Bari, alla base della rinascita: Cornacchini, Scala e lo staff tecnico si raccontano

Dal ritiro in un hotel romano alla festa nel cuore della Sicilia, al “Proto” di Troina. Tutto in otto mesi. Passando per campi di periferia, vittorie (tante), scivoloni (pochi) e la riscoperta di un calcio che Bari non frequentava da decenni. Alla base della rinascita del Bari che ha ritrovato il professionismo ci sono la classe di Brienza, gli acuti di Floriano, la determinazione garantita da Di Cesare e i gol di Simeri, ma nelle stanze dei bottoni c'è stato un pokerissimo che ha preso in mano la nave biancorossa e l'ha portata fuori dalle acque ristagnanti della Serie D. Giovanni Cornacchini, allenatore che in Puglia ha vinto il secondo campionato dopo quello di Ancona nel 2014. Il suo secondo Tommaso Marolda. Il preparatore dei portieri Roberto Maurantonio e il preparatore atletico Luca Lancioni. Uno staff coordinato dentro e fuori campo da Matteo Scala, club manager con compiti estesi all'area tecnica. Alla base del rilancio c'è “un piatto di spaghetti al pomodorino”.

Già, perché come raccontano i protagonisti a gianlucadimarzio.com, la stagione della SSC Bari ha avuto il via il 20 agosto “a Roma. Ognuno aveva incontrato la proprietà o aveva avuto dei contatti telefonici, ma è lì che ci siamo incontrati per la prima volta” racconta Scala. “Nessuno conosceva nessuno, tutti conoscevamo Cacioli”. Capitano con fascia in condivisione con Brienza, che a Bari ha conquistato la settima promozione della sua carriera. “Siamo partiti senza preparatore dei portieri, Roberto Maurantonio si è aggregato qualche giorno dopo” ricorda il club manager. “Anche perché portieri non c'erano” rilancia mister Cornacchini. Una battuta, ma anche la cifra della serenità che si respira nello spogliatoio. Sarà anche per questo che la dirigenza guidata da Luigi De Laurentiis ha deciso di confermarli in blocco per la prossima stagione, dato ufficializzato con un comunicato a due giorni dall'avvio della Poule Scudetto.

CORNACCHINI: “IL SEGRETO? MAI DARE NULLA PER SCONTATO”

In quanti minuti ho accettato la chiamata del Bari? Dall'altro lato del telefono la dirigenza non aveva nemmeno finito di parlare e già avevo detto sì”. Il volto di Giovanni Cornacchini dopo la conquista dell'obiettivo è quello di chi ha accettato un'avventura prestigiosa, sapendo però di avere più da perdere che da guadagnare. “Bari è stata una sfida importante, in una piazza che pretende tanto e nella quale qualcuno aveva dato per scontato che vincere subito fosse semplice. Ce l'abbiamo fatta con tranquillità e serenità. Il merito è anche della piazza, che ci ha sempre sostenuto e in casa ci ha fatto sentire ogni volta in Serie A”. Attaccante in campo (da calciatore ha collezionato 3 presenze nel Milan di Gullit e Van Basten), l'allenatore classe 1965 di Pesaro preferisce le ripartenze davanti ai microfoni, esibendo serenità. Solo apparente, precisa con tono scherzoso: “I momenti di confronto non mancano, ma ognuno ha i propri compiti, ci si rispetta e ci si stima in maniera incredibile. Abbiamo creato degli equilibri importanti”. Che passano anche per dei momenti di relax. C'è la partitella di calcetto del giovedì o la cena bisettimanale. “Lancioni perde sempre” scherza dall'altra parte Marolda. L'allenatore torna serio: “Si è creata immediatamente grande intesa, anche se ci conoscevamo poco. È cresciuta con il tempo e ci ha permesso di conquistare risultati importanti. Poi quando hai una società così strutturata dietro, non puoi che essere sereno”. Anche se qualcuno più ansioso c'è. Cornacchini guarda alla sua sinistra, dove è seduto Matteo Scala. “A ridosso della partita mi faccio un sacco di pensieri – lo interrompe il club manager – con la squadra cerco di mostrare una certa serenità, quando sto con loro meno. Anche domenica scorsa giocavamo con il Roccella ed eravamo praticamente senza obiettivi da raggiungere, ma la tensione era quella di sempre. Il mister è in grado di dare serenità, il più sfacciato è il prof. Anche a Torre del Greco, quando abbiamo perso, sorrideva a fine partita. Ma meno male, serve chi stemperi la tensione”.

