Che fine ha fatto? Moda, panchina e Dostoevskij. Nel nuovo mondo di Falsini

“Sono affascinato dall’arte futurista, avanguardista. La moda non è altro che arte. Dopo un decennio a mio avviso davvero buio, adesso noto con piacere che l’alta moda ha ripreso la grande tradizione italiana che si era quasi interrotta dopo gli anni ‘90. Oggi, a differenza di un tempo, sono molto più affascinato dai grandi artigiani del settore. Mi piace vedere l’arte in ogni capo d’abbigliamento, nonostante quel processo di globalizzazione che ormai ha reso anche questo settore come una semplice catena di montaggio”.

Nei suoi anni a Reggio Calabria, Gianluca Falsini veniva chiamato ‘Il Conte’: “Proprio per la mia passione per la moda, che all’epoca però era molto più esasperata anche perché ai tempi ero fidanzato con una stilista”. La leggera cadenza toscana lascia spazio a una fragorosa risata. Ma poi il discorso torna subito serio: “La bellezza salverà il mondo”, aveva ragione Dostoevskij!”. Un concetto che per Falsini è una vera e propria religione. Che si tratti di un capo d’alta moda, un buon libro, un dipinto o un campo di pallone.

L’AVVENTURA IN PANCHINA

Dove ancora adesso Falsini – esterno sinistro oggi 43enne con un passato tra altre tra Parma, Hellas Verona e Reggina – insegue la sua perfezione, nonostante la carriera da calciatore sia ormai un ricordo. “Ho smesso nel 2010 e con orgoglio ti dico che nelle ultime due stagioni ho vinto due campionati: uno di C1 con il Padova, l’altro di Eccellenza con il Legnago”, racconta a GianlucaDiMarzio.com lo stesso Falsini. Che oggi di mestiere fa l’allenatore: “Sette anni di settore giovanile, anche se avevo iniziato da Direttore tecnico all’Hellas Verona. La mia idea subito dopo aver smesso era quella di fare il dirigente, tanto che ho superato il corso di Direttore sportivo. Poi mi è stata proposto di allenare i giovani e da lì è nata la mia nuova vita in panchina”.

Hellas Verona, Siena, Empoli, l’ultima avventura alla guida dell’U16 della Roma. Un mondo completamente nuovo rispetto alla vita da calciatore. “Perché da allenatore la prima domanda che ti fai è ‘come posso migliorare questi ragazzi’? La risposta per me è sempre una: la cosa fondamentale è creare empatia, provare a ‘entrare nel cervello’ di ogni calciatore. Nel calcio questo per me è un aspetto fondamentale, una caratteristica che ogni allenatore deve avere. Se prima avevo dubbi sulla strada da intraprendere, adesso ti dico con certezza che voglio fare l’allenatore rispetto al dirigente. E sarà così finché sentirò dentro quel gran desiderio di trasmettere tutte le mie competenze”, racconta Falsini.

“SETTORI GIOVANILI ITALIANI: COSA NON FUNZIONA”

Nonostante le difficoltà del calcio italiano: “Io spero che prima o poi qualcuno intervenga realmente nei settori giovanili, perché siamo indietro anni luce rispetto al resto dell’Europa. Ci sono davvero troppe zone d’ombra, troppe carenze. Da noi – prosegue Falsini – si è allenatore degli Under 15-16-17 quasi per hobby, è diventato un lavoro per chi se lo può permettere, per chi magari in passato è stato calciatore e adesso cerca un modo per trascorrere al meglio la giornata. Non si può parlare di lavoro visto che gli stipendi rispetto all’estero sono irrisori, non esiste confronto con i tecnici delle squadre olandesi, spagnole, inglesi. Non c’è formazione. Salvo qualche eccezione, in Italia nessuno investe davvero nei settori giovanili. Io vorrei capire come agli allenatori dei settori giovanili vengano proposti contratti di un anno, quando la continuità in questo settore è un aspetto fondamentale”.

L’altro è un vero e proprio cavallo di battaglia di Falsini: “Ma come si fa a giudicare il lavoro svolto da un allenatore del settore giovanile in base ai risultati di campo ottenuti dalla squadra? Quello che realmente conta è riuscire a trasmettere competenze a un ragazzo per avvicinarlo il più possibile alla Prima squadra. Io, credimi, proprio non riesco a spiegarmelo questo”, racconta.



