Aronica si racconta: "Io, un portatore d'acqua arrivato in Champions. Juventus, Reggina, Napoli, Palermo: vi dico tutto"

“Sono un portatore d’acqua arrivato in Champions League grazie al cuore e al carattere”. Il segreto di Salvatore Aronica è tutto qui. Nella sua voglia, nella sua determinazione. “Ho giocato sempre con compagni più bravi di me, ma con malizia e grinta sono arrivato in alto. I giovani calciatori oggi pensano ai tatuaggi, ai soldi. Io ai miei ragazzi insegno a crederci e non mollare mai”. Ieri calciatore di Serie A, oggi allenatore di scuola calcio. Domani chissà. “Dopo essermi ritirato ho preso il patentino di terza categoria – racconta Aronica a GianlucaDiMarzio.com – ora attendo quello di seconda per iniziare a fare l’allenatore. Per il momento, però, mi diverto collaborando con il Calcio Sicilia, una delle società giovanili più importanti di Palermo”.

Una vita dedicata al calcio, con la voglia di arrivare che lo ha sempre contraddistinto. Dai dilettanti alla Champions League, passando per le mille avventura in Serie A. La prima? Alla Juventus. “Anche se pochi sanno che ho anche vinto uno scudetto, con Lippi. Fu lui a farmi esordire in Serie A. Fino al trasferimento in bianconero il calcio era una passione, un modo per impegnare il pomeriggio. Da quel momento capii che ce la potevo fare. E ho avuto un inizio niente male, perché ebbi la fortuna di stare con una Juventus stellare”.

Da lì in poi una lunga carriera. E che emozioni. Una in particolare. “La stagione della penalizzazione con la Reggina non la dimenticherò mai. Togliete 15 punti al Palermo e al Pescara ora, sarebbero ancora a -7 o a -9 quasi a metà campionato. Questo dimostra che quell’anno con Mazzarri facemmo un miracolo, raggiungendo una salvezza che forse non era quotata. Diventammo cittadini onorari di Reggio Calabria, un grandissimo ricordo. Tant’è che lì ho chiuso la mia carriera, ritornando qualche anno dopo la mia cessione al Napoli”.

E in azzurro ritrovò proprio Mazzarri che non rinunciava mai al suo numero 6. Arrivavano nuovi difensori ma, per anni, la linea a 3 del Napoli si recitava a memoria: Campagnaro, Cannavaro, Aronica. La difesa della vittoria della Coppa Italia, delle imprese in Champions League contro Manchester City, Bayern Monaco e Chelsea. E di tante altre emozioni azzurre. “Che anni, non li dimenticherò mai. Nello spogliatoio regnava l’allegria con i sudamericani. La cumbia suonava praticamente a tutte le ore, con il ‘Pocho’ Lavezzi dj”. Il più forte? “Sicuramente Cavani, mi bastò una partita per capirlo. Il suo esordio da titolare fu nella gara di ritorno in Europa League contro l’Elfsborg. Era arrivato da poco, provammo la formazione per quella gara con Quagliarella centravanti fino alla rifinitura. Mazzarri entrò negli spogliatoi e ci comunicò che dovevamo giocare con Cavani titolare. Il motivo? Quagliarella era stato ceduto alla Juventus poco prima della partita. Tra i tifosi c’era un clima di tensione. Ma Cavani non disse una parole, rispose segnando due gol!". Furono anni di grandi imprese e battaglie. Soprattutto con gli attaccanti. Da Drogba (clicca qui per leggere) a… Ibrahimovic. “Ogni volta in campo ci scontravamo. Per fermarlo usavo le maniere forti per ovviare al gap tecnico ed allora lo facevo innervosire. Una volta, in un Milan-Napoli che non si schiodava dallo 0-0, lui perse la calma e mi diede uno schiaffetto (nella foto in basso). Quell’episodio rimase nella storia, in tanti me lo ricordano ancora”.

Gli anni di Reggio e Napoli sono stati i più emozionanti. Quelli più deludenti, invece, li ha riservati proprio la squadra della sua città, il Palermo. “Il ciclo al Napoli ormai era finito, c'era aria di cambiamento. Il Palermo mi propose un contratto importante a 35 anni ed accettai, anche perché ritornavo a casa. Ma Zamparini fa davvero tanta confusione: cambiò in poco tempo quattro allenatori e tre direttori sportivi, iniziò a fare la guerra affinché andassi via. Ma, visto il contratto importante, non riuscii a trovare squadra, anche perché ormai avevo riportato la famiglia a Palermo. Questa diatriba mi costrinse a stare 1 anno e mezzo fermo”.

Una piccola macchia in una carriera straordinaria, ricca di soddisfazioni. Ottenute con impegno, grinta e carattere. Quello che Salvatore Aronica vuole trasmettere ora a tanti giovani calciatori.


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