In fuga per il gol: la storia di Iñaki Williams, il León imprendibile
Un campo aperto dove correre, attaccare, vincere: Iñaki Williams e una doppietta che rappresenta al meglio ciò che è stata la sua vita. In particolare il miglior racconto di se stesso è l’immagine del secondo gol, con Sergi Gómez e Vaclik che non riescono a contenere la sua fuga.
Fuga, il concetto chiave a cui gira attorno la vita di Iñaki. E no, non si parla solo della fuga salvezza dell’Athletic, che comunque con 3 punti pesantissimi contro il Siviglia prende una boccata d’ossigeno in un campionato che per certi tratti ha fatto temere la prima storica retrocessione del club.
No, la fuga di Iñaki è differente, più significativa e complicata. I genitori, esiliati in Ghana dalla Liberia, si conobbero in un campo profughi di Accra e decisero di fuggire verso la Spagna arrangiandosi con i lavori più umili. Misero al mondo il loro figlio a Barakaldo, nella periferia di Bilbao, e decisero di chiamarlo Iñaki: un nome basco ma tutt'altro che banale per chi vive a Bilbao.
Perché da quelle parti “Iñaki”, variante di Iñigo che a sua volta è la traduzione di Ignacio, è il nome generico con cui sono conosciute le persone africane che popolano le strade della città, spesso come venditori ambulanti. Così radicato quel nome nella cultura popolare che esiste persino una canzone del gruppo basco Zarama intitolata “Iñaki ze urrun dago Kamerun”, ossia “Iñaki, quanto è distante il Camerun!”
Williams non ha mai sofferto questa cosa, tanto che ha sempre dichiarato di sentirsi basco per quanto non rinnegasse le sue origini africane. Con il calcio poi ha avuto sempre un gran rapporto, anche se prima di giocare ha avuto anche un passato da arbitro, stimolato dal piccolo stipendio che lo aiutava a vivere meglio. Da calciatore ha iniziato a Pamplona, città dove si spostarono successivamente i suoi genitori: geograficamente nella Navarra ma comunque di forte cultura basca, prima di entrare nelle giovanili dell’Athletic, dove è diventato il giocatore di oggi.
Era inevitabile suo colore della pelle lo mettesse su un altro piano, soprattutto in un club che nella sua storia ha avuto solo calciatori provenienti da quella zona geografica. Speciale sì, ma mai diverso, fondamentale sottolinearlo. Anche perché il pubblico di San Mamés ha imparato in fretta ad applaudirlo trattandolo sempre come uno di loro.
È stato il primo calciatore di colore di sempre della storia a segnare un gol con la maglia dell’Athletic grazie alla rete nella partita di Europa League contro il Torino di Ventura nel primo dei tanti giorni meravigliosi vissuti con quella maglia che non si sente di lasciare.
Lo hanno soprannominato in tanti modi: la Pantera ai suoi esordi quando segnò un gol superando i 35 kilometri orari, Balotelli quando ha portato la cresta, ma anche León, forse il nomignolo più pesante perché è lo stesso che viene dato alla squadra. Ma al di là dei nomi lui è il ragazzo delle fughe: di quelle in campo aperto che stanno salvando l'Athletic e di quella dalla guerra che ha salvato la sua famiglia.