Dalla Polisportiva De Rossi al Verona: scopriamo Cancellieri con un ritorno alle origini
Partito dalla sua Roma, arrivato a Verona, sponda Hellas, con l’obiettivo di spaccare tutto e prendere per mano il suo futuro, che poteva essere neroverde e invece - ironia della sorte - sarà alla Lazio. Tutto questo, poi, con la vivacità che lo contraddistingue da sempre, in campo ma anche fuori.
Matteo Cancellieri, classe 2002, che è arrivato a segnare il suo primo gol in Serie A oltre ad esordire con la maglia della Nazionale italiana, ha i riflettori puntati addosso già dall’inizio dell’anno, siccome già Eusebio Di Francesco, prima di Tudor, gli ha permesso di esordire nel massimo campionato.
Ma da dove è saltato fuori il talento di Matteo? Abbiamo cercato risposta partendo proprio dalle sue origini, dalla Polisportiva De Rossi di Roma.
Basta il campo dietro casa... Il talento era già presente
Cresciuto nella zona dei Colli Albani della capitale, nei pressi del Parco della Caffarella, comincia a giocare a calcio proprio nella Polisportiva De Rossi, all’interno dello stesso parco, di cui abbiamo intervistato il vicepresidente e - all’epoca - direttore dell’area tecnica, Marco Quadrini: “Qui cerchiamo di crearci da soli i migliori calciatori, cercando di migliorarne al massimo le qualità da subito. Per questo è un progetto particolare il nostro: a differenza di alcune scuole satellite di società dalla A in giù, noi cerchiamo di formare il talento da soli”.
"È molto difficile fare questo lavoro - ha proseguito - perché magari qualche società, anche dilettantistica, può prendersi il ragazzo a metà percorso, ma noi restiamo fedeli al nostro progetto, che ha portato ragazzi come Matteo a giocarsi una chance importante”. Ragazzi come anche Mirko Antonucci, scuola Roma, oggi al Cittadella in B, uscito proprio dalla stessa Polisportiva. Ragazzi come anche Marco Frediani, oggi alla Fermana in C, o come i giovanissimi Giulio Mengucci (portiere) e Jacopo Tarantino (attaccante), due classe 2005 oggi nell'U17 della squadra giallorossa.
Il primo Matteo Cancellieri
Arrivato alla Polisportiva per giocare con i Piccoli Amici (all’età di circa 5 anni, ndr), accompagnato dalla mamma, il giovanissimo Matteo si è messo subito in risalto. Quadrini racconta a gianlucadimarzio.com che quel piccolo prodigio aveva evidenziato immediatamente una caratteristica difficile da vedere in un bambino.
“Controllava benissimo la palla in velocità - ha specificato Quadrini. Questa è la peculiarità che lo contraddistingue ancora. Col passare del tempo ha sviluppato una presenza muscolare notevole e che lo aiuterà durante la carriera. Abbiamo notato subito quel suo modo di giocare, di affrontare uno contro uno tutti quanti. Si capiva che aveva qualcosa in più degli altri”.
Il lavoro da fare, però, era uno solo a quell'età: "Avendoci lavorato nei primissimi anni, sostanzialmente con lui ci siamo concentrati sulla tecnica ma soprattutto sulla coordinazione. Sulla tattica individuale e sull’uno contro uno non lo fermavi. Giocava sempre avanti ma ha provato praticamente tutti i ruoli. Quando stavamo vincendo magari l'allenatore lo spostava dietro, ma che importava: tanto se ne andava avanti da solo, scartava tutti e segnava lo stesso".
Il passaggio alla Roma grazie a un "triplo" provino
Matteo è sempre stato un ragazzino molto vivace, così lo raccontano. Una connotazione che si porta ancora dietro, ma che col tempo ha lasciato evolvere. Professionista a lavoro, in allenamento, ma resta vivace sul campo, dove la sua giocata resta imprevedibile. Così è, da quando è arrivato alla Roma, dopo quell'ultima stagione (la 2010/11) alla Polisportiva De Rossi.
"Si vedeva che era più sveglio degli altri. Col pensiero stava già un passo avanti a tutti, su di lui è stato fatto un gran lavoro per metterlo un pochino in regola (Quadrini ride, ndr). La Roma ha lavorato benissimo su questo aspetto. Col passare del tempo è diventato sempre più un professionista vero, ha la testa sulle spalle".
Uno degli allenatori che ha avuto modo di coltivare il suo talento alla Polisportiva, Saverio Iacurto, ha avuto modo di raccontare anche come la Roma lo abbia portato a casa sua, quando Matteo aveva compiuto 9 anni da non molto tempo: "Quel giorno ci mettemmo d'accordo per ricevere molti scout, che vollero venire a vedere i nostri ragazzi, perciò organizzamo una giornata con tutti i bambini. Matteo era ancora giovanissimo e ricordo che giocava nei campetti di calcio a 5 ma era già bravissimo. Gli scout lo fecero rimanere per tre turni in fila perché vollero vederlo giocare anche coi più grandi prima nel campo a 7 e poi a 9. Fece un provino di tre ore: a fine stagione, era della Roma".
Ora, invece, dribbla e segna in Serie A, ma con un'altra maglia, quella dell'Hellas Verona, con cui ha segnato il primo gol all'Empoli di Andreazzoli. Lo stesso allenatore (a suo tempo collaboratore di Spalletti alla Roma) che diede il nome (Aurelio, ndr) a una nota giocata spettacolare di Rodrigo Taddei, registrata in un Olympiakos-Roma di Champions del 2006. Giocata che Matteo ha replicato nel 2013 con successo, a 11 anni, da pulcino giallorosso, mostrando sprazzi del suo talento. Segni del destino.
"Detto tutto ciò, ha sempre avuto tanto cuore - conclude il vicepresidente Quadrini - è un ragazzo d'oro. Matteo è rimasto attaccassimo a noi. In estate, quando può - magari adesso lo farà meno visto quanto è impegnato (ride, ndr) - ci viene a trovare, era lui a venire ad allenarsi ancora qui da noi. Speriamo di riaccoglierlo prestissimo". Magari potrà farlo, dopo aver svolto le visite mediche per conto della Lazio.
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