Il Cluj italiano di Mureșan, dalla rinascita al dominio: "Con la Roma Culio chiese la grazia di San Pietro. Su Trombetta e Mandorlini vi racconto..."

"La prima volta che andammo in trasferta a Roma per l'esordio in Champions, l'intero club si recò in visita a Città del Vaticano. Culio, argentino cristiano e cattolico, scoprì che molti fedeli si mettevano in fila per baciare la statua di San Pietro e decise di voler fare lo stesso. In privato mi confessò di aver chiesto oltre al benessere della sua famiglia anche di poter segnare due gol contro i giallorossi". Inizia così uno degli aneddoti più particolari raccontati da Iuliu Mureșan, presidente del CFR Cluj che innumerevoli volte ha visto intrecciarsi il destino del suo club a quello dell'Italia calcistica. "Inizialmente ero scettico, resto ancora oggi un grande estimatore delle sue qualità ma sono abbastanza sicuro che non avesse mai segnato una doppietta prima di quella partita né che ci sia riuscito da quel giorno in poi". Quella però era una notte che doveva entrare nella storia: dopo aver causato il corner che ci portò in svantaggio, Culio vide il suo desiderio realizzarsi e la sua doppietta regalare l'esordio speciale che il presidente aveva sognato per il suo Cluj.

Fin dall'inaugurazione del nuovo stadio del club, il Constantin Rădulescu, che Mureșan racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com essere stato inaugurato in maniera altrettanto speciale - "Invitammo il Benfica per la gara inaugurale ed il calcio d'inizio fu eseguito da una leggenda di questo sport come Eusebio, un motivo di vanto per me e per tutto il calcio rumeno" - è stato sempre chiaro che i successi del Cluj sarebbero stati strettamente legati alla scelta di affidarsi costantemente ai discepoli della scuola calcistica italiana.

Dopo aver infatti ricordato con affetto la prima esperienza vissuta con un allenatore italiano - “Cristiano Begodi, oltre ad averci portato al terzo posto ed a regalarci la nostra prima qualificazione in Coppa Uefa, ci ha anche introdotto alla grande scuola di allenatori che avete in Italia, da lì ho preso la decisione di affidarmi principalmente a uomini che avessero una base del genere” - il presidente Mureșan confessa come l’arrivo in Romania di Maurizio Trombetta, in Romania durante la stagione 2008/09 e oggi membro dello staff di Massimiliano Allegri alla Juventus, sia stato il vero punto di svolta dal punto di vista tecnico per il futuro vincente del Cluj: “Il nostro rapporto è iniziato quando sulla nostra panchina sedeva Ioan Andone, una leggenda del calcio rumeno che ci aveva portato il primo titolo nazionale. In quel periodo la squadra giocava molto bene dal punto di vista offensivo ma c’erano ancora tante lacune per quanto riguarda la fase arretrata, quindi decidemmo insieme a lui di far entrare all’interno dello staff Maurizio, nel ruolo di allenatore in seconda, dopo aver studiato l’ottimo lavoro che aveva svolto come vice sia di Galeone che di Guidolin. Grazie al suo aiuto la squadra è cresciuta molto, è diventata più equilibrata e di conseguenza più efficiente, quindi quando a fine stagione si divisero le strade con Andone fu logico affidare a lui definitivamente la rosa".

Un'annata ricca di successi per l'allenatore italiano, che nonostante tutto decise di abbandonare il club al termine della stagione: "Siamo ancora oggi in buoni rapporti, dopo gli ottimi risultati del secondo anno insieme tentammo di convincerlo a prolungare il contratto per continuare il progetto con lui ma era chiara la sua volontà di voler tornare in Italia. Non può che essere un motivo di vanto la sua presenza nello staff della Juventus, uno dei club migliori del mondo. Col senno di poi è facile dire che abbiamo fatto una scelta azzeccata nel portarlo in Romania ed è ormai chiaro che anche Allegri abbia fatto lo stesso facendolo entrare all’interno del suo team. E’ un ottimo allenatore, una persona seria e capace di mantenere ottimi rapporti con chiunque si ritrovi a lavorare con lui”.

Con Trombetta a guidare la squadra arriva la qualificazione ai gironi di Champions League e l’esordio con una clamorosa vittoria all’Olimpico contro la Roma. Oltre al particolare aneddoto legato alla doppietta segnata da Culio, l’esperienza romana del presidente Mureșan viene ulteriormente arricchita dall’episodio legato alla tifoseria rivale dei giallorossi, quella laziale: “Per la partita alloggiammo in un hotel in zona Parioli, dove c’era un bar gestito da un accanito tifoso biancoceleste che quando scoprì chi eravamo promise a me ed a tutta la squadra di non farci più pagare in caso avessimo battuto gli acerrimi rivali. Inutile dire che dopo la nostra vittoria mantenne la parola data e venne fino alle nostre stanze per offrirci quante più consumazioni possibile”. Ma oltre agli aneddoti particolari su quell'esperienza nella capitale italiana, non può non essere di principale importanza l’aver affrontato e battuto una leggenda del calcio come Francesco Totti: “Praticamente tutta la fase difensiva organizzata da Trombetta era impostata per provare quanto possibile a renderlo inoffensivo. A fine partita mi colpì molto la sua modestia: avevano appena perso una gara d’esordio fondamentale per il passaggio del turno ma venne comunque a farmi i suoi complimenti. Il giorno del suo ritiro ho seguito con grande passione la cerimonia che gli hanno dedicato, non nascondo di essere scoppiato in lacrime di fronte ad una scena così toccante”.

