Cos’è successo all’Argentina
C'è l'allenatore giusto, al posto sbagliato. Perché Sampaoli è sempre stato l'uomo del dettaglio e della tattica applicata maniacalmente, e il suo Cile era composto da undici titolari che erano sempre gli stessi, fedeli alle sue indicazioni e con la pazzia di Valdivia a illuminare i momenti di buio tecnico.
Troppo talento a sua disposizione nell'attacco argentino, talento anarchico, per usare le parole che aveva dedicato a Dybala.
Un'anarchia che lo porta a cambiare, sempre: con la Croazia ha giocato Dybala, l'ultimo della lista negli allenamenti, ed Enzo Pérez, che senza l'infortunio di Lanzini al Mondiale non sarebbe neanche andato, è partito titolare.
È mancato il coraggio di cambiare: vero, rispetto alla finale 2014 sono rimasti in pochi. Ma la rivoluzione abbozzata non è stata completata.
Sono rimasti a casa Paredes e Icardi, oltre a Centurión e Lautaro Martínez. Esperienza internazionale poca, è vero. Ma talento... invidiabile.
Vive ancora nei reduci delle tre finali perse in tre anni il dramma della sconfitta. La paura di non farcela.
Ed è facile dare addosso a Messi, il migliore di tutti. Facile per la stampa, in particolare, anche se quella argentina lo ritiene giustamente intoccabile. Dire che la colpa di un Mondiale da incubo è del migliore del mondo fa comodo per vendere qualche copia in più.
Ma chi ha seguito un briciolo di vicende di questa assurda Selección sa benissimo che Messi è il motivo per cui questo Mondiale lo gioca, l'Argentina.
Lo specchio che ha riflesso i problemi indietro, accecando gli ottimisti con l'idea che questa squadra fosse sufficiente per comandare nel torneo più bello e difficile.
di Rosario Triolo (TRE3UNO3)
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