Dai provini in Italia al gol alla Bombonera: Cóccaro, lo Zorro uruguaiano

La prima sconfitta del Boca Juniors nella Copa de la Liga porta la firma di Matías Cóccaro. Terzo gol in cinque partite per il centravanti uruguaiano, che a distanza di 12 anni dall’ultima volta regala la vittoria all'Huracán contro gli xeneizes.

 

 

Un colpo di testa su calcio d’angolo dopo aver detto al suo marcatore: “Complimenti, mi hai davvero marcato bene tutta la partita”. Forse un trucco per distrarlo, poi la gioia della rete ma senza esultare, anzi chiedendo scusa alla Doce. No, non è un ex, non ha esultato per il rispetto che nutre per il club Azul y Oro, dove hanno giocato tanti suoi referenti come El Manteca Martinez, il Tanque Silva e Maradona.

 

 
 
 
 
 
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Eppure, da quando è tornato in Argentina lo scorso agosto, Cóccaro si è reso protagonista di diverse esultanze particolari. Dall’arrampicata sulla recinzione che separa il campo dagli spalti del Tomás Ducó, a quella nel clásico de barrio contro il San Lorenzo dello scorso ottobre, quando al fischio finale ha iniziato a festeggiare in mezzo al campo con un mantello e la maschera di Zorro, personaggio che ricorda per i baffi alla Freddie Mercury che lo contraddistinguono da quando aveva 18 anni.

 

 

 
Di proprietà del Montevideo City Torque, club del City Group, Cóccaro è cresciuto a Pirarajá, piccolo comune nella provincia di Lavalleja a circa 200 chilometri dalla capitale. Lì, aiutava il padre nella gestione del bar di famiglia, tagliava legna da ardere e distribuiva elettrodomestici pesanti, ma a 14 anni è andato a studiare nella città di Minas e in quel periodo guadagnava soldi organizzando sfide di ‘taba’, ovvero giocando agli aliossi, un gioco d’azzardo molto popolare in Argentina e Uruguay che consiste nel lancio di queste ossa con il vincitore viene determinato in base alla faccia con cui cade l'osso.


 

Dopo il liceo ha iniziato a studiare giurisprudenza, ma a 18 anni è arrivata la chiamata dell’Uruguay Sub20. Coccagol era l’unico giocatore proveniente da una squadra non di Montevideo. Nella capitale c’era stato qualche mese prima, in prova con il Peñarol e con la Juventud de las Piedras, prima di andare a cercar fortuna in Europa: allenamenti in Italia con la Virtus Entella e con il Carpi, poi in Belgio al Royal Mouscron, ma senza il passaporto comunitario è tornato in Sud America dove è stato tesserato dagli argentini dell’Atlético Tucumán. In Argentina ha giocato nella squadra Reserva ed è qui che ha iniziato a farsi cresce i baffi, prima di tornare in Uruguay e giocare nel Rampla Juniors, nel Villa Teresa e infine nel Torque. 

 

 

Si definisce un tipo strano e infatti non ha un procuratore che lo assiste. "Nel calcio pochi danno valore alla parola, questo è il mio contratto, come una stretta di mano”, aveva dichiarato negli scorsi mesi a Radio La Red. Ad oggi sono 9 gol in 21 presenze con la maglia dell’Huracán, per quella che vive come una rivincita dopo la delusione di alcuni anni fa con la maglia del Decano. Una rivincita firmata con la Z di Zorro.

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