Cristiano Zanetti e la sua 'nuova vita' da allenatore: "Il mio Pietrasanta primo in Eccellenza, sogno di arrivare in alto"
Una vita da mediano, a correre per gli altri e a recuperar palloni. E pure con i piedi buoni, a differenza di ciò che cantava Ligabue nella sua canzone. È la vita di Cristiano Zanetti, uno che in campo amava guadagnarsi con i denti ogni centimetro. Uno abituato a rompere il gioco degli avversari, ma capace anche di dare il la alla manovra della propria squadra. Più di 300 gettoni tra Serie A e B, solo 6 gol. Perché quello, semplicemente, non era il suo lavoro. E poi non è dal numero di gol fatti che si giudica un giocatore. Semmai dalla sua capacità di essere insostituibile all’interno di una formazione. Capello, per il quale era un punto fermo nella mediana dell’ultimo scudetto giallorosso, si infuriò quando Sensi lo lasciò tornare all’Inter.
Oggi Cristiano Zanetti è ancora a metà campo. Non più al centro, ma di lato. Siede infatti sulla panchina del Pietrasanta Marina, formazione della Versilia che grazie a lui sogna in grande. Prima a +5 sulla seconda nel campionato di Eccellenza Toscana, con una striscia ancora aperta di 14 risultati utili consecutivi dopo due ko iniziali: “Dopo le prime due partite, nelle quali gli episodi ci hanno condizionato - racconta l’ex mediano nativo di Carrara a GianlucaDiMarzio.com - siamo riusciti a esprimerci sempre meglio e sono arrivati i risultati. La mia filosofia? Giocare la palla, sempre e in ogni zona del campo. Il mio modello? Tutti gli allenatori che ho avuto sono stati a loro modo importanti, io cerco di imparare da tutti ma mettendoci qualcosa di mio”.
Nonostante il suo nome sia sempre stato legato a grandi club come Roma, Inter, Juve e Fiorentina, Cristiano Zanetti è il simbolo della gavetta. Un percorso fatto di tappe graduali e progressi costanti: giovanili con la Fiorentina (con qualche apparizione in A), poi due anni in B con Venezia e Reggiana, la parentesi a Cagliari nella massima serie prima di sfondare nel grande calcio. Due scudetti, l’ultimo della Roma (“il mio punto più alto”) e quello a tavolino con l’Inter (“non è mai facile vincere nulla, per questo motivo anche quel titolo mantiene un grande valore”), l’anno da pilastro della Juve in Serie B, il ritorno a Firenze e la chiusura a Brescia. E poi la maglia azzurra, una sorta di vita parallela in cui si è tolto grandi soddisfazioni. Dal trionfale Europeo con l’Under 21 di Tardelli al Mondiale e all’Europeo disputato con la Nazionale di Trapattoni: “L’eliminazione con la Corea rimane una delle delusioni più cocenti”, confessa Zanetti. Che poco più di un mese prima aveva visto sfumare il secondo scudetto personale consecutivo nel terribile pomeriggio del 5 maggio (“era un titolo che meritavamo, per questo quello scivolone fu ancora più duro da accettare”).
Alti e bassi che fanno parte del percorso di vita di ogni calciatore. E di ogni allenatore, quale è Zanetti oggi. E' partito dal settore giovanile allenando i Giovanissimi prima del Pisa e poi del Prato (“due esperienze che mi sono servite tantissimo e nelle quali sono arrivati buoni risultati”) e per la sua prima esperienza da allenatore di una prima squadra è sceso fino all’Eccellenza: “È anche una questione di opportunità. Ci sono stati degli abboccamenti ma in p,assato nessuno mi ha mai offerto panchine ad alti livelli. Questo campionato lo vedo come un punto di partenza. Sia per i giocatori che per gli allenatori. Se mi sento pronto per allenare una squadra professionistica? Spero che prima o poi qualcuno mi dia la possibilità di esprimermi, anche per vedere se le mie idee sono giuste”.
Ciò che è certo è che Zanetti conferma la tendenza che vede molti centrocampisti diventare allenatori una volta tolti gli scarpini: “Non è un qualcosa di automatico: ci sono allenatori che hanno giocato in altri ruoli o che non hanno mai giocato a calcio. Però è vero che probabilmente il centrocampista parte avvantaggiato, perché nel suo ruolo è abituato a fare entrambe le fasi e ad avere una visione più completa, che gli permette di leggere meglio le partite. Poi è fondamentale quel pizzico di fortuna che ti fa incontrare persone e società che ti permettano di sviluppare le tue idee”. A Pietrasanta, centro di 25mila anime affacciato sul mare della Versilia, hanno creduto in lui e nella sua fame di calcio. E, proprio come ha fatto Cristiano Zanetti, vogliono arrivare in alto salendo un gradino alla volta.
A cura di Giovanni Marrucci (@gmarrucci)