Il dialetto, il Sassuolo e il professore dai voti fanta: “Ah mister, prendo il volo e vengo subito a Viareggio”, tutto il bello di Adjapong
Seduto, con gli occhi lucidi. Parole dolci e ricche di passione. Una musica dalle note tutte emiliane. Ah, il dialetto. Claud Adjapong è così: genuino. Questione di semplicità. Impossibile tradire la propria terra. Un legame solidissimo, “stiamo presentando i Camp estivi del Sassuolo, io non li ho mai fatti: però ricordo quando facevo il raccatapalle nelle partite della prima squadra e avevo gli occhi spalancati dalla gioia.”. E Claud, oggi, ha già percorso diversi chilometri sulla strada neroverde. Della serie: l’età, in questo gioco, proprio non conta. Perché anche con la carta d’identità del 1998 si può scrivere la storia. Vero, Adja? “Calma dai, ho appena cominciato”. Vero, ma intanto il ragazzo è l’unico sassolese ad aver esordito e giocato in Serie A con la maglia neroverde. Roba da predestinato.
Storia, insomma. Una parola abbastanza importante. Nel calcio e a scuola, in classe. Bella materia quella: pagine, capitoli, date e…fantacalcio: “Il professore, ogni volta, mi chiede se la domenica gioco. ‘Cluad, sono il tuo prof e voglio schierarti”. Altrimenti, nota. “A lezione i miei compagni studiano la formazione e mi chiedono il gol”. E per l’esultanze si veda alla voce Juventus, in quella che fu la settimana da Dio nel piccolo mondo di Claud: “Doppietta alla Juve la domenica mattina, poi, sette giorni dopo, mi ritrovai tra i convocati per la sfida contro Allegri”. Questo accadeva l’anno scorso, nel mese di marzo. Nei meravigliosi giorni di Adjapong: “E chi se lo aspettava. È stato fantastico, unico esordire allo Stadium: a 17 anni non è da tutti giocare su quel campo lì. Devo ringraziare Di Francesco, che sul risultato di 1- 0 ha fatto entrare un ragazzo della primavera. Io. E quando mi ha suggerito di scaldarmi non ho più capito nulla. Poi, appena mi ha detto ‘entra’, mi è salita l’ansia e tremavo tutto”. Brividi. Pelle d’oca soprattutto per papà: “Ricordo tutto come fosse ieri: mio padre veniva a prendermi a scuola, mi portava agli allenamenti, tornava a lavorare e poi veniva a riprendere. Questo fino quando ho giocato nel San Francesco. Poi, non riuscendo più a starci dietro col lavoro, mi ha portato alla Madonna di Sotto. E qui è iniziato il mio vero percorso calcistico”.
Un sassolino dietro l’altro a tracciare il cammino in direzione Mapei Stadium: “E a dieci anni arrivò la chiamata del Sassuolo. Una gioia per me, una maggiore tranquillità per papà: perché qui venivano a prendermi in pulmino e lui poteva lavorare sereno. Ah, devo ringraziare il grande Gianni Soli e i suoi osservatori: senza di loro a quest’ora magari non sarei qui”. Il resto lo completano dedizione e sacrificio. Altro ? Passione e fede neroverde, “anche se da piccolino tifavo Milan. Ma non ho scambiato la maglia con nessuno, preferisco tenermi bella stretta la mia”.
Un panino e via
Tempi recenti. Claud convince. Si adatta e affascina tutti. Questo dicembre è arrivato anche il primo gol in Serie A contro il Cagliari: inserimento dalla destra, penetrazione e zampata da posizione angolatissima. Ci sa fare, sì. Uno così è da aggregare fisso in prima squadra. E se Di Francesco non ha dubbi, non ci pensa su nemmeno Roberto Baronio: l’allenatore della Nazionale Under 19. E così, dal 23 al 28 marzo, Claude parte in Belgio per disputare le tre partite di qualificazione per l’Europeo di categoria. Ma una volta terminato l’ultimo impegno contro la Svezia, Adja prende subito lo smartphone in mano e digita il numero di Mandelli (l’allenatore della Primavera del Sassuolo): ‘Mister, io voglio venire immediatamente a Viareggio: il mio sogno è vincere quella finale’. Risposta dalla Toscana: ‘ Ok, Claud: ma sei sicuro di farcela? Hai appena finito di giocare con la Nazionale…’. No problem, aereo e via. Adjapong atterra a Linate e il Sassuolo va subito a prenderlo. Macchina, autostrada e ‘panino in autogrill’. A posto? Certo, Claud entra allo Stadio dei Pini, scende in campo, e stappa subito la partita. Gol. Controllo di petto a seguire, imbucata, e destro in porta.
“Un sogno vincere il Viareggio. Questa maglia è la mia seconda pelle. Io sono nato e cresciuto qua. Ho due sorelle. I miei genitori sono in Italia da 25 e lavorano tutti e due. La mia famiglia è stupenda, mi fa stare con i piedi per terra. Papà mi dà un sacco di consigli”. Umilissimo, Claud: con quell’accento emiliano a dargli un tocco tutto nostrano. Calcio e scuola, anche con i corsi di recupero pur di non rimanere indietro. Perché al netto degli impegni è dura rimanere al passo. “Testa bassa dai”, sobrietà.
Abbigliamento easy per Adja: jeans, felpa e scarpa borchiata. Alla moda, sì. “Nel tempo libero sono quasi sempre col mio amico Duncan. A pranzo magari mangio da lui. I nostri genitori si conoscono bene, questione di origini comuni”. In campo assieme, vicini in spogliatoio e tante affinità: “Alfred mi ha consigliato Prison Break, guai a chi me la spoilera”. Tra pallone e serie tv. Ciak si gira, nel set targato Adjapong. Con un casting ricco di talenti con a capo il ct Ventura, che lo ha convocato con Emerson Palmieri e Falcinelli nel terzo stage della nazionale maggiore. Duttilità: “Ho fatto tutto il settore giovanile da attaccante, i miei movimenti sono quelli: adesso però amo giocare terzino, mi adatto e mi trovo bene”. E personalità. Nessuna esagerazione: è questo Claud. Uno con le idee chiarissime, altro che super macchine e vita nel lusso: “No, io desidero solo sistemare economicamente al meglio la mia famiglia. Voglio sedermi sul divano, guardarli negli occhi e essere sereno assieme a loro”. Ambizione. Con parole dolci e cariche d’emozione, meglio se dette nel suo emiliano: quello di Adjapong.