Nantes, il maialino di Gignac e Palermo. Cetto: “La Juve troverà uno stadio caldo, ma Di Maria può risolverla da solo”

Cinque stagioni non si cancellano facilmente, specie se è stata la prima esperienza in Europa arrivata dopo la vittoria del Mondiale U20 con l’Argentina. “Al Nantes ho vissuto emozioni uniche e sono cresciuto. La retrocessione è stata un momento duro, tra i più difficili della mia carriera, ma mi legano anche tanti ricordi belli con questa città. La Juventus troverà uno stadio caldo. Lì ho giocato contro il Manchester United e mi ricordo un ambiente unico. Mi aspetto una cosa simile, con il tutto esaurito e tifosi che spingeranno la squadra fino alla fine per ottenere la qualificazione”, così Mauro Cetto a gianlucadimarzio.com. 6 gol e 136 presenze per il classe 1982, che dal Gigante de Arroyito di Rosario si è trasferito a 19 anni in Francia per giocare la Champions League. 

 

 

Proprio allo Stade de la Beaujoire, la Juventus si giocherà la qualificazione agli ottavi di Europa League. “Riguardo alla partita d’andata, tutti a Nantes pensavano che sarebbe stata dura, soprattutto dopo il gol del vantaggio della Juve, però nel secondo tempo hanno meritato il pareggio giocando alla pari. Le aspettative per la partita di ritorno sono interessanti perché il Nantes ha la possibilità di qualificarsi, ma sempre considerando che l’avversario ha individualità di primo livello che possono decidere la partita con una giocata. Il Nantes deve tenere alta l’attenzione e dare il 100%”. Soprannominato El Colo, per via dei capelli rossi, l’argentino non ha dubbi sul pericolo principale per la formazione guidata da Kombouaré: il connazionale e rosarino Angel Di Maria. “Ha segnato un bel gol contro lo Spezia. È un giocatore ‘desiquilibrante’, in una squadra che non funziona molto bene come dovrebbe. Può risolvere una gara da solo. Al Mondiale è stato decisivo e resta un giocatore di livello internazionale anche a 35 anni. Il Nantes dovrà stare attento”.

Il caos a Palermo: da Zamparini e Lo Monaco fino a Gasperini

Dopo quasi 10 anni in Ligue 1 con Nantes e Tolosa, Cetto nel 2011 si è trasferito in Italia per vestire la maglia rosanero. “Ero il capitano e avevo la possibilità di rinnovare, ma lasciai il Tolosa a parametro zero. Potevo andare in Spagna in qualche club meno blasonato, però il Palermo mi sembrava una possibilità importante e doveva giocare il preliminare di Europa League”. Un anno e mezzo in Sicilia, intervallato dal prestito al Lille, con appena 13 presenze tra campionato e Coppa Italia. “Mi ritrovai in una situazione in cui era difficile fare bene. Sono arrivato in un momento in cui c’era tanta confusione, una disorganizzazione totale. Ho avuto 5 allenatori e 3 ds diversi. Era prevedibile che finisse con la retrocessione”. 

 

 

Da Pioli a Mangia, passando per Sannino e Gasperini, fino a Bortolo Mutti. Allenatori diversi per idee di gioco e nel modo di relazionarsi. “Con Pioli avevo avuto un buon rapporto nel ritiro estivo, poi mi sono infortunato e non ho giocato le due partite col Thun. Esonerarlo è stata un’esagerazione, a maggior ragione vedendo poi la sua carriera”. Andò peggio con Gasp. “Un allenatore con ottime conoscenze tattiche, ma con una gestione dello spogliatoio che lascia a desiderare. Ho avuto allenatori che mi hanno fatto giocare, altri no, alcuni mi hanno dato la fascia da capitano e altri mi hanno escluso dai convocati, ma in questo caso la situazione era diventata insostenibile: è stato l’unico con cui ho avuto problemi seri e discussioni accese, non riguardo al calcio, ma per come si rapportava con me o con alcuni compagni. Un qualcosa che lo ha sempre caratterizzato durante la sua carriera”.

 

Felices 114 años San Lorenzo querido! ❤️💙❤️💙 pic.twitter.com/aWqBl3TYJy

— Mauro Cetto (@colocetto) April 1, 2022

Cambi di allenatore che avevano un unico responsabile: il compianto presidente Maurizio Zamparini. “Ha portato il Palermo ad alti livelli, ha fatto cose buone e altre no che hanno portato a delle conseguenze. Aveva il difetto di cambiare tanti allenatori, ma era il suo modo di lavorare. Gli piaceva parlare di calcio e ricordo che alcuni miei compagni mi avevano raccontato che consigliava gli allenatori sulla formazione, anche durante l’intervallo negli spogliatoi…”. Il periodo finale dell’esperienza in rosanero, Cetto l’ha trascorsa da separato in casa. “Arrivò Lo Monaco che voleva imporre regole forti, ma con poca coerenza: il calcio è anche rapporti umani, non solo conoscere i giocatori. Io e altri 6-7 compagni ci allenavamo a parte, ma il caso più emblematico era quello Arevalo Rios: si allenava tutti i giorni da solo e usava un altro spogliatoio, ma poi la domenica giocava titolare. Una cosa mai vista, anche per questo decisi di andare al San Lorenzo”. 

Da Dybala a Gignac, compagni e campioni

Tanti allenatori, ma anche tanti talenti conosciuti nel corso della carriera. Alcuni giovani, altri già affermati. “Dybala era un bambino ma si vedevano già le sue qualità e la sua personalità in campo. Il custode lo chiamava ‘U’picciriddu’. Ha avuto una carriera incredibile e ho ancora un buon rapporto con lui. Ilicic poteva vincere una partita con una giocata, ma spesso capitava che non toccava palla per mezzora. Miccoli era molto amato dai tifosi ed era un leader importante nello spogliatoio”. Ma non solo a Palermo, anche in Francia. “Con Gignac ho giocato 3-4 anni al Tolosa. Abbiamo una bella amicizia ed era un personaggio nello spogliatoio, oltre ad essere un grande goleador. Ricordo che per Natale era tradizione scambiarci i regali anonimi tra di noi e lui portò un maialino vivo in una cassa per un altro compagno. In quel momento scoppiammo tutti a ridere”.  

 

 

Negli scorsi mesi è stato a Torino e in Francia, ma nel capoluogo siciliano non è più tornato. “Voglio tornarci per mostrare a mia figlia dove è nata. Avrei voluto impormi come avevo fatto in Francia. È una città impossibile da dimenticare: molto bella e molto simile all’Argentina per il modo di vivere”. Dopo il ritiro con la maglia del Rosario Central nel 2017, Cetto ha intrapreso la carriera di direttore sportivo, una figura in ascesa anche nel calcio argentino. “Ho anche una società di consulenza con la quale aiuto i club. Le prime esperienze da manager le ho avute in due squadre dove avevo giocato: al Rosario Central, con cui abbiamo vinto la Copa Argentina, e al San Lorenzo dove dovevo ridurre il monte ingaggi… Ora aspetto una nuova possibilità”. Magari in Europa.

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