragazzino giocava centravanti e segnava molti gol, ma è nato per l'ultimo passaggio: 21 assist in Liga, 9 il primo anno, prima del Malaga e del grande salto, anche se in Andalusia non ha mai trovato la sua strada (33 partite e 2 reti in due stagioni, quest’anno l’hanno prestato all’Alavés del ‘suo’ Abelardo).
Tare l’ha studiato e portato a Roma in gran segreto, come piace a lui. Un regalo a Inzaghi dopo Lazzari e Denis Vavro. Jony è un velocista a tutto campo, ha le qualità dell'ala e l'indole offensiva: “La fascia è il mio habitat”. L'anno scorso ha fatto l'esterno offensivo nel 4-4-2 segnando 4 reti (35 in carriera).
Corre, dribbla, va sul fondo e alza la testa, la sua giocata preferita. Nel tempo libero è più calmo, legge parecchio e si rilassa con la famiglia. Ha due figli con Teresa, la compagna di una vita (l'ultimo è nato il 2 luglio).
Chi lo conosce bene l’ha descritto come uno tipo ambizioso e determinato, uno “che ha la sfida nel sangue e non vuole mai mollare”. Abelardo l’ha capito subito, lui ci ha messo di più ma ora è sulla giusta via, dopo una pedalata in salita.