Dalle vittorie con l'Argentina alla Serie C, Casasola: "Vi racconto le sfide con Messi. Se non avessi fatto il calciatore mi sarebbe piaciuto diventare dottore"
Dall’Argentina all’Italia: biglietto di sola andata con l’obiettivo di diventare grande. Tiago Casasola ha accettato la sfida, lui che in realtà in patria non era considerato ancora grande ma di certo talentuosissimo. Col sogno di farsi un nome nel mondo del calcio, quel mondo in cui vive “da quando iniziai a giocare nella squadra del mio quartiere a Buenos Aires. È stato mio papà in particolare ad avvicinarmi a questo sport. Fin da piccolo guardavamo le partite insieme. Mi ha sempre seguito, tanto che quando passai all’Huracán chiedeva i video delle mie partite per analizzarle poi insieme”, ha dichiarato facendo un rewind nella propria vita il classe ’95 dell’Alessandria in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com. Cresciuto nel mito di “Jorge Bermudez: è sempre stato il mio idolo assoluto. E ovviamente anche Walter Samuel che faceva coppia con lui”. Difensori come Casasola. Dai quali ha preso spunto riuscendo addirittura a vestire quella stessa camiseta azul y oro del Boca Juniors, della quale è tifoso da sempre: “È lì che ha iniziato a prendere slancio la mia carriera. Sono arrivato fino alla prima squadra e ovviamente al primo ritiro sono passato dal rituale del taglio dei capelli come consuetudine in Argentina…”.
L’Argentina e le sfide con Messi
Da quel momento la carriera di Casasola sembrava in rampa di lancio. Colonna e capitano della Selección sub 20. Una squadra forte e vincente, insieme a compagni del calibro del Cholito Simeone, Angelito Correa, Driussi, Mammana e tanti altri. “Quella Nazionale era un gruppo fantastico e siamo rimasti in contatto. Mi sento spesso col Cholito e presto andremo a cena insieme visto che abitiamo relativamente vicini. Abbiamo un gran rapporto”. Vincitori del Sudamericano sub 20. “Non dimenticherò mai quando trionfammo in Uruguay al Centenario in uno stadio stra pieno per l’occasione, con la mia famiglia sugli spalti. È stata l’esperienza più bella della mia vita”. Da campione sudamericano alla Serie C: la carriera di Casasola in seguito non è decollata come il ragazzo si sarebbe aspettato: “Sinceramente non so darmi una spiegazione, ora sono qua all’Alessandria e devo continuare a lavorare dimostrando tutto il mio valore. Ho tanta fiducia in me stesso e sono ancora giovane: i conti li faremo a fine carriera”. Per rivivere magari un giorno emozioni simili a quelle vissute sfidando i fenomeni dell’Argentina ‘dei grandi’: “Con l’under facevamo amichevoli contro di loro ma non potevamo andare troppo forte sia per lasciar provare loro gli schemi sia per non rischiare di farsi male. Solo che se rallentavamo troppo, il nostro allenatore si incaz***a –ride - ! Così dovevamo trovare la giusta via di mezzo ma non era semplice”. E che dire di Messi se non che facesse ciò che voleva: “Era impossibile stargli dietro! Durante le partite non dovevamo entrare duramente ma tanto non c’era pericolo: non riuscivamo mai a prenderlo!”.
L’Italia e l’incontro con Totti
Per un talento così, in Europa c’era davvero la fila. La spuntò il Fulham. “Sono andato via dal Boca quando il Fulham mi comprò. Col senno di poi magari sarei dovuto rimanere un po’ di più in Argentina… Tuttavia quando mi si presentò la possibilità di giocare in Europa accettai immediatamente”. La parentesi inglese non fu all’altezza delle aspettative di Casasola che poco dopo ebbe la chance di approdare in Italia, alla Roma: “I giallorossi mi voleva già da piccolo e quando decisero di acquistarmi dal Fulham accettai di corsa. Avrei voluto trovare un po’ di spazio ma non si sa mai, magari più avanti ricapiterà l’occasione. Almeno, speriamo!”. Proprio nella Capitale ci fu l’incontro con un altro numero 10 niente male: “Ricordo con piacere quando mi presentarono Totti, fui colpito dalla sua umiltà”. Anche grazie ad esperienze del genere, l’Italia per lui è ormai una seconda casa: “Certo, mi manca l’Argentina. Non è facile vivere così lontano dai propri affetti come i miei genitori, le mie sorelle e i miei amici ma in Italia mi trovo benissimo e sono qui per inseguire il mio sogno. Quindi sono sacrifici che sono disposto a fare. Adesso però la mia famiglia mi ha raggiunto in Italia e festeggeremo qui il Natale”.
Difensore “bomber” dell’Alessandria
Ormai l’Italia la conosce benino, nonostante i suoi appena 22 anni. Da nord a sud, di città ne ha già girate: Roma, Como, Trapani e ora, appunto, Alessandria. Nei grigi ha fatto in fretta ad ambientarsi. Un buon inizio personale al contrario del rendimento della squadra, che ora tuttavia sembra in risalita. 21 punti e due vittorie consecutive, sperando di festeggiare con un sorriso il Natale con altri 3 punti domani contro il Pontedera. “Marcolini ci ha dato una spinta psicologica e mentale. Lui da calciatore si è ritrovato tante volte in questa situazione. È stato capace di influirci la tranquillità giusta fin dal primo momento. L’obiettivo è arrivare più in alto possibile e giocare i playoff. Una volta lì, ce la giocheremo con tutte!”. Già 4 gol e 1 assist per l’argentino: “Mi chiamano bomber! A parte gli scherzi, penso che segnare un gol sia la gioia più grande per un calciatore. Ma anche difendere non è male, dai…”, afferma Casasola ridendo. “L’Alessandria è stata una scelta fatta da me e la mia famiglia per il progetto. Abbiamo creduto fin da subito in questa squadra che con la Serie C c’entra davvero poco o nulla”. Scattato il feeling anche con la città: “Qua poi si sta veramente bene: Alessandria è una città tranquilla ma con tifosi molto calorosi. E anche coi compagni mi trovo alla grande. Siamo un grande gruppo e nello spogliatoio ci piace ascoltare musica latina, in particolare Reggaeton”.
Un dottore mancato
Fuori dal campo Casasola non ha particolari grilli per la testa, esclusa la passione per i viaggi. Pensate che quanda abitavo a Londra e aveva un giorno libero, prendeva il treno ed in un'ora e mezza si trovava a Parigi. Si definisce “un tipo tranquillo che adora trascorrere tempo coi propri amici e col proprio cane, Penelope! Per il resto, adoro leggere ed essere sempre informato su tutto. Sono anche molto curioso”. Insomma, un ragazzo con la testa sulle spalle. Tanto che “se non fossi diventato calciatore probabilmente avrei continuato con lo studio. Studiare per me non è mai stato un problema, anzi! Mi piaceva molto e se avessi continuato probabilmente avrei scelto Medicina. Mi sarebbe piaciuto diventare dottore”. Invece nel calcio ha saputo dire la sua nonostante magari si sarebbe aspettato di incontrare meno ostacoli sul suo percorso. Quel percorso che l’ha condotto dall’Argentina all’Italia col solo obiettivo di diventare grande.