Un cerchio che si chiude con i Mondiali del 2026. Grifo: “Italia, posso essere il tuo 10”
"Se Spalletti chiama, io ci sono!". Lo afferma con aria quasi imbarazzata Vincenzo Grifo ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Nonostante non abbia mai giocato in Italia, il suo legame con il nostro paese rimane forte. La sua reazione entusiasta all'opportunità di indossare la maglia della Nazionale dimostra quanto tenga a questa possibile chance e quanto questa chiamata resti il suo sogno per il futuro.
Il nuovo inizio a Friburgo
Parlando dell’inizio di stagione, l’italotedesco ha parlato così dei cambiamenti in corso: “Intanto voglio sottolineare il lavoro fatto da Streich in questi anni, da lui ho imparato molto sia come giocatore che come uomo. La dirigenza volevo una figura che conoscesse la filosofia del Friburgo e avesse l’euforia di un nuovo inizio. Ho giocato insieme Schuster fino al 2018 ed è stato il mio capitano fino a quando poi si è ritirato. Quando scegli un profilo del genere non sai cosa aspettarti all’inizio, questi primi risultati però gli stanno dando ragione, siamo a soli due punti dal primo posto”. L’impronta del nuovo allenatore si vede e si sente anche nei metodi di allenamento innovativi, ma Grifo tiene a specificarci che è importante avere esperienze pregresse alle spalle e una voglia di lavorare non-stop. Essere 'semplicemente' giovani per arrivare fra i grandi non basta, serve molto di più. Il nostro intervistato, inoltre, ha aperto la stagione con un ottimo bottino personale di 3 gol e 4 assist nelle prime 7 partite, compresa una rete contro l'Augsburg che gli avevamo predetto durante l'intervista.
Tra futuro con il Friburgo e la Nazionale: “Nel calcio tutto è possibile, non si sa mai”
Se nel suo futuro c’è la possibilità di un approdo in Italia non c’è neanche bisogno di chiederlo, glielo si legge negli occhi ogni volta che parla della terra che lo ha cresciuto anche da così lontano. Tutto in casa Grifo riporta all’Italia, e quest’anno ha trascorso di nuovo un mese di vacanza fra Sicilia e Puglia. Da figlio di genitori del sud-Italia spigliato e coinvolgente qual è, senza quasi che glielo chiedessimo noi, ci tiene a dirci: “Né a me né ai miei procuratori però si è mai fatto avanti nessuno in modo concreto. Sono sempre state solo dicerie di mercato e chiacchiere di giornali. Nel calcio non si sa mai comunque, dovesse chiamare una grande squadra potrei pensarci, con tutto il rispetto per il Friburgo certo, ormai anche questa è casa mia”.
In questo sport non si sa mai cosa può succedere anche quando si parla di Nazionale, il suo esordio è stato con gli USA nel 2018 e il prossimo Mondiale si disputerà fra Canada, Messico e Stati Uniti, appunto. E se questo fosse un segno per chiudere un cerchio con la maglia azzurra? “In questo momento mi sento in grande forma e ho fatto un’ottima preparazione. Potrei senz'altro fare bene. Per adesso non ci siamo sentiti con Spalletti direttamente, ma io ci credo sempre. Spesso sono stato inserito nelle pre-convocazioni e il contatto è sempre vivo. L’importante non è l’età, né il ruolo né altro, la verità sta sempre sul campo. Guarda cos’hanno fatto Bonucci e Chiellini solamente 3 anni fa”. Ci dice quasi imbarazzato e pieno di speranza...
Grifo e il legame con la maglia numero 32: “Ormai fa parte di me, ma anche la numero 10 con l’Italia...”
Vagando fra i ricordi condivisi con Calhanoglu nelle giovanili del Karlsruhe e i primi passi da calciatore professionista, Grifo ci ha parlato anche della curiosa storia che lo lega a quel numero tanto fortunato già nel lontano 2012: “Giocavo nell’Hoffenheim II e la prima squadra era in emergenza a causa di vari infortuni. Ci fecero fare una sorta di partita che valeva come provino per essere promossi in prima squadra. In quell’incontro mi diedero la maglia numero 32, io feci gol e assist e mi portarono stabilmente con i ‘grandi’. Da quel momento in poi la mia famiglia mi disse che quello doveva diventare il mio numero perché mi aveva portato fortuna quel giorno. Adesso il 32 mi dà sempre quella carica e forza in più, anche se il 10 mi piace molto...soprattutto in Nazionale”.
A proposito del 10, con l’Italia hai fatto l’esordio proprio con quel numero, cos’hai provato? “L’emozione è stata fortissima, in pochi possono dire di aver indossato quella maglia, è un numero pesante da portare sulle spalle. Pensare che sei in un gruppo ristretto con Totti, Del Piero, Baggio e Pirlo fa impressione”. Adesso quelle due cifre sono responsabilità di Pellegrini, pensi che le stia indossando bene? “Per avere questo numero devi decidere le partite, Pellegrini è il capitano della Roma ed è un grande giocatore. Anche Raspadori potrebbe portarlo, ha la qualità per risolvere le sfide”. E tu invece Vincenzo, saresti in grado di rindossare quella maglia? “(ride) Si, penso di poter giocare in quel ruolo dietro la prima punta, anche nel Friburgo abbiamo giocato spesso con il 3-5-2. A volte ho giocato anche da mezz’ala di centrocampo. Posso fare tutto in campo, tranne il difensore (ride di nuovo). Da un po’ ormai gioco sulla fascia sinistra, mi ci trovo bene e posso rientrare per tirare. Anche in posizione da ‘10’ mi sento a mio agio però, sono più libero di creare gioco”.
Essere italiani all’estero vuol dire anche questo, pensare sempre alla terra la quale sai che ti appartiene, ma forse non raggiungerla mai definitivamente. Alla fine è solo un ragazzo di 31 anni che ha ancora sogni nel cassetto, come tutti.
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