Muriel, il ragazzo con la fisarmonica diventato Fenomeno
Fra i barrios di Santo Tomàs, probabilmente, non lo sopportava nessuno. Le urla di un bambino squarciavano il silenzio di un piccolo comune di 25mila abitanti, che diventa il centro della Colombia solo a Carnevale. Fra i più belli al mondo, secondo solamente a quello di Rio. Maestoso agli occhi di un piccolo Luis Muriel che, paonazzo in volto, passava le giornate a vendere le frittelle della nonna e la Yuca, la manioca. In famiglia lavorava solo papà, che usciva di casa la mattina presto e vi rientrava la sera tardi. Nel mezzo ore e ore passate sul taxi. Uno dei mestieri paradossalmente più pericolosi in Sud America, le aggressioni sono all’ordine del giorno.Servivano soldi dunque. Luis ha solo dieci anni, ma non sta mai fermo. Gli piace il basket, adora il baseball. Ama il calcio e per allenarsi deve farsi 25 chilometri di pullman, pagando il biglietto di tasca sua. Destinazione Barranquilla, la maglia è quella dell’Atletico Junior. Lì ha giocato anche il suo primissimo idolo, Ivan Valenciano. È un attaccante, in patria un fenomeno. Qualche anno prima ha vinto due campionati, chiudendo capocannoniere per tre volte. Ha provato anche un’esperienza all’Atalanta, stagione 1992-93. Solo cinque partite, un disastro.
Oggi gli amici di sempre lo chiamano proprio Valenciano. Quando riceve palla, si gira e parte come faceva lui. Ad una vacanza a Dubai o alle Maldive, Muriel preferisce sempre tornare a Santo Tomàs. Le partite a calcio, le albe seduti fuori di casa, i balli, la musica. Sì, la sua seconda passione, che lo accompagna in macchina e in palestra. Perché, se ai piedi aveva sempre un pallone, in mano non mancava mai l’acordèon, la fisarmonica. Simbolo del Vallenato, il genere suonato dalla sua gente. E da suo padre, al quale ha comprato un taxi nuovo con i primi contratti ma che adesso non guida più. Insieme ai fratelli di Luis, infatti, gestisce un ristorante tipico del posto e un maneggio, dove i cavalli sono curati dal fratello più grande, che fa il veterinario.
Luis non è più quello che aiutava lo zio, controllore nei pullman. Quello che, vergognandosi di urlare come un pazzo, aveva cominciato a vendere i biglietti della lotteria. E’ diventato orgoglio della Colombia. Ha cambiato anche idolo. La colpa è di You Tube, lui va pazzo per la tecnologia e si diverte a guardare i video di Ronaldo il Fenomeno. Un giorno è in albergo insieme a Cuadrado. Si deve giocare Cile-Colombia di Coppa America. E’ nella Hall, l’ascensore si apre è spunta proprio il brasiliano. Luis è paralizzato per l’emozione, non riesce a dire nulla. Conserva una foto di quel momento, merito di Cuadrado che gliela scatta senza pensarci due volte.
“Sai chi segna così? Ronaldo”
Già, Ronaldo il Fenomeno. Una vita vissuta con il peso di questo paragone. Riavvolgiamo il nastro. Muriel passa dall’Atletico Junior al Deportivo Cali. E’ un talento, tanto che nel 2011 la Colombia lo convoca per il Sub 20. L’Udinese ha il bellissimo vizio di affidarsi ai suoi osservatori, che di solito si spartiscono i paesi del Sud America. In Colombia ci finisce Robero Policano, che rimane a bocca aperta davanti a questo ragazzo così maledettamente veloce e tecnico allo stesso tempo. La Colombia viene eliminata ai quarti, Muriel fa quattro gol in cinque partite. Quanto basta per convincere Pozzo, che lo porta ad Udine e lo gira al Granada prima, al Lecce poi.
In panchina, in Puglia, trova Di Francesco. Uno che di giovani ne capisce, ma la scintilla non scatta. Il Lecce gioca con una sola punta e si affida all’esperto Di Michele. Poi i risultati non arrivano ed Eusebio viene sostituito da Cosmi. Cambia tutto, Serse impazzisce per questo ragazzo e decide di giocare con il 3-5-2. Morale della favola, i gol di Luis a fine anno saranno sette. Uno lo segna a San Siro, anche se l’Inter vincerà 4-1. Thiago Motta si fa scippare la palla da Obodo, che lancia il compagno in profondità. Controllo di sinistro, rientro sul destro. Muriel manda fuori giri Lucio e Maicon, battendo un incolpevole Julio Cesar.
“Sai chi segnava così? Ronaldo. Tu mi ricordi Ronaldo”. Glielo dice Cosmi mentre i due sono in albergo, in ritiro davanti alla televisione. Rimandano il gol segnato ai nerazzurri, Luis reagisce scoppiando in una fragorosa risata. Che bella Lecce, gli ricorda la sua Colombia. Il clima, il calore della gente. Lo spogliatoio lo tratta benissimo, anche perché lui si fa volere bene. E’ giovanissimo, ma niente affatto timido. Sempre con il sorriso stampato sul volto, un’allegria che viene meno solo alla fine.
All'ultima giornata Vacek trova infatti il suo primo gol in Serie A, il Chievo vince 1-0 e condanna il Lecce alla Serie B. Muriel è lì in prestito. Lo aspetta un’estate di mercato emozionante. Sicuramente farà rientro ad Udine, si parla già di Milan e Inter. Ma l’allegria lascia il posto alle lacrime. Si dispera come un bambino, soffre. Sicuramente per il risultato, un po’ anche perché si sta per aprire una nuova pagina. Niente più musica a palla e balletti negli spogliatoi con Giacomazzi e Piatti. Cuadrado non busserà più alla porta di casa sua per uscire insieme la sera. Delle volte lo faceva aspettare mezz’ora, maledetta timidezza.
