Dalle parole di Spalletti ai gol in Russia, Ponce: “Ora sono maturo”
Nascere a Rosario, esordire a 16 anni con la maglia del Newell’s Old Boys (il più giovane nella storia) nello stadio intitolato a Marcelo Bielsa, condividere lo spogliatoio con figure come Heinze, Maxi Rodriguez e Trezeguet, per poi passare alla Roma e provare a ripercorrere le orme di un altro numero 9 argentino proveniente dalla provincia di Santa Fe. Sembrava l’inizio di una carriera da predestinato. Tante aspettative create, ma poi servono i fatti. “Non ho mai smarrito la mia strada, ma ora sono maturato. Alla Roma ho avuto difficoltà nel diventare un giocatore professionista. Non è andata bene in Francia e in Spagna, ma lo Spartak Mosca mi ha dato questa opportunità e adesso posso godermi questo presente”. Così Ezequiel Ponce a Gianlucadimarzio.com.
Un gol quasi ogni due partite, 10 in 23 presenze in questa stagione per l’attaccante classe ‘97, a sei anni di distanza dal suo arrivo in giallorosso. Nel mezzo le esperienze in prestito Lille, Granada e AEK Atene. La svolta nella sua testa però è arrivata a Trigoria: “Un colloquio con Spalletti mi ha reso più forte. Avevo recuperato da un infortunio e lui mi disse: ‘Non puoi avere spazio nella squadra’”. Fu un colpo duro, ma col tempo ha capito. “Se mi guardo indietro, è grazie a quel discorso che oggi sono qui: ho capito che dovevo migliorare tanto per giocare in una squadra piena di stelle come quella. L’ho accettato e ho continuato ad allenarmi per far sì che possa arrivare una nuova chiamata dall’Europa”.
SABATINI, LA ROMA E QUEL MANCATO ESORDIO CON GARCIA
A portarlo a Roma per 5 milioni nel gennaio 2015 fu Walter Sabatini (o Ualter come lo chiama lui). L’attuale ds del Bologna si era mosso in prima persona per strapparlo alla concorrenza. “Andavo ancora alle superiori quando Sabatini scrisse un messaggio a mio padre per pranzare in un ristorante a Rosario. Disse che aveva preso un aereo apposta per venire a vedermi. Mangiammo insieme e la sera stessa, Walter ha incontrato la dirigenza del Newell’s per comunicare che voleva comprarmi. Da un giorno all’altro mi ha portato alla Roma. Avevo delle offerte anche dall’Atletico Madrid e dal Tottenham, ma il fatto di essermi venuto a trovare di persona mi convinse. In questi anni poi non l’ho sentito. Qualche mese fa ho letto dell’interesse del Bologna e me lo aveva riferito anche un procuratore, ma se fosse stato veramente interessato me lo avrebbe detto”.
Dalla provincia di Santa Fe alla capitale italiana. Dalle visite mediche alla firma, fino alla presenza in tribuna per assistere al selfie sotto la curva del capitano. “È stato emozionante varcare la soglia dello spogliatoio di Trigoria per la prima volta e presentarmi a tutti. Totti all’inizio era molto silenzioso, mentre De Rossi e De Sanctis furono i primi ad accogliermi e a cercare di farmi integrare. C’erano anche Paredes e Iturbe, non ho avuto problemi ad inserirmi. De Rossi parlava spesso di Boca-River, vederlo giocare in Argentina è stato qualcosa di impensabile. Ha realizzato un sogno”.
11 presenze e 10 gol con la Primavera, oltre a 10 panchine in Serie A. I numeri della sua esperienza romana. “Il campionato vinto con la Primavera al ritorno dall’infortunio è il ricordo più bello. Un altro, almeno inizialmente, è stato quando Rudi Garcia mi disse che avrei giocato contro l’Udinese, ma in quella settimana mi infortunai al ginocchio in Youth League dopo aver segnato al Barcellona. Ho avuto poca fortuna, ma questo mi sprona a lavorare sodo per il mio futuro”.
