Viaggio nel settore giovanile del PSV: “Abbiamo investito molto nelle infrastrutture”

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“Per giocare qui devi volerlo davvero”. La nostra chiacchierata con Ernest Faber inizia con questa premessa. Chi indossa la maglia del PSV porta sulle spalle una storia e una tradizione da rispettare. E’ questo che insegnano ai più piccoli, perché a Eindhoven i giovani sono il cuore del club. 

 

Nelle giovanili del PSV

 

Per Ernest Faber il PSV è casa: venti anni da calciatore tra il 1984 e il 2004, altri diciannove da allenatore dal 2004 al presente. Adesso è il direttore dell’academy del club: Le giovanili sono fondamentali per noi. Ogni paio di anni abbiamo bisogno di vendere un nostro talento nei top campionati europei, per questo l’academy diventa importantissima” racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com.

 

 

Prima il settore giovanile e poi tutto il resto. Un po’ per necessità economiche, un po’ per portare avanti una lunga tradizione: poco importa, perché il PSV ha costruito così una delle migliori academy d’Europa. “Abbiamo investito tanto nelle giovanili, le infrastrutture, i nostri allenatori. Tutto ciò ha alzato il livello del club. Speriamo di poter portare sempre più giocatori in prima squadra”.

 

Ma quali sono i loro segreti? “Lavoriamo su tanti aspetti. Vogliamo formare calciatori ma anche uomini fuori dal campo. I nostri giovani prendono parte anche a progetti sociali e devono studiare: se un ragazzo non riesce ad arrivare ad alti livelli deve essere pronto a intraprendere un’altra carriera”. E poi c’è un principio da rispettare, che a Eindhoven lo trovate scritto su tutti i muri: “Eendracht maakt macht”. L’unione fa la forza. Bisogna creare un senso di unità e unicità, anche in campo: “Nella nostra visione è importante creare uno stile di gioco unico dai più piccoli fino alla prima squadra. Investiamo tanto nella nostra identità e anche nella comunicazione”.

 

 

Per il PSV, però, la parte più importante è lo scouting. I migliori talenti non si trovano per caso: “I nostri allenatori sono per primi i nostri scout. Guardano tante partite, si informano su tanti giovani. Poi c’è un team che si occupa dello scouting, analizzando dati e viaggiando in giro per il mondo”. 

 

Da Gakpo e Depay a Scamacca: i gioielli passati da Eindhoven



Ernest li ha visti crescere. Chi è arrivato da bambino, chi qualche anno più tardi, chi da grande ed è andato subito via. Aneddoti, retroscena, i loro punti di forza; ricorda tutto di tutti, come se fossero suoi figli. Ma quando parla di Gakpo e Depay i suoi occhi trasmettono qualcosa di diverso: “Hanno sempre saputo cosa fare per arrivare ad alti livelli, imparavano qualcosa da ogni singola persona che lavora qui. Riuscivano a crescere e migliorare settimana dopo settimana, volevano arrivare in prima squadra il prima possibile. Cody è arrivato qui a nove anni, è di Eindhoven. Memphis è arrivato un po’ dopo da Rotterdam: lo abbiamo visto giocare col nostro team di scout e lo abbiamo portato al PSV”.

 

 

Ma anche in Italia ci sono giocatori venuti fuori dalla miniera di Eindhoven: il primo è Scamacca. “Quando è arrivato qui era un buon attaccante. Ricordo che per lui non è stato facile ambientarsi all’inizio”. E poi c’è Gudmundsson, che si è preso in braccio il Genoa nella sua prima stagione in Serie A: “Il nostro modo di lavorare permette di formare giovani capaci di adattarsi a ogni campionato. Ho visto tanti talenti da queste parti, è bello rivederli ad alti livelli”.

 

 

La chiamata si chiude parlando di di quei giovani che hanno avuto meno fortuna: “Credevamo tanto in Bakkali. Ora non è al livello che ci aspettavamo, ha avuto diversi momenti difficili. Anche Ihattaren era un grande talento”. I ricordi lasciano spazio ai prossimi obiettivi: continuare a vincere e farlo con i propri ragazzi. Per il PSV sono due cose che vanno di pari passo.



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