Brunati racconta Castellanos: “Gli dicevo che era pazzo, ma a 18 anni era già un professionista”

Di solito sono i club a scommettere sui giocatori, ma può capitare anche il contrario. “Gli ripetevo sempre che era stato un pazzo a lasciare la U de Chile per venire al Torque”, così German Brunati a Gianlucadimarzio.com. Era il 2017 quando il ds Montevideo City Torque ha convinto un 19enne Valentin Castellanos a trasferirsi da una big cilena a un club della seconda divisione uruguaiana, seppur appena entrato nella galassia del City Group. “Cercavamo giocatori giovani, avevamo la possibilità di prendere 2 stranieri: il venezuelano Nahuel Ferraresi che avevamo visto al Mondiale U20 e una scommessa come Taty, che da attaccante esterno stava trovando pochi minuti nella U de Chile. Ci siamo interessati e siamo rimasti sorpresi dalla sua decisione di accettare la nostra proposta e il nostro progetto”.

 

 

La trattativa, il cambio ruolo, limonate e succhi

Un trasferimento coraggioso quello dell’attuale attaccante argentino della Lazio, che Brunati ricorda bene anche perché non aveva potuto visionare il giocatore di persona come invece fa di solito. “Lo abbiamo visto nei video. Ricordo che mi trovavo in aeroporto per andarlo a vedere e mi chiamarono per avvisarmi che non si sarebbe giocata la partita di Copa Sudamericana col Corinthians a causa della pioggia. Ma avevamo referenze molto positive, poi era un prestito con opzione, quindi abbiamo deciso di prenderlo in prestito per 18 mesi con opzione fissata a 400mila dollari per l’80% del cartellino”. 

 

 

E quando è arrivato nella capitale uruguaiana le sensazioni del dirigente del City Group non erano proprio quelle di avere di fronte un giocatore destinato a giocare in Europa. “Era diverso da quello di oggi: rapido e potente, ma giocava sulla fascia. Non si trattava di un diamante grezzo, ma si faceva apprezzare molto per la capacità di migliorarsi ogni giorno. Non avrei detto che sarebbe andato a giocare alla Lazio. Molto è merito della sua personalità e della sua mentalità”. In campo non era un talento puro, fuori un professionista esemplare e sapeva bene cosa voleva. “È sempre stato corretto e professionale al 100%. Aveva 18 anni ed era attento alla sua alimentazione. Andavamo al ristorante e prendeva sempre succhi di frutta o limonata, piuttosto che altre bibite. Sapeva bene ciò che voleva”. 

 

 

Al Torque è arrivata la svolta nella carriera di Castellanos. Da ala a centravanti, grazie all’intuizione di Pablo Marini. Dopo la promozione in Primera Division, l’allenatore aveva bisogno di una squadra più coperta. Giocava con un 4-5-1 con Castellanos unica punta. Lo spostò lì per la sua velocità, la capacità di attaccare lo spazio e di sacrificarsi. Di solito i centrali in Uruguay sono lenti e lui poteva fare la differenza. Giocando così poi è andato al New York City”. E a riguardo, il ds del club di Montevideo ricorda un episodio: “In una gara contro il Defensor Sporting, un difensore si lanciò su di lui come fanno nel rugby perché non lo riuscivano a fermare”.

 

 

“Castellanos per il Gruppo City è un esempio vincente”

Nell’estate 2018, Castellanos e il venezuelano Ferraresi hanno avuto la possibilità di allenarsi con il Manchester City U23 e prima del trasferimento al New York City aveva avuto altre richieste, anche dall’Europa. “Lo volevano gli argentini dell’Independiente e i danesi del Brondby. Poi negli anni in MLS lo avevano cercato il River Plate e la Fiorentina.  Dalla MLS alla Catalogna fino alla Lazio, Brunati è rimasto in contatto con Taty.  “Sono stato a vederlo al Girona e mi ha regalato la sua maglia. Quando è tornato a Montevideo è venuto a vedere il club. Non gli mando tanti messaggi per lasciarlo tranquillo, magari solo qualche volta quando è in difficoltà come era successo i primi mesi a New York. Per noi è un modello di successo”. 

  

 

 

“In ogni squadra non arriva mai come top, ma finisce sempre per imporsi”

Dopo i 14 gol al Girona alla prima stagione in LaLiga, Castellanos ha fatto un’altra scelta coraggiosa con il trasferimento alla Lazio vista la concorrenza di Ciro Immobile nel suo ruolo. Ma contro l’Atalanta ha colto l’occasione con un gol e un assist, alla seconda da titolare in biancoceleste. “Mi immagino che in queste prime settimane volesse giocare di più, questa rete arriva nel momento giusto perché ne aveva bisogno. Alla Lazio c’è un grande allenatore e nel suo ruolo c’è un simbolo come Immobile. Ma per come lo conosco, lui non vuole stare in panchina a vedere un altro segnare. Lo dice la sua carriera: in ogni club ha sempre avuto un cammino in crescendo e in nessuna squadra è arrivato come top, ma si è sempre imposto. Da noi è arrivato come giovane e se n’è andato come figura, al New York è diventato MVP e al Girona ha iniziato come riserva di Stuani per concludere poi con 14 gol”. E dopo i 15 milioni più bonus investiti in estate, l’auspicio della Lazio è che possa ripetersi anche in biancoceleste, con la sensazione di aver trovato qualcosa in più di una semplice alternativa a Immobile.

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