 

 

 

 

LANCIONI: “CHE ONORE LAVORARE QUI, DOVEVAMO FARE IL MEGLIO NEL MINOR TEMPO POSSIBILE”

A 30 anni, è il più giovane della truppa. A Bari ci è arrivato dopo la collaborazione con Carlo Pescosolido a Cesena, ma sembra qui da una vita. Luca Lancioni è il meccanico di un Bari partito in netto ritardo rispetto agli avversari e con un imperativo da collimare con la tenuta atletica: vincere. “Il lavoro è stato calibrato in poco tempo e tutti insieme. Si sapeva che avevamo poco tempo e abbiamo cercato di fare il meglio che potevamo nel minor tempo possibile” sorride sornione.  “Se ci ho messo del mio? Assolutamente no” risponde mentre il resto dello staff lo stuzzica. È il più giovane, ma anche il più bersagliato. “Sono compagni di staff fantastici, mi fanno lavorare bene e sentire sempre a mio agio”. Tra i segreti del Bari c'è anche il GPS. In ogni allenamento e anche in partita, i calciatori hanno indossato un pettorale speciale: “Molto utile – aggiunge Lancioni - è uno strumento che ci fornisce dati oggettivi che utilizziamo in allenamento. Ci offre numeri che noi andiamo a interpretare. Il fatto di lavorare con calciatori che avevano già giocato in categorie superiori ci ha aiutato nella loro risposta”. Fuori categoria, un concetto che vale per tutta la città: “Si vedeva sin dall'inizio che questa è una città che vive di calcio e non merita assolutamente la categoria nella quale era finita. Lo capisci sin dal primo momento in cui metti piede in campo”.

SCALA: “TROINA FINE DI UN INCUBO, IL SOGNO E' RIPORTARE LA CITTA' IN PIAZZA”


Il titolo alla stagione non poteva che darlo il club manager Matteo Scala. “A Troina ho pensato 'meno male, quest'incubo è finito'” ammette. Fine di un capitolo avviato a Messina (“In realtà all'esordio in campionato non avevamo ancora capito cosa ci aspettasse. Gli avversari ci hanno affrontato a viso aperto e abbiamo giocato in uno stadio di calcio vero”) e alba di una ripartenza.  Della quale i Fab Five dello staff faranno ancora parte: “Siamo partiti come una squadra da ricostruire completamente – ricorda Scala - non avevamo nulla, né giocatore né strutture. Credevo fosse impossibile e non dormivo la notte perché sapevo quanto lungo fosse l'iter per allestire una rosa e una struttura. Pensare di avere il materiale tecnico in 4-5 giorni, per esempio, sembrava quasi impossibile. La proprietà invece ci ha fatto arrivare a Roma il minimo sindacale per poter partire e metterci a posto”. Pianeta D, ma solo sulla carta. Scala ha solo 38 anni e nel suo curriculum, nel quale trovano spazio i campionati vinti da direttore sportivo in Seconda Categoria con l’Anpi Casassae in Prima Categoria con l’Avoss, spiccano i sei anni a Carpi. Una scalata fino alla A, ma con sensazioni differenti: “Vengo da un'esperienza diversa e ti dico che qui respiri aria di calcio vero ogni giorno della settimana. Quello che abbiamo visto contro il Rotonda è solo l'inizio, 20mila persone che ti applaudono per questo traguardo è un patrimonio straordinario. Il San Nicola mette i brividi”. E il meglio, vien da pensare, deve ancora venire. Con la festa di San Nicola che in settimana ha portato 300mila persone in piazza, l'assist per la suggestione è servito: “Tutta la città in piazza per il Bari? “Io dico che sicuramente prima o poi succederà, speriamo di esserci ancora noi e di essere bravi a proseguire questo percorso. Di certo, con questa proprietà, è un traguardo che il Bari può e deve raggiungere”. Il futuro, intanto, è già alle porte. E loro ne faranno parte. Al centro del progetto.

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