Cace(t)res: cosa è stato e cosa potrà essere Martin Caceres per la Juventus

Il 3 è considerato da molte culture il numero perfetto: storie di totalità cosmiche, trinità, ciclicità, compendio dell’Uno e del Due. Per non parlare, poi, della Divina Commedia e del valore simbolico che questa cifra riveste nella narrazione di Dante Alighieri. Nel calcio però, 3 può essere anche il numero di un ritorno inaspettato e sorprendente: non è usuale infatti che un giocatore torni a vestire la maglia di una squadra dopo essersene andato due volte. Ma la circostanze, il destino e soprattutto il mercato possono far sì che accada anche questo. E il destino ha voluto che Martin Caceres, 10 anni dopo la sua prima volta e 7 dopo la sua seconda, si trasferisse alla Juventus per la terza volta, per completare un reparto rimasto orfano di Mehdi Benatia e forse per completare e dare un senso anche al suo percorso personale nel quale non sono mancati trofei e soddisfazioni, ma nemmeno momenti di appannamento e tanta sfortuna.

Ma perché proprio Caceres?


Molto più di un assist per rispondere al quesito di cui sopra arriva da Massimiliano Allegri, che nella conferenza stampa di vigilia di Lazio-Juventus era stato molto chiaro a tal proposito: “Martin è un giocatore che conosco e che secondo me può dare tantissimo alla Juventus, questo ha inciso. Martin è già pronto, non è una soluzione di ripiego e l’abbiamo fortemente voluto: sono contento del suo arrivo, è affidabile e ho sempre detto che per me vale i Barzagli, i Bonucci, i Chiellini”. Game, set and match. Anche se in realtà, Allegri, ha beneficiato poco dell’apporto dell’uruguaiano mate e garra: nelle due stagioni in cui lo ha avuto a disposizione infatti (2014/15 e 15/16) Caceres ha subito i due infortuni più gravi della sua carriera: frattura del malleolo e rottura del tendine d’Achille. La sfortuna che si mette di traverso nel feeling tra giocatore e allenatore e che alla fine separerà le strade di Caceres e della Juventus, che si dicono (apparentemente) addio.


L’archetipo del numero Tre

Prima d’allora cosa era stato Caceres per la Juventus? Numeri, suggestioni, trascorsi: può aiutarci ancora la numerologia, che individua in tre fasi evolutive l’archetipo del numero Tre. Il primo passo evolutivo del Pelado somiglia tanto ad un potenziale rimpianto: perché l’allora giovane uruguagio – reduce da tanta panchina nel primo e magico Barcellona di Pep Guardiola – dimostra doti e talento (esclusivamente da terzino) in un’annata (2009/10) però disgraziata per i colori bianconeri, quella del primo dei due settimi posti consecutivi. A fine stagione e dopo il gol all’esordio contro la Lazio (toh…) Caceres se ne andrà a Siviglia lasciando il più classico amaro in bocca del “poteva essere e non è stato”. Nel calcio come nella vita però le seconde occasioni esistono: nel 2012 come oggi è il mercato di gennaio a sancire il ritorno di Caceres a Torino. La prima Juve di Conte sta prendendo coscienza delle sue potenzialità e cerca rinforzi per coronare il sogno scudetto. C’è un solo posto da extracomunitario e Caceres la spunta su Guarin: inizia così il secondo passo evolutivo, quello in cui Caceres si inserisce in un contesto adatto a lui e riesce a canalizzare il proprio talento: Conte plasma il 3-5-2 e Martin è una risorsa preziosa sia come terzo di difesa che come quinto di centrocampo. Citando l’archetipo: Caceres “inizia a dar vita al proprio destino”. È un destino sinonimo di gol all’esordio (ricordate la doppietta in Coppa Italia a San Siro contro il Milan?) e di gol pesanti in campionato (Al Napoli, all’Inter). Ma nel suo caso è spesso la sfortuna a vincere contro il destino: così, più che la continuità, di Caceres si ricordano momenti. I gol, appunto, una certa affidabilità tipica di quello che nel basket sarebbe il sesto uomo, che però è costantemente minata dai problemi fisici di ogni sorta. Tra il 2012 e il 2016 vincerà cinque scudetti e due Coppe Italia, ma collezionerà un numero relativamente basso di minuti e tanti infortuni.


3.0

Il terzo passo evolutivo è quello contraddistinto dal “dono della conoscenza”, che poi è anche il motivo per cui alla fine la Juventus lo ha richiamato. Le ultime due stagioni di Caceres sono sparse tra Southampton, Verona e Lazio. Pochissimo spazio in Inghilterra, una buona costanza a Verona, semi-desaparecido a Roma. I suoi quasi 32 anni e la presumibile durata del Caceres 3.0 alla Juventus il contratto è di soli 6 mesi – anche se potrebbero i mesi più importanti della sua carriera – dicono che sarebbe fuorviante parlare di nuovo inizio. Eppure, Caceres è riuscito a trovar posto anche nella Juventus sulla carta più forte degli ultimi anni, la Juve di Cristiano Ronaldo che ha come obiettivo dichiarato la Coppa dei Campioni. Una Juve che se avrà bisogno dovrà affidarsi ai suoi calzettoni alti fino al ginocchio, al suo codino da samurai (pensare che la chiamata della Juventus ha bloccato il suo trasferimento in Giappone…), alla tipica grinta di chi va a saltare di testa dopo essersela aperta in un contrasto, alla sua esperienza. E se è vero che tutto accade per un motivo, non restano che pochi mesi per scoprire in che modo si chiuderà questo cerchio.

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