#JuveNapoli -4, gli allenatori: Allegri vs Sarri, così lontani e così vicini
Uno è sempre elegante, lancia slogan sui social ed è un perfezionista. L’altro allena in tuta, è un antidivo ed è molto scaramantico. Entrambi sono toscani, amano il mare e hanno fatto la gavetta. Juventus contro Napoli sarà anche Allegri contro Sarri, due modi di allenare e di vivere il calcio che hanno però anche numerosi punti in comune. Di Livorno il primo, della provincia di Firenze il secondo. Una carriera da calciatori non indimenticabile, anche se c’è chi è pronto a garantire che Max avrebbe meritato molto di più; nella stagione 1997-98 anche una piccola parentesi con il Napoli, fatta di sette presenze.
Maurizio non è stato un calciatore professionista, come Mourinho o Sacchi prima di lui. Fino al 1999 la sua vita si divideva tra la banca Montepaschi e la squadra dilettantistica che allenava di sera. Stia, Faellese, Cavriglia, Antella e Valdema. Poi il Tegoleto, nell’anno in cui ha deciso di lasciare tutto per dedicarsi anima e cuore alla sua passione più forte. Un “lavoro” che avrebbe fatto anche gratis, come ha ribadito più volte negli ultimi anni. È un maniaco degli schemi, approccia al calcio in maniera scientifica. Sperimenta (ricordate il drone che sorvolava i campi di allenamento la scorsa estate, tra un caffè e una sigaretta?), si prepara con attenzione maniacale, studia e analizza.
Le leggende che lo circondano dicono che abbia 33 soluzioni da applicare sui calci piazzati; che quando allenava a Pescara dipingeva gli scarpini colorati dei suoi calciatori di nero – perché era il suo colore portafortuna dai tempi del Sansovino; che ad Empoli, insieme allo staff sanitario, facesse mangiare una pizza margherita alla squadra appena 10 minuti dopo la fine di una partita (per fargli assumere carboidrati). Sarri è moderno, un innovatore, un maestro di calcio che ha dimostrato di poter andare oltre le categorie minori per insegnare anche ad alti livelli. Perché se tra i dilettanti sopravvive chi è più organizzato, in Serie A vince chi è più preparato ad affrontare ogni occasione. Sarri è un diverso, se ne frega dell’apparenza e va al sodo.
Allegri invece non ama affatto gli schemi, crede che il calcio non abbia nulla di scientifico. È un allenatore formidabile a leggere le partite e sa comunicare sottovoce – ed è per questo che la sfuriata con tanto di lancio della giacca a Carpi ha sorpreso molti. In quel caso c’era qualcosa che non andava, un dettaglio, un calo di concentrazione collettivo che Max proprio non poteva tollerare. Perché lui è ambizioso e (soprattutto) è un perfezionista, anche se a differenza del collega si fida molto del suo istinto. Ad Allegri non sfugge nulla, la sua proverbiale calma lo aiuta a controllare le situazioni ed a convincere anche i più scettici. È successo l’anno scorso ed anche quest’anno, quando ha sollevato una Juve nuova dal 12° posto per riportarla nelle zone più alte. Una rimonta da record che porta la firma dell’allenatore bianconero.
Anche Sarri ha avuto bisogno di tempo: il primo anno ad Empoli i risultati non arrivavano ma alla fine ha avuto ragione. Così come è successo a Max, anche ai tempi di Cagliari. Entrambi sono spiritosi, affrontano il calcio ogni giorno con il sorriso, rispondono con quella battuta “alla toscana” per alleggerire la tensione. Tutti e due hanno un passato nel Pescara ed hanno detto di tifare per la squadra che allenano da quando sono giovani. Entrambi hanno sostituito Conte in panchina, uno all’Arezzo nel 2006 e l’altro a Torino l’anno scorso. Sanno far crescere le loro formazioni dal punto di vista mentale e fanno maturare i propri giocatori.
Allegri ama il basket, Sarri legge molto – su tutti Bukowski, Fante, Vargas Llosa. Tra le tante sfumature che li rendono due personaggi molto diversi, Max e Maurizio hanno anche molti punti di contatto. Lontani ma vicini, ad oggi separati da appena due punti in classifica, in attesa della sfida della verità in programma sabato sera.
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