Le vittorie casalinghe? Il curioso caso del post lockdown

L’effetto stadio vuoto fa male. Non ci si abitua. Probabilmente, non ci si abituerà mai. Ma il calcio va avanti, a poco a poco riapre ai tifosi (con il distanziamento, si è visto per esempio in Premier League), con l’obiettivo di trovare una parvenza di normalità il prima possibile. I tifosi mancano: l’atmosfera è diversa, lo dicono anche i giocatori. Ma la spinta è così decisiva? In alcuni casi sì; in altri, clamorosamente, meno. È quanto dimostra uno studio del CIES, che ha valutato la percentuale di vittorie prima e dopo il lockdown, nei campionati di tutto il mondo. La differenza casa-trasferta è rimasta, anche con la riapertura. Solo, in maniera meno marcata.

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Lo studio si sviluppa partendo da un range di cinque anni: dal gennaio 2015 al marzo 2020, cioè il mese cruciale. In questo periodo, nei campionati esaminati emerge che il 44,3% delle partite siano state vinte in casa. Non male, certo. Scontato. Ma la cosa assume un contorno particolare se si nota come, da aprile a fine agosto, in casa si sia vinto il 42,2% delle gare. Un valore disceso solo leggermente, che ha coinvolto 41 dei 63 campionati studiati, con una differenza reti passata da +0,32 a +0,24.

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I due estremi

Quali sono i campionati che hanno avuto le maggiori variazioni? Si tratta di quello svizzero e quello greco. Per i primi, il dato delle vittorie casalinghe è aumentato dell’8,5%. In quello ellenico, invece, si registra un calo (corposo) del 15,1%.

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Dalla Bundes alla Serie A

Sono diminuite drasticamente anche le vittorie in casa nel campionato austriaco (-15%), in quello tedesco (-14,1%), e nella Liga (-6,1%) mentre in Premier si è registrato un leggero aumento dello 0,8%. Ovviamente, a mancare è la Ligue 1, sospesa come tutto il calcio francese e mai più riaperta. E in Serie A? +0,1%. Di fatto, la stessa situazione pre lockdown. Un dato che fa certamente riflettere. Partendo da un presupposto: gli stadi pieni sono, a prescindere, tutta un’altra cosa.

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