Il tifo a porte chiuse, Savoldi: "Così abbiamo sostenuto la Dea"

Giuliano veniva spesso con noi in trasferta. Era ricoverato, ma purtroppo non ce l’ha fatta. Come lui, ogni giorno, ce ne sono tanti in tutta Italia”. L’Atalanta a scrivere la storia, i suoi tifosi a lottare contro qualcosa di più grande.  Ieri ho perso un amico. Ma la cosa bella del calcio è che unisce. La serata di ieri ne è la prova”.

Racconta questo, ai nostri microfoni, Gianluca Savoldi, ex giocatore di Napoli, Reggina e Pisa (tra le tante). Oggi giovane allenatore e, soprattutto, grande tifoso atalantino. Come tutti, obbligato a rimanere a casa: “Ora sono con i miei figli, cercando di scaricare i compiti assegnati dalle maestre. Sembra di stare in guerra”. Una guerra combattuta su ogni fronte. In ospedale, a casa, per le strade. Tutto per quel virus che sta mettendo in ginocchio l’Italia.

Bergamo è tra le città più colpite, tanti deceduti ogni giorno. Ma almeno un piccolo sorriso, i tifosi nerazzurri, hanno potuto accennarlo. In campo l’Atalanta ha vinto la propria battaglia. La storica qualificazione ai quarti di Champions ha fatto dimenticare, anche solo per un attimo, tutto il terribile contorno: “Qualcosa di straordinario in un’atmosfera surreale” afferma Savoldi a GianlucaDiMarzio.com.

TRA GIOIA E DOLORE

Abbiamo dovuto contenere l'entusiasmo, essendo distratti da questa grave situazione. Non abbiamo potuto dare libero sfogo a tutta la gioia che un momento del genere meritava. È qualcosa di storico che noi tifosi viviamo per la prima volta, ma ce lo ricorderemo soprattutto per il tragico evento che Bergamo sta affrontando”.

Una situazione paradossale: “Dopo una vittoria così la città era deserta, non c'era una macchina in giro e si sentivano solo le ambulanze. Pazzesco. Tocchiamo il punto più alto della nostra storia calcistica e non c'è una persona a festeggiare. Ma credo che qualsiasi bergamasco, ieri, abbia versato qualche lacrima. Un mix tra gioia e dolore”.

BERGAMO E L’ATALANTA, TUTTO RACCHIUSO IN UNA FOTO

A rappresentare il momento che sta affrontando Bergamo, c’è una foto in particolare: “Me l’ha mandata ieri mattina una mia amica dal castello di San Vigilio: una città in silenzio e questo bambino, da solo, a palleggiare in giardino con la maglia di Ilicic. Sullo sfondo i blocchi neri dell'ospedale Giovanni XXIII. Un'immagine toccante, quando l'ho vista mi sono messo a piangere. Dietro al bambino che palleggiava c'era una città intera che lottava tra la vita e la morte. Lui rappresentava tutti i tifosi che speravano nella qualificazione, e alla fine proprio Ilicic ha segnato 4 gol. In quello scatto c'è tutto”.

Quattro reti che hanno portato l’Atalanta nella storia. Con una dedica speciale ai propri tifosi a fine partita: “Vedere la scritta ‘Mola Mia’ sulla maglia è stato commovente. In bergamasco vuol dire ‘non mollare’. Ne abbiamo subìte tante nei giorni scorsi. Ho anche uno zio che da 9 giorni è ricoverato nel reparto infettivi. Abbiamo poche notizie, e naturalmente nessun parente si può avvicinare all'ospedale. Non può ancora respirare da solo e ha bisogno di un casco per farlo. Sta facendo fatica”.

Come lui, anche tanti altri: “Ci sono troppe persone che se ne stanno andando, i posti d'ospedale sono sempre di meno. È una situazione critica per chiunque. Questo successo dell'Atalanta arriva anche per la città e per tutta Italia. Speravamo che i ragazzi potessero fare un miracolo, ed essere ai quarti lo è. C'è tanta sofferenza, ma questa partita ci ha dato un bel sorriso”.

SENSO DI APPARTENENZA

Anche perché, a Bergamo, c’è davvero qualcosa di speciale:L'Atalanta è la squadra della città, rispecchia la nostra cultura e il nostro modo di vivere. Siamo orgogliosi di portare avanti questi valori. Agnelli dice che non abbiamo tradizione o potenziale in borsa. Lui può tenersi le coppe, noi ci teniamo i momenti come quello di ieri. Noi siamo tifosi veri e disinteressati. Per noi non è un business, ma una passione. Sarebbe bello affrontare la Juve ai quarti e magari eliminarla, ma è già una bella soddisfazione essere passati. Il calcio è della gente e di chi se lo merita ogni giorno. Noi ne siamo la dimostrazione”.

SI LOTTA INSIEME, PER LA CITTÀ

Nelle giovanili dell’Atalanta Gianluca ci è cresciuto, e oggi la vive come uno dei tanti tifosi. Quei tifosi che, dopo la notizia delle porte chiuse a Valencia, hanno deciso di donare il rimborso dei biglietti all’ospedale Giovanni XXIII: “Quei soldi non abbiamo pensato neanche per un secondo di tenerceli. C’è stata subito l’iniziativa della curva, a cui poi si sono associati altri gruppi. Abbiamo raccolto circa 60 mila euro, ma sono certo che la cifra salirà. Approfitto per esortare chi non ci fosse ancora riuscito a fare una donazione”.

Gli ospedali di Bergamo sono in difficoltà, il Giovanni XXIII si è trasformato in un unico reparto di rianimazione” ha proseguito Gianluca, lodando anche la simile iniziativa dei tifosi del Pisa: “Sono segnali importanti da parte degli ultras. Questi ragazzi sono l'anima del calcio, e in questi giorni stiamo vedendo quanto sia grigio questo sport senza i suoi colori e la sua anima. Un gol senza il boato della curva è qualcosa di freddo”.

La storia sportiva è stata fatta. Adesso, però, è la Storia a mettere il popolo bergamasco davanti a una sfida più importante. “Stiamo vivendo notti insonni da una settimana, con la paura di ricevere una telefonata o una notizia da un momento all'altro. Noi però stringiamo i denti. Come c'è scritto sulla maglietta, non molliamo. Non fa parte del nostro carattere”. E allora coraggio, Bergamo. Non ci resta che dirti una cosa: mola mia!

A cura di Stefano Renzi

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