Un legame infinito, il ricordo di Cera: "Mio fratello Gigi Riva"
“Vedi, la verità è che solo quando finisce tutto ti rendi conto di non aver fatto più di quello che avresti potuto”. Non è il momento di immergersi nei ricordi più intimi. Quello che importa a Pierluigi Cera, storico capitano del Cagliari che vince lo Scudetto nel 1970, è che il nome di Gigi Riva venga ricordato come qualcosa di irripetibile. Non sente il bisogno di perdersi in aneddoti particolari. Lui conosce e vive il Riva di tutti, ma ama oltre ogni misura quello più nascosto, più schivo. “Gigi era quello che avete visto tutti. Non andava a sbandierare l’essere Riva”. Quello che Cera custodisce è un ricordo pieno di sentimento. Sostenuto e rinvigorito dalla consapevolezza del dono che il destino gli ha presentato: “A Cagliari ho trascorso quasi dieci anni insieme a Gigi. Sono tanti. Veramente molti. Quando hai la fortuna di passare così tanto tempo con una persona capisci che mettere insieme un racconto è difficilissimo”.
Dieci anni di amicizia, una vita da fratelli
Nessun episodio in particolare, nemmeno il minimo accenno. Un rapporto, quello tra i due “Gigi” del mitico Cagliari di Manlio Scopigno che trova nel campo e nei colori rossoblù la sua consolidazione. Che scrive pagine di storie personali che rimarranno impresse nei cuori prima che negli almanacchi. “Sono arrivato a Cagliari nel 1964 – racconta Pierluigi Cera a gianlucadimarzio.com - e son rimasto sempre lì. E lui con me. È nata un’amicizia che è difficile qualificare”. Poche parole, ma intrise di valori: “Siamo diventati due fratelli”. Nessun ostacolo. La presa d’atto dei ruoli in campo e del valore umano al di là della linea bianca.
“Ero il suo capitano. Dieci lunghi anni in cui io sono sempre stato il suo capitano”. Tra l’incredulo e il divertito. La grandezza di Riva riassunta nel non aver mai fatto pesare il suo nome. La sua fama mai mischiata con la fame di gloria. “Al di là di queste gerarchie che riguardavano solo il campo tra me e Gigi c’erano altre dinamiche. C’era molto di più”. Quella difficoltà che ritorna. Condivisione di esperienze. Sensazioni unanimi. Un flusso continuo di emozioni che riaffiorano nella mente. Non Gigi Riva l’attaccante capace di segnare oltre 160 gol sempre con la stessa maglia, non il miglior attaccante della storia della Nazionale italiana. Quello scalfito nel cuore di Pierluigi Cera è un Riva che costruisce l’essenza di un legame indissolubile. L’uno per l’altro. Gigi per Gigi. “Trovare qualcosa da raccontare di Gigi adesso è difficile. Abbiamo vissuto talmente in simbiosi…” Non c’è spazio per la sofferenza nelle parole dell’ex capitano rossoblù. Nel 1970, anno del glorioso Scudetto del Cagliari, esce anche l’ultimo album dei Beatles: “Let It Be”. Band capace di riaccendere i sentimenti di un numero indefinibile di giovani nel mondo. Quel “Lascia che sia” che riecheggia un’aura di rinascita anche nella figura del calcio di Gigi Riva. “Gigi ha portato tutto al nostro sport. Ha dimostrato a tutti che il suo calcio era suo e soltanto suo. La Sardegna di quegli anni – del 1970 in particolare ovviamente – non era più quella che tutti pensavano. Terra di nessuno, grulla e arretrata. Quell’immaginario collettivo si è frantumato. E il merito è di Gigi. Ha fatto qualcosa di enorme per quella terra”.
Una vita nella riconoscenza: Sardegna
Ritrovare sé stessi tornando a credere in qualcosa. L’ostinazione nel risollevarsi dalle macerie del passato. Vivere agendo senza soffermarsi sui possibili risvolti: “Let It Be”. “Gigi non ha mai accettato compromessi. Era un uomo pulito e vero. A Cagliari ha trovato tutto quello che la vita gli aveva tolto fin lì. Ha perso la mamma e il papà quando era ancora un bambino. È stato confinato in un orfanotrofio”. Il richiamo dei sogni e del non dipendere da nessuno vincono la forza della contingenza. “Da quel collegio è scappato in fretta. Cercava un luogo che fosse adatto a lui e l’ha trovato in Sardegna”. Una intimità ritrovata. Una personalità riemersa. “E lì ha fatto quello che nessun’altro è mai riuscito a ripetere. E nessuno ripeterà”. Umiltà, educazione e silenzio: la Sardegna di Gigi Riva. “Abbiamo cominciato a scoprire che sarebbe potuto andare a giocare nelle squadre più blasonate di Italia. Avrebbe avuto l’occasione di guadagnare moltissimo. Vivere il calcio italiano in altre dimensioni, invece, è rimasto a Cagliari”. “There will be an answer”: “Quando arrivi a quei livelli mantenere un tale tasso di modestia non è cosa da tutti. La riconoscenza dei sardi non era dovuta. L’ha costruita tutta Gigi. Con i suoi gol, ma soprattutto col suo essere Gigi Riva”. Nessuna icona o bandiera. “Riva era e sempre sarà la Sardegna”. Un popolo intero come narratore di una storia divenuta leggenda. “Vedere la gente arrampicarsi sugli alberi al Poetto o sui cancelli dell’Amsicora era incredibile. Gigi ha dimostrato a tutti che i soldi non sono nulla. Ha creato un’immagine del calciatore oggi persa del tutto”. Il pallone quasi un espediente. “A Gigi interessava solo la sua terra. Perché la Sardegna è diventata casa sua. Era parte di lui e lui sarà sempre parte di lei”. Questo ciò che resta di Gigi Riva: un amico, un fratello. Gigi e Gigi. Riva e Cera. “Rimarrà sempre la persona onesta, seria e tranquilla che avete conosciuto tutti. Ci metteva del suo nel calcio e lo faceva per gli altri prima che per sé stesso”. Nessun rammarico; in Pierluigi Cera, libero in campo come a parole, c’è l’orgoglio di aver conosciuto e amato “L’attaccante italiano più forte di tutti i tempi”. Gigi Riva e Pierluigi Cera: “Let It Be”.
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