Durante le due annate in cui Roma e Cluj hanno avuto modo di affrontarsi nei gironi di Champions League, si è anche instaurato un rapporto molto profondo con la famiglia Sensi: “Quando ci fu la gara di andata a Roma nel 2008, Franco era venuto a mancare da poche settimane e avemmo modo di parlare anche di questo quando conobbi la figlia e la moglie, entrando tanto in buoni rapporti da spingere quest’ultima a chiamarmi un mese prima della gara di ritorno per chiedermi se avessi mai provato la coda alla vaccinara. Quando venne qui a Cluj non solo fui insignito del Trofeo Maestrelli, che ho scoperto poi essere una grandissima onorificenza e che tengo ancora esposto nel mio studio, ma la signora Sensi decise di andare personalmente in cucina durante la cena di rito prevista dall’Uefa e cucinarmi il piatto tradizionale romano”.




Concluso il contratto di Trombetta, che oltre a battere i giallorossi in trasferta conquista anche un prezioso punto nella gara casalinga con il Chelsea di Scolari nello stesso girone, è ormai palese che la volontà della dirigenza del Cluj è quella di continuare con la linea italiana per la guida tecnica della squadra. Per questo viene scelto come successore Andrea Mandorlini, che in un anno domina tutte le competizioni rumene diventando di diritto l’allenatore più vincente della storia del club: “Andrea arrivò qui con un curriculum alle spalle sia da calciatore che da allenatore che nessun altro poteva vantare qui a Cluj. Con il suo staff di fiducia formato da Bordin, Nicolini e Mauro ci ha portati ad un livello di maturità ancora più alto di quello che eravamo riusciti a raggiungere. Mandorlini era un professionista a tutto tondo, impostava tutta la sua giornata soltanto in riferimento al calcio e si concedeva solo un piccolo hobby che ancora oggi ci unisce. Andrea era infatti un grande patito di caccia e ogni anno da quando ha lasciato la squadra viene qui un paio di volte all’anno per vivere al meglio questa sua passione”.

In quella stagione però la quota italiana non si ferma all’allenatore, ma si arricchisce anche del nome di Roberto De Zerbi, oggi allenatore del Benevento: “Roberto fu un nostro obiettivo per molto tempo prima di riuscire a convincerlo ad un trasferimento qui, ed anche in quel momento non ero completamente sicuro avesse davvero accettato. Era un calciatore eccezionale, un fantasista nel vero senso della parola che si distingue con merito nella storia di questo club. Sono pochissimi i nomi passati da queste parti che possono vantare un livello qualitativo così alto, oltre che una personalità fuori dal comune. Nel periodo da calciatore è diventato per la città un vero e proprio idolo ed anche lui spesso viene a farci visita come nella partita di quest’anno con la Dinamo Bucarest. Ovviamente il nostro allenatore oggi è Dan Petrescu e spero che questo rapporto con lui duri ancora a lungo, ma le porte del Cluj saranno sempre aperte per Roberto, magari anche in futuro nel ruolo di allenatore”.

Oltre alla Roma, affrontata nel 2008 e nel 2010, il Cluj ha avuto modo di sfidare anche l’Inter nella fase eliminatoria dell’Europa League. In trasferta a San Siro appena dopo la fine della sessione invernale, il presidente Mureșan ha avuto modo di assistere ad un colpo in entrata dei nerazzurri che all’epoca ebbe grande risalto mediatico: “Quando sfidammo l’Inter ci fu un incontro molto particolare il giorno prima della gara, con un procuratore croato che parlava tanto bene del suo assistito, Mateo Kovacic. Vedendo la scheda del ragazzo pensavamo stesse per firmare con i nerazzurri per poi aggregarsi alla primavera, ma quando ci siamo poi rivisti per cena con l’agente ci ha confessato che in realtà lui sarebbe stato l’acquisto di punta di quella sessione di mercato. Ovviamente il giorno della partita non solo scese in campo, ma fu autore anche di una grandissima prestazione”.

Non solo con la parte nerazzurra di Milano, ma anche per quanto riguarda quella rossonera non poteva mancare un piccolo aneddoto sull’allora amministratore delegato Adriano Galliani: “Personalmente l’ho sempre preso come fonte d’ispirazione e dopo il nostro primo scudetto mi ha insegnato una lezione che ho poi portato con me negli anni successivi. Fu infatti il primo a mandarmi un fax di congratulazioni, seguito poi da Florentino Peres e da tante altre squadre, facendoci capire quanto il nostro nome fosse diventato grande anche a livello internazionale. In generale il Milan è sempre stato in prima linea nel complimentarsi con noi per i risultati ottenuti ad esempio anche in Champions League e posso tranquillamente ammettere che è grazie a loro se ci siamo adeguati iniziando ad inviare anche le nostre lettere di congratulazioni per i successi delle squadre europee”.

