Pradé: "La mia lotta al coronavirus. Tanta paura, ma ora ripartiamo"
“Ho vissuto il Covid in prima persona”. L’annuncio è di Daniele Pradé a “Il calciomercato che verrà”, il programma di Sky condotto da Luca Marchetti e Gianluca Di Marzio (con replica oggi alle 20.30). Il direttore sportivo della Fiorentina ha raccontato i suoi 48 giorni da incubo. “Il mio primo pensiero va a tutte le famiglie che hanno perso in modo tragico i loro familiari, non hanno potuto dare una carezza, bacio, non hanno potuto fare il funerale. Niente. Io mi sento quasi un messaggero, e il mio messaggio è uno: positività. Nella nostra famiglia, si sono ammalati in 9, il virus l’ho portato in casa io: mia moglie, mia figlia, i miei cognati e i nipoti. E soprattuto ai miei suoceri, per cui ho avuto molta paura. Sono stati ricoverati trenta giorni, e per fortuna sono stati allo Spallanzani, uno dei migliori centri al mondo per questo virus”.
“Un virus subdolo, bastardo. Fa male. Non riesci ad alzarti dal letto, hai febbre alta, sudore, diarrea, tosse. E la preoccupazione diventa tanta: quando vedi che le persone intorno a te si ammalano, e poi addirittura arriva l’ambulanza per ricoverare i tuoi suoceri, senti davvero cose che ti toccano in primo piano. Per fortuna l’abbiamo passata e io sarò sempre un portavoce sulle misure da seguire”.
"Il calcio deve ripartire"
A Firenze, continua, “abbiamo avuto tanti casi: ci siamo chiusi appena è successo tutto, con tutte le precauzioni. Come la Sampdoria. Solo che non c’erano tamponi, non c’era il test sierologico: il virus era in casa nostra e lo abbiamo sviluppato in tanti. Ma quando hai precauzioni e accorgimenti, sai che puoi ripartire. E io lo dico, sarò testimone di questo: il calcio sarà un veicolo giusto per la nostra nuova vita, perché con il virus dovremo convivere. È importante riprendere a giocare: dopo le pandemie c’è una rinascita, si riparte dalle cose popolari. E il calcio lo è. E al di là del fatto che ci lavorino in tanti, è parte della nostra vita, della nostra socialità. Deve ripartire”, afferma. Con grande convinzione.
L'affetto della Fiorentina e il contratto
I temi toccati sono tanti, il calcio gli è stato vicino: “Ed è la dimostrazione che non sia un mondo brutto, come a volte si dice. Tutti sapevano che fossi stato male, compresi i giornalisti. Ed è stata rispettata la mia privacy, mi ha fatto molto piacere. Come ho apprezzato la famiglia Lotito, che mi è stata molto vicina”. Ma c’è l’amore per la Fiorentina prima di tutto. E della Fiorentina. “La famiglia Commisso mi chiamava tutti i giorni, Joe Barone tre volte al giorno. E poi è successa una cosa: a Pasqua ho ricevuto l’offerta di rinnovo contrattuale. Era una giornata particolare per me, mia suocera non stava bene, mi ha commosso. Se l’ho riportato firmato? Non serve più firmarli” ride.
Il calciomercato
Come riprenderà il lavoro, ora? “Dovrà tornare alla normalità, nel tempo. Skype e il telefono non vanno, non sono strumenti adatti: ci dobbiamo vedere. Staremo a distanza, certo, in attesa di poter stare meglio”. Pensando al mercato: “La Fiorentina è forte e sana economicamente, come tutte le società del mondo dovremo stare molto attenti ai bilanci e a quel che si farà, ma non abbiamo necessità di svendere”. Un messaggio per tutti. “I giocatori importanti non si svalutano, così come le case durante la crisi immobiliare. Perderà valore il giocatore medio, e per noi è un bene: non sarà più un mercato gonfiato come negli ultimi due anni. Chiesa? Ha un rapporto buonissimo con noi, così come Vlahovic, Milenkovic, Castrovilli. La Fiorentina deve essere un punto di arrivo, non di partenza: qui non si resta contro voglia. Ma tutti stanno capendo che c’è stato un cambiamento di direzione, che si vuole diventare competitivi".
Sul futuro di Iachini
"Il presidente, uomo geniale, ha investito 70 milioni per il centro sportivo, ha speso tanto per questo gennaio, già pensando al prossimo anno. La dirigenza non è qui per investire, ma per costruire qualcosa di importante, lasciare un segno per la città. Iachini e Ribery? Con l’allenatore c’è un grande rapporto. Ci siamo detti che a fine stagione ci saremmo seduti per studiare insieme la situazione migliore, siamo molto felici di come ha lavorato, la squadra stava facendo bene prima della pausa. Franck è contentissimo di stare qui, ha fatto crescere tanti giovani, che l’anno prossimo saranno più maturi grazie a lui”.
L’obiettivo è chiaro: “Vogliamo alzare l’asticella. Sensi mi diceva sempre che di allenatori, giocatori, dirigenti nel calcio ce ne sono tantissimi. Di presidenti che spendono soldi, pochissimi”. E poi si vuole lottare per far ripartire il calcio dopo questi mesi bui. “Ho scelto proprio una trasmissione sportiva per parlare del virus, perché voglio dare un segnale. Noi siamo stati in 9 contagiati, è già considerato un piccolo focolaio. Io avuto paura per i miei parenti, che non ce la facessero. È una cosa emotivamente molto forte, e posso dire che ho anche avuto il senso di colpa: se fossi rimasto a Firenze, magari, non si sarebbe ammalata la mia famiglia. Ma stavo benissimo quando sono tornato, non sapevamo quale fosse l’incubazione del virus. Ora sono pronto a ripartire, sono fisicamente stanco ma mentalmente carichissimo. Il calcio come sarà? Uso una parola tanto cara a Firenze: Rinascimento. Vivremo quel periodo, di rinascita. Per tanti aspetti. Anche di valori”.