Macellari, dall'Inter a un bosco: "La mia nuova vita, tra miele e legna"

strong>Fabio Macellari è l’uomo dalle mille vite. Ve lo ricordate? Terzino sinistro che ha girato l’Italia in lungo e in largo, passando per il Cagliari di Ventura, l’Inter di Lippi-Tardelli e per il Bologna di Guidolin. La Nazionale? Sfiorata per un… ginocchio. Ma ci arriveremo più avanti.

Il calcio fa parte del passato nella vita di Macellari, oggi ha voltato completamente pagina: “Vivo insieme a mio figlio Matteo a Bobbio, in provincia di Piacenza”. Un paesino di circa 3500 abitanti in Emilia Romagna dove l’ex giocatore ha trovato la sua pace: Taglio la legna, faccio il miele e lo zafferano - ci racconta soddisfatto - Ogni tanto lavoro nel panificio dei miei amici, e curo il mio orto”. Macellari versione campagnolo: “E’ un tipo di vita che volevo fare già da tempo, me l'ha inculcata la mia famiglia. Abbiamo un casolare che gestiamo da più di 150 anni e avevo sempre in mente di portare avanti questa tradizione”. Una passione h24: “Prima avevo anche un gruppo rock col quale suonavo, ma ho dovuto mollare perché ho troppe cose da fare”. Anche se: “Mio figlio ha 13 anni e finirà le medie qui, le superiori le farà a Cagliari vicino alla mamma”. Ma il piccolo Matteo è la più grande ragione di vita di papà Fabio: “Io farò un po’ su e giù per stare con lui. Abbiamo un rapporto fantastico”.

Il calcio? Sullo sfondo. Lontano: “Ogni tanto vedo i big match in tv, ma non sento la mancanza. Se dovesse capitare una situazione interessante la valuterei, ma non sarò di certo io ad andarmela a cercare”. Un’eccezione si potrebbe fare per un amico che non vede da un po': “Mi piacerebbe lavorare con Laurent Blanc. Avevamo un grande rapporto ai tempi dell’Inter, lui mi chiamava ‘petit bijoux’, piccolo gioiello. Quando vinse Mondiale ed Europeo tra il ’98 e il 2000, mi regalò una cartolina dove c'è lui abbracciato ai due trofei. Ancora la conservo”.

Già, perché oggi Macellari taglia e vende la legna, ma alle spalle ha trent'anni da terzino: “Se avessi avuto la testa ne avrei fatti anche dieci in Nazionale”. La sua vita è stata una sliding doors in loop: “Forse cambierei alcuni atteggiamenti, ma se potessi tornare indietro rifarei tutto. Se avessi preso altre decisioni non avrei avuto mio figlio”. Il gol più bello, quello che ti cambia la vita.


Un po’ come il trasferimento nella grande Inter di Vieri e Ronaldo: “Ero arrivato per conquistarmi la maglia dell'Italia. Con Lippi iniziai bene, poi arrivò Tardelli e non giocai più”. Il 2000-01 fu una stagione maledetta. Per lui e per i nerazzurri: “Era una squadra gestita male”. Eppure c’erano Zanetti e Seedorf, Zamorano e Recoba: “Il più forte di tutti era Ronnie, che bello vederlo mentre si allenava! Ci dicevano di non toccarlo, ma noi non ci azzardavamo nemmeno ad avvicinarci”. In panchina c’era anche un giovanissimo Andrea Pirlo: “Già da ragazzo era fantastico, non capivo come fosse possibile che rimanesse fuori”.

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"La Mercedes di Cellino, la cocaina e quella nottata a Cagliari"


Di maglie conservate Macellari ne ha tante, ma quella a cui tiene di più è… rossonera: “Di Maldini. La scambiai il giorno del mio debutto a San Siro”. Uno stadio da brividi: “Per me che sono milanese e ci andavo fin da piccolo, entrare dalla porta principale era sempre un’emozione unica. Quando lo vedo in tv ci ripenso ancora oggi”. A come è andata e come sarebbe potuta andare se non si fosse trasferito all'Inter. Retroscena di mercato: “Quell’estate mi voleva anche la Roma ma soprattutto la Samp di Ventura, al quale dissi che se fossero saliti in Serie A sarei andato in blucerchiato. Ma alla fine non conquistarono la promozione”. E Inter fu.

Quando perse il posto in squadra, ricominciò dal Bologna. Partenza col botto e convocazione in Nazionale da parte del Trap: “Sì, ma non ho mai debuttato. Due giorni dopo le convocazioni ho subito un brutto infortunio al ginocchio in allenamento”. Addio sogno Azzurro, Macellari entra in un tunnel dal quale esce dopo tanti sacrifici: “Avevo perso la mia strada. Iniziai con la cocaina quasi per gioco, poi non potevo più farne a meno. D’accordo con la società decisi di rescindere il contratto. Non ero più io, così mi ero prefissato di fermarmi finché non risolvevo il problema”.

Fabio tocca il fondo e si rialza “con l’aiuto della mia ex moglie che mi ha riportato sulla retta via”. Riconoscenza di chi sa di aver sbagliato. Riparte dalla ‘sua’ Cagliari:  “La mia seconda casa”. Lì dove alla fine degli anni ’90 conquistò la promozione in Serie A con tanto di regalo da parte di Cellino: “Un giorno arrivò al centro d’allenamento con una Mercedes Pagoda, fantastica. Voleva vendermela, ma non me la sentivo di spendere tutti quei soldi. Così mi disse che se fossimo saliti in A me l’avrebbe regalata. Il lunedì successivo mi chiamarono per andare a ritirarla”.


Ma quando tornò a Cagliari nel secondo periodo (2002-2004), Macellari ne combinò una delle sue: “Una sera uscii con degli amici e tornai alle 10 della mattina dopo. Chiamai Cellino per autodenunciarmi, si arrabbiò molto perché per lui ero come un figlio". E si ritrovò fuori rosa: "Qualche anno dopo decisi di smettere perché avevo capito che non era più il caso”. Fabio ha vissuto una vita a mille: “Ma quando accendo la tv e sento il telegiornale mi rendo conto che alla fine poi non sono così tanto matto come altre persone in giro”.

Zero rimpianti, mille sorrisi e un pizzico di nostalgia: “Oggi mi piacerebbe giocare nel Barça. Hai visto l’ultimo assist di Jordi Alba a Suarez? Quelli erano i mie cross, avevo pensato esattamente la stessa cosa prima che la facesse”. Terzini del passato e del presente: “Mi piace molto Spinazzola. Contro l’Ajax ha fatto un partitone”. Anche assist nel derby col Toro: “Ah sì, non l’ho visto”. Poco tempo libero tra la legna da tagliare e il pane da sfornare. Dalle cavalcate a San Siro alla sua campagna e il bosco. Macellari e le sue mille vite.

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