Frosinone, inizia l’era Baroni: “Vigore, entusiasmo e convinzione”
Voce bassa, maglione a collo alto e giacca marrone. Marco Baroni inizia la sua nuova avventura da allenatore del Frosinone in punta di piedi. Sono passati 14 mesi dal suo esonero a Benevento. Il 23 ottobre del 2017, dopo nove sconfitte consecutive, lasciò la panchina a Roberto De Zerbi. Oggi, a 55 anni, ne ritrova una grazie a una vittoria del Sassuolo del suo successore. “Ho sofferto tanto a restare fuori. Mi mancava tutto, anche l’aria”, le sue prime parole nella conferenza di presentazione. “Ho grande rispetto per Moreno Longo. Capisco come può sentirsi adesso perché ci sono passato poco più di un anno fa, questo è il calcio”.
Toni pacati, com’è nel suo stile. La sicurezza di ripartire da un contratto di un anno e mezzo che gli garantisce un posto anche per la prossima stagione. Adesso tocca a lui far sì che sia un’altra corsa in serie A. “Non ho un’idea tattica da imporre. È vero che le mie squadre hanno spesso giocato con la difesa a 4, ma nelle giovanili della Juve ho avuto ottimi risultati stando a 3. Non è il modulo il problema principale oggi. C’è da ritrovare vigore, entusiasmo e convinzione. Voglio un gruppo mai domo”.
Parole dette piano, come farebbe Marcelo Bielsa, “un allenatore che sono andato a conoscere a Leeds in questi interminabili mesi di riflessione. Ho imparato tanto facendomi i giusti esami di coscienza, questa è una grande opportunità per ripartire. Questo stadio è un gioiello, sono impressionato dalla sua bellezza”.
Baroni eredita una squadra al penultimo posto in classifica, con 8 punti in 16 gare e un ambiente depresso. Un pubblico che – come sottolinea il presidente Stirpe – ha giocato una parte importante nel cambio in panchina: “L’esonero di Longo è dovuto a un’incompatibilità ambientale. Quando vieni randellato continuamente, perdi lucidità e intensità. È stata una decisione sofferta, forse non la migliore ma l’unica plausibile in questo momento. Domenica nella riunione post partita l’ho criticato per il cambio di modulo dopo il primo tempo, ma non è certo questo il motivo dell’avvicendamento. Ringrazio Moreno per averci riportato in serie A. Che qui è un’eccezione, non la regola”.
È un Maurizio Stirpe chiaramente amareggiato a parlare. Ha ancora in testa i cori di scherno alla squadra e all’allenatore di tre giorni fa. “C’è un eccesso di aspettativa nell’ambiente. Da qualche settimana c’è un atteggiamento cafonesco e giustizialista che non rende merito ai sedici anni di questa presidenza. Ricordatevi l’erba alta del Matusa quando siamo arrivati e guardate dove siamo adesso. Mica siamo il Real Madrid. Il nostro obiettivo è restare fra le prime 30-40 società d’Italia. Più di questo è impossibile, meno è molto probabile”.
Uno sfogo amaro ma nessuna bandiera bianca. Fedele al motto societario “ferocior ad bellandum” – più feroci nel combattere – il presidente, sotto lo sguardo d’assenso di Baroni, ribadisce l’impegno nel mercato di gennaio. “Faremo operazioni in ogni reparto. E li faremo anche in caso di sconfitta a Udine o nelle partite successive. Lo abbiamo deciso dopo la sconfitta a Milano con l’Inter, non faremo marcia indietro”.
Togliere alibi a tutti e dare garanzie alla nuova guida tecnica. Baroni annuisce e ascolta attento le parole di Stirpe. Scalpita per andare a conoscere i suoi giocatori. Ne ha già allenati tre: Zampano, Salamon e Chibsah. Con quest’ultimo ha vinto un campionato a Benevento. La sua ultima gioia, prima di quello 0 in classifica che lo ha condannato a 14 mesi di riflessione. Ieri ha sciolto il vincolo con Vigorito e adesso riparte. “Non vedo l’ora di salire sul pullman per Udine. Mi cibo di entusiasmo. Lo voglio trasmettere ai ragazzi. Possiamo fare tanto insieme”.
Non ha la comunicazione di Mourinho, né la teatralità di un cerimoniere. Vuole solo andare in campo e togliere quello zero dai punti conquistati in serie A. Sabato sarà la sua decima panchina nel massimo campionato. La prima per inseguire un obiettivo che oggi sembra un’utopia. Baroni ama il mare ed è salito su una nave in tempesta. Può essere rischioso. Ma restare al molo a guardare le navi partire, era senz’altro più doloroso.