Dai debutti alla Juventus come scelta di vita. Buffon: "Serie B? Diedi un segnale di riconoscenza al club. Nel calcio italiano qualcosa si è inceppato"
Presente, futuro...e non solo. C'è anche tanto passato, oltre alle parole sul possibile ritiro e post, nella bella e lunga intervista concessa da Gigi Buffon a Gerard Piqué per "The Players Tribune", in cui il numero uno bianconero ha voluto ripercorrere anche le tappe della propria carriera: dagli inizi, partendo dalla famiglia di sportivi che lo circondava e lo circonda, ai debutti con Parma e Nazionale Italiana, passando per la Juventus come scelta di vita, anche nei momenti più bui.
FAMIGLIA E RICORDI
"Vengo da una famiglia di atleti, molto sportiva, mia madre ha fatto atletica a livello nazionale ho sempre capito che lo sport sarebbe stato nel mio futuro fin da quando ero un bambino. Ho due sorelle che giocavano a pallavolo e una delle due a differenza mia ha anche vinto la Champions League: vedevo tutti questi familiari che si erano creati questo spazio nello sport e ci ho provato anche io, trovando la mia strada nel calcio da portiere. Il mio primo ricordo legato al calcio è il Mondiale vinto dall'Italia nel 1982: avevo 4 anni. Non seguivo tanto i Mondiali, ero troppo piccolo per capire: ricordo i miei familiari che tifavano in maniera trepidante, mentre io ero in terrazzo a giocare a calcio la sera, sentendo loro che urlavano ed esultavano".
I DEBUTTI
"Il Parma all'epoca era una delle migliori squadre d'Europa, in 10 anni è riuscita a vincere due volte la Coppa Uefa e non solo: il giorno del mio esordio eravamo in testa e affrontavamo il Milan, una partita importante, e i rossoneri avevano tantissimi campioni: Baggio, Weah, Savicevic, Maldini. Al mattino mi dicono che avrei giocato, ma la cosa bella è che ricordo di non aver mai avuto un momento di paura: quel giorno ero felice, volevo dimostrare che a 17 anni Buffon era un buon portiere. L'esordio in Nazionale fu due anni dopo, contro la Russia: erano già 5/6 volte che Maldini mi chiamava. Giocammo lo spareggio per il Mondiale: Pagliuca ricevette dopo 25' un colpo al ginocchio, chiedendo di essere sostituito. Ero esuberante all'epoca, ma non fui molto felice quando capii di dover entrare per il campo, innevato: dopo 5' ricordo di aver fatto subito una grande parata sulla sinistra, che servì a mettermi subito in partita senza paura".
LA NAZIONALE E I MONDIALI
"Sono orgoglioso, ho fatto una strada lunga e si sa quanta fatica e quanta passione e voglia di soffrire serva. Siamo in pochi ad aver partecipato a 5 mondiali, ho giocato in ogni continente e sarebbe stato speciale giocare il Mondiale: avrò sempre il rimpianto del sesto, ma a volte bisogna anche accontentarsi nella vita. Si vede che non sono stato abbastanza bravo. Quando lo abbiamo vinto nel 2006, c'erano tanti italiani emigrati lì e ci facevano sentire a casa. Ho due ricordi magnifici, il ricordo più bello è la semifinale con la Germania: quando penso a quanta tensione c'era mi sento male, una cosa pazzesca. Tornammo in albergo alle 5 del mattino e ci saranno state 10 mila persone lì ad aspettarci, una cosa incredibile. E dire che noi dopo eravamo tranquilli, come se avessimo già vinto la coppa: siamo stati dei pazzi. Ora che son passati 12 anni e guardo la formazione della Francia mi rendo conto di quanto fossero fortissimi, ma noi eravamo entrati in quella spirale di imbattibilità. Nella finale ho avuto meno tensione, ma ricordo che pre Germania avevo dormito 6-7 ore, prima della Francia 2: colpa di quelle emozioni forti che fai fatica a gestire. Ho un ricordo forte del post successo nel Mondiale: non riuscivo ad essere felice perchè all'altare del sacrificio avevo messo tante energie ed emozioni, la felicità è arrivata dopo aver vinto".
IL CALCIO ITALIANO
"Penso qualcosa si sia inceppato, non posso credere che l'Italia non possa più produrre i talenti che aveva prima, inimmaginabile: ora invece sono 10 anni che l'Italia è una buona squadra, che non ha più quei talenti che aveva prima. Quando non hai più quei giocatori fai fatica a vincere. La cosa in cui siamo migliorati è il grande orgoglio e il grande senso di appartenenza che abbiamo: abbiamo fatto brutte figure, ma siamo riusciti a centrare una finale e fare un buon europeo, e l'orgoglio ci ha permesso questo. Ci sono state Nazionali come la Francia o la Spagna, che ha avuto tanti giocatori all'estero, e per me non è un problema di campionato, ma di singoli. A parte Verratti, non abbiamo alcun giocatore che giochi in top club in Europa a parte la Juventus".
LA JUVENTUS COME SCELTA DI VITA
"Sul momento, quando ho deciso di andare in B, sono stato felice di farlo: per me ci sono uomini e giocatori che hanno la possibilità, con scelte e decisioni, di dare segnali belli ai tifosi e allo sport. Per me quello era il momento giusto di dare un segnale forte di attaccamento, di sentimento e riconoscenza oltre ai soldi e alla popolarità: l'ho fatto con piacere e lo rifarei. Mi sono divertito in B, vincendola: poi abbiamo fatto due anni buoni e altri due/tre brutti, dove non riconoscevo più la Juventus e dove arrivavamo 6°-7°. Pensavo tra me e me "Perchè ho fatto quella scelta?", ma lo dicevo sottovoce ogni volta: dentro di me però ho grande ottimismo, e son convinto che se hai le qualità e ti comporti bene nella vita, la vita alla lunga ti ripaga. Quando poi abbiamo rivinto lo scudetto 6 anni dopo, ero veramente felice: avevamo fatto poca Champions, è stato complicato, ma con un po' di forza è tornato tutto. Mi sarebbe piaciuto giocare all'estero, mi piace molto confrontarmi con altri stili di vita, era uno stimolo che avevo: credo che dentro di me però mi senta molto italiano, e capisco che questo paese, nonostante i limiti che ha, è il mondo che conosco meglio, che mi piace. Quindi sapendo di essere un personaggio importante dello sport, non volevo e non voglio abbandonare l'Italia".
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