Con i suoi ex compagni in giallorosso è rimasto in buoni rapporti, ma ha preferito mantenere un certo distacco. Un ragazzo riservato El Tanquecito, che ai social preferisce il pallone e la famiglia. I due elementi che lo hanno sempre accompagnato nella sua infanzia. Quasi una rarità per un ventiquattrenne nel 2021. “Ho creato un profilo Instagram da poche settimane, perché sono passato all’agenzia Wasserman e mi hanno consigliato di aprirla per curare la mia immagine. Mi piace, ma preferisco stare con la mia famiglia che passare del tempo sulle app”.
TEDESCO E BIELSA
Dopo quelle parole di Spalletti, nel suo cammino si sta rivelando importante un altro allenatore italiano: Domenico Tedesco. Un altro che è emigrato da giovane. “Mi sta dando fiducia e lo sto ripagando con i gol. Con lui parlo in italiano e questo mi ha aiutato. Partecipo molto alla manovra, mi ha insegnato tanto a livello offensivo. Il suo credo è quello di una squadra che vuole essere sempre protagonista”. Tedesco ha già annunciato che lascerà la capitale russa a fine stagione. “Non lo so dove vorrà proseguire la sua carriera, ma avrà sicuramente delle buone offerte. Le sue squadre giocano bene, prima però speriamo di vincere il campionato”.
Meno fortunata l’esperienza al Lille nel 2017, con l’allenatore a cui era stato intitolato lo stadio dove aveva esordito. “L’ho incontrato quando c’erano molte aspettative su di me. Bielsa chiamò mio padre e io non ci ho pensato due volte”. Ma El Loco venne esonerato dopo appena 13 giornate. “Mi sono goduto i momenti con lui. Era come un professore che ricercava sempre la perfezione per i suoi giocatori. È molto esigente, tutto quello che facevamo durante gli allenamenti era fatto con logica, in funzione della prossima partita”.
DALLA RUSSIA ALL’ITALIA: KOKORIN, GAICH E LAUTARO
Dalla Premier Liga alla Serie A, alla Fiorentina è arrivato il suo ex compagno di reparto Sasha Kokorin. “Non ha trascorso molto tempo con noi. Si vede che è un giocatore con delle qualità, ma è stato fermo per molto tempo. Mi ha sorpreso quando ha annunciato il suo trasferimento perché stavamo pranzando tutti insieme a Dubai: all’improvviso si è alzato e ci ha detto che sarebbe andato alla Fiorentina. Si stava allenando bene e si stava adattando alla squadra, noi comunque siamo contenti perché è andato in un’altra grande squadra”. Mentre al Benevento è arrivato Gaich: “Quando firmò per il CSKA dissi ai miei compagni che era un buon giocatore, poi però non è riuscito ad ambientarsi. In Italia gli stanno dando la possibilità di giocare, ha segnato alla prima da titolare e spero che possa continuare così”.
Ponce non ha dimenticato l’Italia e continua a guardare le partite del nostro campionato, dove l’Inter di Lautaro Martinez è prima in classifica. Proprio con El Toro aveva condiviso lo spogliatoio al Mondiale Sub20, ma lì era Ponce il titolare. “Lautaro non è mai stato la mia riserva. Siamo sempre stati buoni compagni. Sono molto contento per quel che sta facendo all’Inter e vorrei giocarci di nuovo insieme. Si vedeva che aveva molta qualità e tanti gol nelle corde, oltre a quella mentalità da attaccante a cui piace sacrificarsi per i compagni”.
Allo Spartak sta bene, ma se parla dell’Italia sorride. Questione di ricordi e di ambizioni. “Siamo in corsa per vincere il campionato e speriamo di riuscirci per dare una gioia ai nostri tifosi. Voglio lasciare un bel ricordo nel caso in cui arrivasse un’offerta importante”. I sogni più grandi però sono a tinte albicelesti: “La convocazione in nazionale maggiore e vincere qualcosa per il mio Paese, che è tanto che non alziamo qualcosa”. Negli anni l’etichetta da predestinato si è un po’ sbiadita, ma di tempo per realizzare quei sogni ancora ce n’è.
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