Douglas Costa e la sindrome dell'attore non protagonista

"Douglas Costa spacca le partite": si era pronunciato così, qualche settimana fa, Massimiliano Allegri. Detto, fatto. E il brasiliano sta davvero diventando la freccia in più nell'arco dell'allenatore bianconero. Il messaggio è chiaro. Per lo sprint scudetto contro un Napoli indomito e che non molla di un centimetro, la Juventus si affida al suo velocista che sabato, proprio mentre i suoi ex compagni del Bayern Monaco festeggiavano la conquista dell'ennesimo Meisterschale, si è inventato un gol da antologia calcistica a Benevento. Controllo di palla, doppio dribbling in velocità e sassata di sinistro a giro sul secondo palo. Un gol alla... Robben. Sì, proprio lui, suo compagno di squadra in Baviera e, spesso, anche ingombrante rivale nel ruolo.

Douglas Costa ha vinto sette titoli nazionali negli ultimi otto anni tra Shakhtar Donetsk e Bayern. Ora spera di vincere il suo primo scudetto italiano. Il mondo bianconero se lo coccola, un po' come Gigi Buffon, che nel corso del primo tempo di Benevento lo ha abbracciato in panchina. Un gesto, se vogliamo, simbolico. Quasi un'investitura. E infatti nella ripresa, una volta entrato, il brasiliano ha cambiato le sorti di una gara che si stava inaspettatamente complicando. La batosta in Champions League contro il Real Madrid aveva evidentemente lasciato il segno. Anche Douglas Costa era uscito malconcio dalla sfida contro i campioni d'Europa e aveva pure subito un tunnel beffardo da Isco. In campionato, anche se sul campo dell'ultima in classifica c'era dunque bisogno di sgombrare la mente da ansie e paure con uno scatto bruciante dei suoi, quasi a voler dimenticare il più in fretta possibile la buia notte europea dello Stadium al cospetto di CR7.

Douglas Costa si giocherà molto in questo finale di stagione, compreso un posto, che appare però ormai certo, con la Nazionale verdeoro ai prossimi Mondiali in Russia. Dovrà però in ogni caso lottare per ottenere i galloni da titolare. Ma lui è abituato a questo copione, anche se smetterebbe volentieri i panni dell'attore non protagonista. Da sempre è abituato a partire a luci spente, destino valido anche nei suoi primissimi anni allo Shakhtar, quando lo allenava quello che lui chiama "maestro", Mircea Lucescu, che lo volle in Ucraina, folgorato dalle accelerazioni di quel giovane e ancora acerbo talento. "Dovrà affinare la sua conclusione a rete" dichiarò una volta in conferenza stampa. E anche se le medie realizzative non sono alte il tiro a rete è sicuramente migliorato. Benevento docet.

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