Dalla somiglianza con Immobile all'amicizia con Perotti. Panico, mai paura: "Ora voglio segnare e vincere col Teramo"
Chiamatelo pure ‘Peppe’, ‘Ciro’ o… ‘testa di cavolo’. Uno che ‘cascasse il mondo, non mollerebbe comunque’. “Sono un cocciuto, un tipo tosto, è vero. Me lo dicono sempre i miei amici” ci conferma Giuseppe Panico, con l’accento sulla ì. Niente panico, nemmeno con una caviglia che fa male. L’attaccante di proprietà del Genoa adesso è a Teramo (via Cesena), fermo ai box per colpa di questo infortunio. “Voglio tornare il prima possibile! Manca poco ma ho davvero grande voglia di far bene”. La Serie C come trampolino. “A gennaio non ci ho pensato un secondo nel scegliere questa soluzione. Perché sentivo la fiducia del direttore sportivo, dell’allenatore, perché voglio giocarmi le mie carte, facendo bene in campo”. Dove ha sempre dimostrato il suo valore, con il sorriso. A proposito di sorriso. "Mi piace dire che con un sorriso passa tutto”. Anche affrontare un cambio di famiglia a 11 anni, in piena vita. Già perché il classe ’97 Panico, è nato a Ottaviano ma cresciuto a Sezze, in provincia di Latina, dove è stato adottato da una nuova famiglia. “Loro mi hanno salvato, sono la cosa più preziosa. Sulla mia infanzia non c’è molto da dire, a parte il fatto che sono stato costretto a diventare subito un piccolo uomo. I genitori che avevo prima non volevano nemmeno farmi giocare a calcio. Io ho iniziato a giocare a nove anni, due stagioni dopo ho fatto un provino con la Lazio. E poi è arrivata la chiamata del Genoa”. Quando si dice ‘testa di cavolo’.
‘Ciro’ perché la somiglianza con Immobile è impressionante. “Ci siamo anche incontrati sia al Genoa sia in Nazionale, in un U-17 vs Nazionale maggiore”. E lui? Ciro, quello vero, non è rimasto indifferente. “Ciao! Come stai? Sei quello che mi assomiglia”. In casa, Giuseppe, conserva la sua maglia. “Ho anche quella di Perotti della Roma, un amico”. I due si sono conosciuti al Genoa. “Abbiamo legato molto io e lui, mi accompagnava sempre in hotel quando rientravamo dalle trasferte”. Ma facciamo un passo indietro, a ritmo di… gol. “E dire che da piccolo facevo prima il portiere, e poi il difensore centrale. Ma volevo scartare tutti, puntavo sempre la porta”. Meglio attaccante. “Al mio primo provino con il Genoa ho segnato a City e Zenit”. Poi l’ascesa grazie al ds Sbravati che ha creduto in lui. “Il primo allenamento in prima squadra è arrivato quando ero ancora negli allievi nazionali, con Gasperini. L’anno successivo sono stato in ritiro estivo con loro: rubavo qualche segreto da Pavoletti, Niang, Matri”. Il percorso in Nazionale è molto simile. Al primo torneo, in Inghilterra: tre partite e due gol. L’anno successivo Giuseppe ha giocato un Europeo con i ’96 e il risultato non è cambiato: due gol in tre partite. “Poi mi sono rotto il ginocchio, il collaterale…”. Ma non si è mai arreso. “Negli ultimi anni siamo arrivati secondi all'Europeo U-19 e terzi al Mondiale U-20” con il gol decisivo di Giuseppe proprio in finalina.
E’ scaramantico. “Se mi casca il sale, lo butto dietro le spalle! Normale, dopo tutti questi infortuni”. E nel tempo libero si rilassa pescando. “E’ un passione che ho da quando sono piccolo, andavo spesso a Gaeta”. Pescava e si arrampicava sugli alberi. “Spiderman il mio idolo!”. Adesso preferisce ‘film d’azione oppure horror”. Insomma, va sul leggero, Giuseppe. Che non ha mai avuto né panico né paura. Lui parla col sorriso e un pallone incollato ai piedi da calciare dritto in porta.