Juventus, Buffon: "C’è la speranza che non sia addio definitivo"
“Sono sicuro di aver dato alla Juve il massimo di professionalità, serietà, affidabilità”, parola di Gigi Buffon, che in un’intervista a Sky Sport ha analizzato il suo passato con la Juventus e il suo futuro professionale che, come ha già annunciato, sarà lontano da Torino.
Buffon: “Nel mio cuore c’è la speranza che non sia addio definitivo”
Si parte dalla fine. La Coppa Italia recentemente vinta dalla Juve è il primo argomento toccato: “È stata una serata differente, più felice rispetto alla giornata di tre anni fa. C’è stata meno commozione, perché era deja-vu, qualcosa di già vissuto che difficilmente penso possa capitare a tanti giocatori. Quando hai una certa dimestichezza con determinate situazioni riesci a gestirle bene, e anche il pubblico ha reagito in modo opportuno. La cosa fondamentale quella sera non era il saluto a Gigi, ma vincere la Coppa Italia”.
Buffon il suo addio alla Juventus l’ha già dato, ma la speranza di un secondo ritorno c'è: “Credo anche che rispetto a tre anni fa, con il fatto che sia tornato, nel cuore di un tifoso ma anche del sottoscritto c’è la speranza che non sia un addio definitivo. Perché tre anni fa non sapevi come sarebbe stato il futuro, e poi la vita ha fatto si che ci rincontrassimo. Questo è quello che rimane nei cuori della gente, nel mio, di tutti. Non c’è nessun tipo di porta chiusa. Le vie del Signore sono infinite, non si sa mai che ci si rincontri”.
Il futuro e il rapporto con la Nazionale
Il futuro adesso è tutto da scrivere e, come ha già dichiarato, le proposte ricevute sono tante. Solo quella che saprà veramente conquistarlo, però, lo porterà ad indossare un’altra maglia: “Ho bisogno di 20 giorni per poter analizzare tutte le proposte che ho ricevuto, metterle a fuoco e capite se ce n’è una più delle altre che mi da quell’entusiasmo, quella voglia di sognare ancora che merito”.
“È stata un’annata complicata, perché è stata lunghissima. Siamo partiti a maggio e non ci siamo mai fermati giocando una volta ogni tre giorni. Moltissimi di noi cominciano a dare segni di cedimento in quanto a energie, anche i più giovani. Ho bisogno anche io di andare in vacanza e riposare per 15 giorni. Quando e se risalirà il serbatoio di energie a un buon livello, si potranno prendere in considerazione tutte le opportunità. Però è una cosa che va vagliata bene, per rispetto della mia storia e perché non sono abituato e non voglio fare brutte figure. Lo faccio perché sento di essere uno dei migliori portieri del mondo e di poter vincere qualcosa o avere la speranza di vincerla. Non devo aggiungere nient’altro alla mia carriera, perché mi sento abbastanza appagato”.
Ma nel futuro prossimo c’è anche l’Europeo, che per la prima volta dopo oltre vent’anni si troverà a vedere dalla televisione: “Sarò curioso di vedere se avrò la spensieratezza di approcciarmi ad un torneo che vede protagonista la Nazionale con la passione del tifoso. Quello che mi auguro, e quello che penso, è che la nazionale stia lasciando delle trecce importanti, di entusiasmo, che si sta rinnovando. Mancini ha fatto un lavoro certosino e ci sono ragazzi di grandi talento che, se uniti alla solidità di Giorgio, Leo, Verratti, Jorginho, Ciro, insigne, possiamo diventare una nazionale protagonista. È quello che l’Italia merita”.
Il rapporto con Agnelli e il lavoro di Pirlo
A seguire, la discussione si sposta sulla relazione con Agnelli: “Col presidente ho sempre avuto un rapporto di grande affiatamento e fiducia. Alcune volte è capitato di confrontarci su alcune situazioni, col massimo della trasparenza e della realtà. Abbiamo avuto anche degli scambi senza filtri. Quando riesci ad avere un certo tipo di dialogo con una persona del suo calibro, vuol dire che si è creata quella sintonia giusta, capisci che non ci saranno mai pugnalate alla schiena o mancanze di tatto”, ha spiegato.
Il finale per ora è dolce, ma Buffon non nasconde che questa prima stagione con Pirlo alla guida sia stata costellata di difficoltà: “Abbiamo avuto una stagione delicata, in alcuni momenti difficile. Però alla fine Andrea è fatto così, è un decisionista, è un vulcano di idee. Secondo me ha delle ragioni valide e profonde per pensare determinate cose, e difficilmente qualcuno può dargli toro, a meno che non voglia trincerarsi dietro l’ipocrisia. Secondo me, la cosa migliore che fa è portare a galla delle problematiche che se non siamo ciechi dobbiamo avere il coraggio di affrontare e di risolvere”.
L’addio alla Juventus
In fine, una valutazione sul suo lascito in bianconero: “Sono sicuro di aver dato alla Juve il massimo di professionalità, serietà, affidabilità. Penso di essere una persona, un ragazzo, un professionista serio, sul quale puoi contare sempre. E credo che in questi due anni, nonostante il mio ruolo non fosse centrale, per uno come me non era così facile adattarsi, invece penso di averlo fatto con grande entusiasmo, prima di tutto per rispetto di me stesso, che ho 43 anni, mi sento un uomo e come tale mi dovevo comportare, non come un ragazzino”.
“E in secondo luogo per rispetto di tutti quelli che avevano fiducia in me, con i quali avevo fatto un patto d’onore che avrei coperto volentieri questo ruolo. E poi con i miei compagni, con l’allenatore dei portieri Filippi, gli stessi Szczęsny e Pinsoglio… Essendo bene o male una personalità influente e per certi versi ingombrante, penso che nessuno abbia percepito questo dall’esterno. E secondo me non è facile riuscire anche a capire il momento di sminuirsi, mettersi dietro le quinte. Per me era una prova anche per misurarmi come persona e sono contento perché penso di averla superata brillantemente”, ha concluso.