Il calvario e la rinascita. Cazorla: "Ho pensato di smettere"
E' iniziato tutto nel 2016, ai tempi dell'Arsenal. E' finito lo scorso 18 agosto. Ventuno mesi e 668 giorni dopo.
Il calvario di Santi Cazorla è ormai (finalmente) un ricordo. Brutto, apparentemente infinito. Fatto di sofferenze, pensieri di non poter tornare mai più in campo. "Non riuscivo neanche a correre".
Undici operazioni con dettagli da brividi che lo spagnolo ha raccontato in una lunga intervista al Daily Mail: "Sono come un puzzle, ci sono parti di me in posti in cui non dovrebbero essere".
Un'infezione batterica alla caviglia gli ha fatto diventare l'osso come "di plastilina, l'aveva quasi mangiato".
La ricostruzione è passata per 11 interventi con un trapianto di pelle dal braccio, nel punto in cui c'era (e c'è ancora, ma ormai solo in parte) un tatuaggio.
"Prima hanno preso parte della pelle sulla coscia e me l'hanno mesa nel braccio. Questo per coprire l'arteria, perché dovevano prendermi la pelle dal braccio per mettermela sul piede.
Così mi hanno fatto un tendine nuovo. Ma il primo a dare la colpa a me stesso sono io, perché ho deciso io chi mi doveva operarmi. Sarei dovuto venire in Spagna dal primo giorno, non posso incolpare nessuno".
Tornare indietro a quel momenti non è facile nemmeno adesso. Troppa sofferenza, anche solo nel ricordare quel periodo in cui però non gli è mai mancato l'affetto e la vicinanza della famiglia.
"Più passava il tempo, più stavo male. Tutto è andato avanti fino alla gara contro il Ludogorets, nell'ottobre del 2016, dove piansi dal dolore. Io ho una soglia davvero alta, ma in quel momento non potevo più sopportare nulla.
La mia famiglia mi ha dato la forza per andare avanti, lo dico sempre. Loro mi dicevano, "dai Santi, hai passato anni a combattere. Non puoi mollare tutto perché oggi sei un po' giù!". Si sono trasferiti in Spagna dall'Inghilterra".
Proprio lì, in Spagna, finalmente Cazorla ha poi trovato la via del recupero. E da questa estate la rinascita con il ritorno al Villarreal, squadra a cui "sarò sempre grato". Non ne ha dubbi.
Anche perché "ho combattuto per tutto questo e ora devo sfruttarlo al meglio!".