De Zerbi: "Sono ambizioso ma non ho l'ansia di lasciare il Sassuolo"

Il dolore per la sua Brescia, la responsabilità di seguire il Sassuolo negli allenamenti domestici: Roberto De Zerbi ha raccontato le sue giornate, ospite di Casa Sky Sport. “Non ero abituato a stare a casa, ma è una situazione obbligata. Io sono di Brescia e sto passando questi giorni a casa. La situazione è fin troppo distante la realtà. Abito vicino l'ospedale e il numero di elicotteri che trasportano malati è incredibile. La situazione è tragica” ha detto l’allenatore degli emiliani. “Ci sentiamo ogni giorno al telefono con i giocatori, chiaramente chi è con la famiglia è avvantaggiato. Mogli e figli ti permettono di stare meglio. C'è qualcuno che è solo e finirà questo periodo solo senza andare a casa. Per loro siamo un po' più preoccupati. Cerchiamo di stargli vicino il più possibile. Si allenano comunque”.

Sulle mosse del calcio in relazione alla sospensione: “Bisogna capire se si riprenderà il campionato. Siamo per riprendere, chiaramente se ci sono tutte le condizioni. Serve avere rispetto per chi non c'è più. Non è un problema il ridursi lo stipendio. Io ho sempre avuto la fortuna di avere calciatori intelligenti. Bisogna capire se questi soldi servono a finanziare tutto il sistema calcio”.

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Il De Zerbi calciatore…: “Ero un dieci meno bravo di Del Piero e Totti.  Non ero tanto continuo, avevo intuizioni, colpi e tecnica. Non ero un maestro nell'adattarsi alle richieste dell'allenatore. Da giocatore ero un malato di calcio. L'aspettativa che mi ero creato nelle giovanili del Milan mi ha condizionato. Un po' anche il carattere, che però è stato un vantaggio nella carriera di allenatore. Sono stato in Romania negli ultimi anni della carriera. Ed ero chiuso in casa a vedere tante partite: il Bayern Monaco di Van Gaal, l'Inter di Mourinho e il Barcellona di Guardiola. Non volevo arrivare al punto che qualcuno mi dicesse di smettere perché non ero come prima. Ho anticipato gli altri”.

…e quello allenatore: “Mi piace allenare il talento, quando mi dicono che un giocatore è particolare caratterialmente sono ancora più voglioso di allenarlo e conoscerlo. È un vantaggio, ma non basta aver fatto il giocatore per fare l'allenatore. Mi aiuta a capire di cosa hanno bisogno i giocatori. Amo fare quello che faccio e mi diverto. Lavoro con persone che mi mettono nelle condizioni migliori per lavorare. Ho una squadra forte che mi fa alzare la mattina felice di allenarla. Felice di notare il miglioramento dei singoli. Se uno è più giovane e facilitato nel crescere. Mi stimola portarli ad un punto più alto di dove li ho presi. Ci sono tanti allenatori che stimo. Guardiola è quello che negli ultimi anni ha cambiato più il calcio. Se si vede il Napoli di Sarri ha fatto un grande calcio. Paulo Sousa quando ha iniziato faceva giocare la Fiorentina molto bene. Spalletti con Perrotta e Totti alla Roma ha fatto una grande calcio. Il risultato è importante per tutti. Per fare risultato ci sono tante strade. Metto davanti a tutto la qualità del calciatore e del singolo. A questo cerco di aggiungere la mia idea e ad avere più soluzioni in campo”.

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Il presente al Sassuolo: “Boga ha margini di miglioramento e deve restare con noi. Per quanto riguarda me, non è il momento di parlare del rinnovo. Al Sassuolo sto bene e mi hanno preso da una retrocessione a Benevento. La riconoscenza è una di quelle cose a cui io sto più attento. Abbiamo tanti margini di miglioramento. Noi stiamo scegliendo giocatori di qualità altissima. Sono ambizioso, ma non ho l'ansia di andare via”.

Il ricordo di Foggia: “Sono legatissimo, sia come giocatore che come allenatore. Così come la riconoscenza che devo al Benevento. Ho fatto un anno che mi porterò fino alla fine. Foggia mi ha visto nascere nella mia carriera. È come se fosse casa mia, capisco un foggiano senza neanche parlarci. Meritano di stare in altre categorie”.

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