Dopo aver rilevato che la partita più importante della sua gestione è stata la vittoria dell’Olimpico e che il miglior allenatore è invece Mandorlini - a pari merito con Dan Petrescu - arriva quindi il momento di eleggere il calciatore che più lo ha impressionato durante quasi 20 anni di presidenza: “Vorrei poter dire con tranquillità il nome di De Zerbi, ma nonostante tante buone prestazioni è evidente che la sua esperienza qui sia stata influenzata dai tanti problemi fisici che ha dovuto affrontare. Per questo motivo scelgo Lacina Traoré, che scovammo in un viaggio in Africa e fece la sua prima grande prestazione in campo Europeo quando incontrammo per la seconda volta la Roma in Champions. Mi raccontarono che Burdisso, che faceva coppia con Mexes in quella gara, chiedeva costantemente a Sixto Peralta ed al suo portiere Lobont chi fosse questo 18enne che li stava facendo impazzire. Sfortunatamente non siamo riusciti a tenerlo con noi troppo a lungo perché economicamente diventa poi complicato convincere un ragazzo in rampa di lancio a restare nel campionato rumeno, ma resta un motivo di vanto averlo lanciato all’interno del panorama europeo”.



Chiuso il capitolo Italia, è il momento di fare un passo indietro sul segreto dietro un percorso di formazione che ha portato il club da un nome di secondo piano alla squadra vincente che è diventata oggi: “Quando sono diventato il presidente del Cluj eravamo in terza divisione e le due promozioni che ci hanno poi portato fino in prima divisione ci sono servite per prendere consapevolezza dei nostri mezzi ed istruirci ad una mentalità vincente". Nel 2004 la città di Cluj-Napoca entra nella geografia calcistica rumena: "In quel momento capii che bisognava prendere una decisione ed investire in maniera importante sul club, quindi riuscii a convincere il finanziatore Arpad Paszkany ad aumentare il budget a disposizione per provare a vincere titoli nazionali in un lasso di tempo di massimo due anni, arrivando a giocare contemporaneamente anche le coppe europee. In più ci spingeva anche la voglia di arrivare ad un risultato così storico in concomitanza del centenario dalla fondazione del club (1907) ed anche per questo nel 2007 abbiamo investito quasi 20 milioni per la costruzione dello stadio attuale".

E per una squadra come il Cluj, per decenni seconda forza calcistica della città, il primo titolo non poteva non arrivare dalla rivalsa ottenuta nel derby: "Con tutte queste motivazioni a darci così tanta energia proprio nella stagione 2007/08 conquistammo il nostro primo scudetto con un finale da incorniciare: trovammo la vittoria decisiva nel derby con la Universitatea Cluj con un rigore segnato dal nostro capitano Cadù. Conservo ancora gelosamente il pallone di quella partita (lo stesso presente in foto, ndr)”.

Un trionfo che ha dato il via ad un ciclo di vittorie costituito da 9 trofei nazionali in dieci anni, garantendo nel contempo anche una crescita fondamentale per tutto l’ambiente: “Grazie a quel successo, con il livello raggiunto dalla dirigenza, dallo staff tecnico e dalla rosa, acquisii la consapevolezza che avremmo potuto imporre un ciclo vincente che durasse nel tempo. Anche questo ci ha portati poi a vincere tre scudetti, quattro coppe nazionali e due supercoppe, con la finale di Intertoto persa contro il Lens. Non solo è cresciuto il club durante questi anni, ma io stesso sono maturato in questo ruolo. Nella prima parte della mia carriera ho fatto alcuni errori d’inesperienza: ricordo che una volta esonerai un allenatore che veniva da quattro vittorie ed un pareggio e sono sicuro che ancora oggi non riesca a spiegarsi il motivo di una scelta così drastica”.

In chiusura è quindi il momento di dedicarsi alla delicata sfida di domenica sera: “Sono abbastanza fiducioso, durante la stagione abbiamo avuto modo di dimostrare il nostro valore che personalmente considero superiore a quello della Steaua. Potremo contare sul calore del nostro pubblico, dove quest’anno in 16 partite su 17 non abbiamo neanche subito gol oltre ad essere ancora imbattuti, anche se una piccola preoccupazione me la dà la squalifica di Petrescu. Lui è quel tipo di allenatore, un po’ come Simeone o Conte, che spinge i suoi calciatori grazie al grandissimo carisma e per questo sarà un test importante anche per misurare la maturità di questa rosa”. Vincere contro la Steaua Bucarest significherebbe dare lo strappo decisivo ad un campionato vissuto da assoluti protagonisti e che oltre a regalare la possibilità di conquistare il quarto scudetto negli ultimi dieci anni, significherebbe riprendere il proprio posto nella massima competizione europea. Lì dove il presidente Mureșan, lavorando giorno dopo giorno da quasi vent’anni, vuole che il Cluj rimanga ancora a lungo.

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