UNIVERSITA’, CALCIO E UNA NUOVA AVVENTURA: “PRONTO AL GRANDE SALTO”

L’avventura alla guida dell’U16 della Roma finita la scorsa estate (“Dispiace, stavo facendo un ottimo lavoro insieme ai miei ragazzi ), adesso Falsini è pronto al grande salto: “In passato ho avuto molte occasioni di allenare la Prima squadra di diversi club, ma non mi sentivo pronto, non avevo la certezza di avere ancora acquisito le giuste competenze. Adesso invece sì, sento che è arrivato il momento e sono pronto ad accettare questa sfida appena arriverà l’occasione giusta”.

Nel frattempo… “Vivo nella mia Arezzo e voglio approfittare di questo momento senza calcio per provare a ultimare l’Università (è iscritto in Scienze della Comunicazione, ndr). Sto facendo il Master UEFA Pro a Coverciano e guardo almeno 2/3 partite al giorno. Nei prossimi giorni inizierò un tour in giro per l’Italia che mi porterà ad assistere da vicino agli allenamenti tra le altre di Juventus e Sassuolo. Mi piace vedere da vicino le metodologie che utilizzano, la continua ricerca del miglioramento per me è fondamentale. De Zerbi mi incuriosisce molto, lo ringrazio per avermi aperto le porte dei suoi allenamenti”, racconta Falsini.

“SACCHI UN VISIONARIO. RONALDO ERA TROPPO PIU’ FORTE”

Passione allenatore acquisita dai grandi maestri del passato: “Senza voler disconoscere le qualità degli altri, ho avuto la fortuna in carriera di essere stato allenato da Prandelli, Malesani, Ulivieri, Nevio Scala a cui devo moltissimo. E poi da Arrigo Sacchi”. Allenatore che merita in capitolo a parte. “Il primo anno a Parma l’ho avuto da allenatore, nel secondo invece da direttore tecnico. Un visionario, Arrigo. 20 anni fa ci faceva fare le stesse esercitazioni che si vedono ancora oggi nei campi d’allenamento in Serie A. Io l’ho conosciuto quando ormai era arrivato alla fine della sua carriera dal punto di vista psicofisico, ma le sue idee sono incredibilmente attuali. E poi, credimi, non ho mai visto una persona così umile ed educata”, ricorda Falsini.

Aneddoti immancabili. “Una volta fermò un’esercitazione e si avvicinò a me urlandomi di tutto. Credevo di aver fatto chissà quale errore gravissimo, invece mi disse che avevo sbagliato la mia posizione in campo di nemmeno 60 cm”. Risata e ricordi di anni bellissimi della sua carriera: “Ho avuto la fortuna di vincere una Coppa Italia con il Parma e di giocare al fianco di campioni straordinari. I più forti con cui ho giocato? Buffon, Thuram e Cannavaro. Come avversario, invece, nessun dubbio: Ronaldo il Fenomeno. Il suo modo di giocare era di una bellezza sconvolgente. Era troppo più forte di tutti gli altri. Il vero dispiacere è che sia durato pochi anni a causa degli infortuni”.

“REGGINA NEL CUORE E NON SOLO". I RICORDI DA CALCIATORE

299 presenze tra i professionisti, 167 solo in Serie A. Falsini apre l’album dei ricordi: “A Reggio Calabria ho vissuto anni bellissimi, è un popolo che porterò per sempre nel mio cuore. Al ritorno dallo spareggio salvezza vinto contro l’Atalanta a Bergamo, c’erano oltre 20 mila persone ad aspettarci all’aeroporto alla 3 di notte! Ho ricordi bellissimi di Parma, dei miei anni all’Hellas Verona, ma anche a Padova, senza dimenticare il mio primo campionato vinto con il Monza, dalla C1 alla B. Ero un ragazzino, che felicità!”. Gioie e dolori: “Perché i momenti difficili come ad esempio quello vissuti a Catania, dove ho fatto causa vincendola alla società per mobbing, mi hanno fatto vedere l’altra faccia di questo mondo, mi hanno aiutato a crescere”.

Tante soddisfazioni e anche qualche rimpianto: “Sfiorai la Nazionale con Trapattoni, eravamo in ballottaggio io e Coco. Poi grave infortunio e sogno sfumato…”. La voglia di continuare a migliorarsi e stupire, invece, in Gianluca Falsini è viva più che mai. Oggi come allora. In attesa della chiamata giusta per fare il grande salto in panchina. L’ennesimo viaggio verso la ricerca estrema della bellezza. La bellezza che salverà il mondo. Google Privacy