In giro per il mondo...con Fabio Lopez: "Io, un allenatore in viaggio. In Bangladesh è stata dura, ora all'Al-Ahli B..."
Lituania, Malesia, Indonesia, Maldive, Bangladesh, Oman, Arabia Saudita. Giro del mondo in ottanta giorni? “Forse qualcuno in più…”. Lui è Fabio Lopez, allenatore romano… “Ma il Colosseo l’ho visto solo una volta nella mia vita, poi non ho più avuto tempo”. Tante esperienze, tutte all’estero, tutte in Paesi diversi. E così lontani da noi… “Sembrano distanti, ma in realtà…”. Lasciamo un filo di suspense, prima di addentrarci nei meandri dell’essenza del viaggio da un punto di vista eminentemente filosofico. Dallo scorso gennaio Lopez allena la seconda squadra del prestigioso Al-Ahli, uno dei club più titolati del pianeta. Arriva la chiamata della famiglia reale, Lopez non ci pensa un attimo: prende e parte per Gedda. Perché è il senso d’adattamento assommato ad una continua voglia di sfidare noi stessi, la virtù che più di ogni altra accompagna forse le nostre esigenze e le aliena da quel torbido grigiore quotidiano.
“Loro cercavano un allenatore per la seconda squadra, ma con un curriculum importante in modo da poterlo all’occorrenza promuovere in prima”. Occasione che stava quasi per presentarsi lo scorso maggio al termine di un summit di un’ora e quaranta nel castello del Principe. “Come nelle favole…” e non per mera retorica. “Quando sono arrivato – racconta Lopez ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – eravamo sesti in classifica poi abbiamo fatto nove vittorie consecutive, di cui sette senza subire gol e alla fine abbiamo concluso al secondo posto (ad un punto dalla prima), sfiorando per due volte il titolo”. Numeri importanti, di quelli che non lasciano spazio a troppe speculazioni. Per le strade di Gedda i tifosi lo fermano, gli chiedono foto e autografi: a conferma dell’universalità intrinseca che accompagna il calcio in ogni dove. Ma soprattutto arrivano gli interessamenti di alcuni club di Premier Saudi… “Mi hanno fatto senz’altro piacere, ma non potevo andare via sia per riconoscenza nei confronti della famiglia reale sia perché con il gruppo si è creato un rapporto veramente bello. Ora lunedì torno a Gedda e cominciamo il ritiro in attesa della ripresa del campionato a fine settembre”.
Vive in un compound per stranieri Lopez, le sue giornate sono scandite a suon di pallone: allenamenti, video analisi, partite. In un contesto, comunque, molto simile al nostro… “Anche qui in Saudi il calcio viene vissuto in maniera forte, totalizzante. A vedere la prima squadra vanno in 60/70mila persone. L’unica differenza veramente enorme riguarda la tattica individuale. Se qui parli di tattica individuale non pensano a marcare o smarcarsi, ma al 4-4-2. Quando sono arrivato all’Al-Ahli c’era un giocatore che tecnicamente era il più forte, un mancino pulito. Soltanto che non sapeva difendere. Alla fine del primo allenamento gli chiedo, ‘scusa ma tu in che ruolo giochi?’ e lui mi risponde ‘terzino sinistro’. Lì per lì ci sono rimasto male, sono stato un giorno intero a chiedermi come fosse possibile. Alla fine, non senza difficoltà, l’ho convinto a cambiare ruolo e da esterno alto ha fatto 19 gol in 14 partite con tanto di debutto in Champions League asiatica con la prima squadra”.
Una serie d’esperienze, calcistiche sì, ma soprattutto di vita, culturali… “Per la mia persona hanno avuto un valore di crescita incalcolabile tanto nelle soddisfazioni quanto nelle difficoltà che inevitabilmente ti trovi davanti. In Bangladesh ad esempio è stata veramente dura, nonostante per me sia forse stata l’esperienza più prestigiosa, da Commissario Tecnico della Nazionale. La povertà che ho visto ce l’ho ancora negli occhi: gente che scavava nell’immondizia, bambini nudi che dormivano per la strada. E a certe scene non riesci mai ad abituarti. Ricordo che ogni mattina insieme al mio staff tecnico ci facevamo mettere da parte la colazione dall’hotel e gliela portavamo in strada. In Arabia Saudita, invece, si vive bene. La prima impressione? Che qui c’è un fortissimo rispetto delle regole. E nel loro apparente disordine c’è un ordine ben preciso. Faccio un esempio: nella guida sono veramente spericolati, vanno da destra a sinistra come se niente fosse, eppure in questo contesto c’è un forte rispetto della legge”.
Ultimi due giorni in Italia, a Roma, con la famiglia. Lopez sta già cominciando a preparare, di nuovo, la valigia. Un abitué ormai. Torneresti per restare? “Sinceramente no, non sono attratto dal tipo di mentalità che caratterizza il nostro calcio. Tornerei in Italia soltanto per un presidente e un progetto che mi attrae per davvero, da un punto di vista che definirei poetico”. Perché, in fondo, in ogni nostra azione dovrebbe esserci un benché minimo senso di poesia. E se non riusciamo a trovarla probabilmente stiamo facendo la cosa più semplice, ma non necessariamente quella più giusta…