Gasperini e il ritorno a Genova: "Domenica rischierò di sbagliare panchina: per me non sarà mai una partita come le altre"
Ritorno al passato. Gasperini domenica alle ore 15:00 affronterà quello che per 7 anni è stato il 'suo' Genoa. Tante emozioni e tanti ricordi torneranno alla mente, con il pericolo di sbagliare panchina, come successe a Trapattoni a Torino: “Il rischio c’è. Dirò a qualcuno di starmi dietro”.
Quella contro il Genoa non sarà mai una partita come le altre: “Certo che no. E’ stata una settimana molto particolare, di grande emozione. Genova e il Genoa rappresentano molto per me, ma è chiaro: quando inizierà la partita tutto cambierà. E’ il nostro mondo”.Difficile controllare le emozioni prima di una sfida così: “Mi sono buttato sul lavoro, è una partita delicata e difficile, più importante per l’Atalanta che per il Genoa. Giocare a Marassi ha sempre un tasso di difficoltà elevato. Conosco bene i ragazzi che avrò difronte e la mia squadra dovrà stare attenta e concentrata a tutti i movimenti - dichiara Gasperini nella lunga intervista al Secolo XIX”.
E se l’Atalanta dovesse segnare, esulterebbe Gasp? “Il discorso è più complesso. Intanto domenica il Genoa sarà mio avversario, ma non un mio nemico e per quanto il rapporto con i rossublu possa esse speciale, lo sport prevede che chi vince sia contento è giusto: io oggi sono impegnato con l’Atalanta e lavoro affinché la mia squadra vinca. E’ normale che chi vince esulta. Quello che importa è il terzo tempo, il rapporto con le persone oltre i 90 minuti”.
Il Clima a Genoa non è dei migliori: “Vedere la contestazione specie in tifoserie più importanti è sempre un dispiacere, ma da lontano si ha una percezione diversa e credo che il Genoa saprà ripartire. Non rischia, è una situazione maggiormente interna. Negli anni abbiamo fatto tanto, e la crescita tecnica si è interrotta con l'Europa, nonostante l'ottimo piazzamento. Credo sia questa situazione che abbia finito per esasperare gli animi. Il tifoso si aspetta che dopo aver realizzato così tante plusvalenze qualcuno si possa trattenere. E se poi i risultati non arrivano..."
E il rapporto con Juric? "L'ho sentito, tra noi c'è fortissimo affetto e sa bene che io sarò sempre presente. Per un periodo è vero non ci siamo sentiti, ma perché non volevo essere ingombrante. Ma ora che non è felice, ci siamo riavvicinati." Anche l’Atalanta all’inizio si trovava in una situazione simile: “Ogni situazione ha la sua storia, a Bergamo però la cosa non è stata così improvvisa, la mia non è stata una mossa della disperazione, ma il frutto di un lavoro cominciato in estate. Anzi l’Atalanta mi ha convito perché vedevo queste premesse e con qualche giornata di lavoro l’abbiamo messe in pratica. Prima Kessiè, poi Petagna e Conti, infine Gagliardini". Proprio Gagliardini è andato via a gennaio, come spesso succedeva con i migliori al Genoa: “Ci sono delle differenze, a Genova succedeva per necessità, Preziosi mi diceva che doveva vendere per delle esigenze fondamentali di bilancio, perché a giugno bisognava pagare gli stipendi. Era una necessità e seppur a malincuore la capivo”.
Invece all’Atalanta: “Qui si è svelata la grande disparità che domina il calcio italiano. L’enorme differenza tra un piccolo gruppo di società e tutte le altre. Come poteva la società rinunciare ad un’offerta così importante, ricevuta per un ragazzo che aveva disputato 10-11 partite in Serie A? Certe cifre ti garantiscono una difficoltà che sennò avresti difficoltà a trovare. Sempre per quella esagerata e insopportabile direi immorale, disparità di cui parlavo. Con quella cessione l’Atalanta avrà benefici per qualche anno”.
Poche differenze tra le due realtà che domenica si affronteranno: “Qui non c’è niente di più, sono due situazioni diverse e insisto nel dire che io a Genova ho avuto tantissimo, grandi esperienze e grandi gioie. A Bergamo esiste un centro sportivo fantastico dove io e i ragazzi passiamo quasi tutta la giornata: credo sia un’eccellenza nazionale. E poi la società è sempre attenta ai giovani, per carità anche a Genova c’è stato un lavoro efficace e il lavoro di Sbravati ha consentito di crescere ragazzi meravigliosi come Perin, Sturaro, Mandragora, El Shaarawy. Ma l’Atalanta ha fatto una sua politica precisa, strutturata”.