Caicedo, l’uomo di inizio e fine: un gol per scacciare l’addio
Il suo Klondike sono i primi o gli ultimi minuti, quando la corsa all’oro del gol si fa più viva. Perché chi segna all’alba o al tramonto di gara spezza il match e lo gira a suo vantaggio. Caicedo lo sa e graffia sempre lì. Anche oggi con la Fiorentina, guizzo al minuto 7 e Lazio vittoriosa 2-1 dopo un pari (Benevento) e una sconfitta (Milan).
Caicedo è così. Se ne sta in silenzio, aspetta il momento giusto e poi colpisce, graffia. Si è parlato di un addio, anche di un presunto litigio con Inzaghi, ma la miglior riposta l’ha data lui dopo il gol alla Viola, baciando la maglia davanti le telecamere a bordocampo. Come a dire “io resto, io ci sono”.
Felipe ci tiene, a Roma sta bene, gli vogliono bene tutti. L’anno scorso, alla festa dei 120 anni della Lazio, disse che l’obiettivo era “vincere lo scudetto”. Un sogno rimasto nel cassetto, ma che l’ha consegnato nel pantheon dei calciatori più amati dai tifosi negli ultimi anni. “Non molliamo mai, dobbiamo ripetercelo ogni partita”. Se la Lazio è tornato in Champions dopo 13 anni è anche grazie a lui.
Quando segna porta punti: uno con lo Zenit in Champions, un altro con la Juve e ben due in più contro il Torino. Immobile è il gemello diverso, quello rapido che gli gira intorno e sfrutta la boa, e infatti punge pure lui chiudendo il match: 11 gol in campionato, 16 in stagione compresa la Champions. Una macchina che non fa distinzione di minuti, albe o tramonti del gol. Per quelli ci pensa Caicedo.