Addio “Sindaco”, il calcio piange Fabrizio Ferrigno: aveva 47 anni
La notizia è di quelle che scuote, una doccia gelata che lascia senza fiato. Anche se, purtroppo, del tutto inaspettata non lo è per chi conosceva la battaglia che stava conducendo ormai da mesi. In silenzio, con dignità e senza mai perdere quel sorriso, quell’ironia e quella battuta pronta che lo hanno sempre contraddistinto per tutta la sua esistenza. Fabrizio Ferrigno non ce l’ha fatta, ha perso la partita più importante ad appena 47 anni. Maledetta malattia.
Ma lo ha fatto lottando, a testa alta, esattamente come faceva da calciatore. Un guerriero, quel centrocampista napoletano che a Catanzaro, fascia di capitano al braccio, diventò per tutti il “Sindaco”. Carisma straripante, un gol da centrocampo contro la Sambenedettese entrato di diritto nella storia giallorossa e (tra i tanti momenti indimenticabili) una promozione in Serie B vissuta da protagonista. Ma anche Castel di Sangro, Napoli, Casarano, Reggina, Benevento, Acireale, Padova, Giulianova, Chievo e Pisa. Piazze che oggi piangono qualcosa in più di un “semplice” ex calciatore.
Uomo di calcio, Fabrizio Ferrigno. Uno a cui brillavano gli occhi a parlare di pallone. La sua passione, il suo mondo. Quello che ha continuato a vivere da dirigente una volta smesso di giocare: Milazzo, la promozione in Lega Pro da direttore sportivo con il Messina, squadra per la quale ha lavorato a più riprese, poi Catania e Paganese.
Eletto come migliore direttore sportivo di Lega Pro per la stagione 2016-2017, Fabrizio Ferrigno ha vissuto a pane e calcio fino all’ultimo respiro. Un consiglio, una telefonata, un parere sulle qualità di questo o quel calciatore. E quando una volta, nei corridoi dell’Hotel Melià di Milano – sede di quella sessione di calciomercato – qualcuno gli chiese come mai un dirigente come lui si ritrovasse in quel momento senza un incarico ufficiale per qualche squadra, la risposta fu immediata e come sempre carica di ironia: “Ho fatto troppo bene negli anni precedenti, da ora posso solo peggiorare”. Poi un sorriso, una pacca sulla spalla. Ciao direttore, buon viaggio.