La bilancia di Guidolin, l’amore per la Samp
Ad Udine non c’è più Cosmi che gli dice “Vai e divertiti”. Al suo posto Guidolin, che lo vuole più impegnato in copertura. Alla prima uscita stagionale Luis fa il fenomeno: ne segna quattro in amichevole all’Arta Cedarchis, ma a fine partita zero complimenti, anzi: “Se vuole parlare con me, deve perdere almeno cinque chili” ruggisce l’allenatore.
Fa terribilmente freddo, altra cosa che non lo rende felice. La società si affida ad Arturo Faillace, un uomo di mezza età che era diventato suo amico ai tempi di Lecce e che Pozzo trasforma in tutor. Lo segue ovunque, aiutandolo a casa e negli aspetti extra calcio. Sale sull’aereo con lui anche quando viene convocato dalla Colombia per evitare che possa perdere il volo di ritorno.
Non che a Udine faccia male, ma Muriel il sorriso lo ritrova a Genova, sponda Sampdoria. Qui assaggia le trofie al pesto, ne rimane incantato. Va a pescare con il padre sugli scogli di Pievre Ligure, riceva visite continue da parte dei suoi connazionali, pazzi della città. Cuadrado in primis, che quando ha un giorno libero non esita ad andare a prendere un po’ di sole. Idem per Bacca e Sanchez. Torna a ballare, in campo e nello spogliatoio. Il suo compagno preferito in tal senso è De Silvestri. Con “Lollo” prova un sacco di coreografie. Nel 2015 esce un tormentone, che gli ricorda la famiglia. Il titolo è “El Taxi”, le voci quelle di Osmani Garcia e Pitbull, di cui cerca di imitare i passi.
In campo con Quagliarella forma una coppia spettacolare. Una volta, all’Olimpico, vanno entrambi in gol. La Samp vince 2-1, poi si fa rimontare dalla Roma che si impone per 3-2. Delusione, un’unica grande soddisfazione. Segna una rete bellissima, un destro al volo che va ad infilarsi sul palo più lontano. Mentre torna nella sua metà campo ed è girato di spalle si sente dire: “Bravo Luis”. E’ Totti che gli fa i complimenti. Apoteosi.
La porti un bacione a Firenze
La Fiorentina nel suo destino. Già, perché i viola provano a prenderlo per ben due volte. Succede ai tempi di Udine. Un primo tentativo viene fatto quando i due club si incontrano per il pagamento dell’amico Cuadrado. Il secondo quando sulla panchina gigliata c’è Montella. L’Udinese dice due volte no.
L’occasione giusta capita a gennaio. Muriel a Siviglia, quando gioca, segna. Il problema? Che gioca molto poco, colpa di André Silva e Ben Yedder. Gli andalusi lo vogliono cedere, Corvino alza la cornetta del telefono e parte all’attacco. Simeone, infatti, non ingrana. Sembra soffocato dalle sabbie mobili di una stagione maledetta, quella che – prima o poi – tutti gli attaccanti vivono in carriera. Il direttore conosce quello che Luis gli può dare, perché è stato lui a volerlo a Lecce otto anni prima.
La trattativa sembra chiusa, ma il Milan si fa avanti all’ultimo momento. Offre più soldi al Siviglia, che lascia la decisione al giocatore. Muriel preferisce onorare la parola data, ringrazia i rossoneri, telefona a Cuadrado che gli dice "Sì vai" e accetta la Fiorentina. Parte dalla Colombia, fa scalo a Madrid, arriva a Bologna e di lì in auto fino all’AC Hotel di Porta al Prato, accanto al Teatro dell’Opera e al Maggio Fiorentino. Luoghi di arte e spettacolo, proprio come i suoi gol.
Ne segna tre nel giro di mezz’ora in un’amichevole a Malta. Due alla sua prima in A proprio contro la Sampdoria. Bellissimi. Il primo lo vede entrare in area in mezzo a tre difensori con tanto di palla sotto le gambe dell’ultimo, perché così il portiere non la prende mai. Il secondo lo fa raccogliendo il passaggio di Chiesa, liberandosi con il tacco di Andersen, anticipando Murru con la punta e battendo Audero in diagonale. Il Franchi impazzisce, Pioli lo toglie a 15’ dalla fine e sono tutti in piedi ad applaudirlo. Ha solo 27 anni, veterano in una squadra di ragazzini. I viola hanno un'usanza: prima della partita - a girare - qualcuno prende la parola per motivare la squadra. A Verona viene scelto lui. Usa parole bellissime, i compagni lo ascoltano come se fosse uno di loro da una vita.
La Fiorentina segnava con il contagocce, dal suo arrivo fa 16 gol in 4 partite. Lui si ripete con Chievo, Roma, Inter e Atalanta. Sette reti in dieci gare con soltanto otto tiri in porta. Un cecchino. E la scena è sempre la stessa: corsa verso la tribuna e bacio all’indirizzo della moglie Paula e delle tre figlie, perché lo seguono ovunque, anche in trasferta. “La porti un bacione a Firenze” Cantava Odoardo Spadaro. A lui, invece, i tifosi chiedono una cosa: l’Europa, magari passando dalla vittoria della Coppa Italia. La Fiorentina non vince un trofeo dal 2001, da quando Luis andava in giro per le strade di Santo Tomàs gridando come un pazzo. Ne è passato di tempo. La città, adesso, vuole gridare insieme a lui.