Antenucci e l'addio con il Bari: "Non sentivo più la fiducia di prima, decisione sofferta. Di Cesare un fratello"
Quattro anni di amore, andata e ritorno. Con Ferrara e la Spal che aspettano sullo sfondo e Bari come tappa di un viaggio ventennale nel calcio che non si ferma certo qui. L'addio tra il club pugliese e Mirco Antenucci, secondo miglior marcatore nella storia del Bari, è storia recente. L'attaccante, 39 anni il prossimo 8 settembre e oltre 200 gol realizzati in carriera, si racconta tra una scelta "dolorosa", passato e futuro ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com.
Nel suo post di addio ha scritto: "Chi mi conosce lo sa, ho bisogno di sentirmi al centro di un progetto, protagonista, un valore aggiunto per il mio club, anche a 39 anni e sempre nel rispetto di scelte e ruoli".
Antenucci, partiamo di qui?
"Direi assolutamente che questa componente è stata una leva nella mia scelta. Ho sempre pensato alla carriera non come un guadagno ma come una sfida continua e le mie scelte da 15 anni a questa parte hanno sempre detto questo. Vado alla costante ricerca di sfide con me stesso. A Bari non sentivo più la fiducia di prima, sembrava che il fatto che restassi o andassi via non facesse la differenza. Questo non mi va, sono sempre andato via quando mi sono sentito un peso".
141 partite, quattro stagioni in biancorosso e 63 gol con il Bari. Qual è il momento più bello e la partita che vorrebbe rigiocare?
"Direi 65 anche perché ho fatto due gol con il Catania in C, in una partita che poi è stata cancellata dalla giustizia sportiva. La promozione di Latina è la tappa da ricordare, siamo venuti fuori dall'inferno della Serie C. Avrei voluto giocare Bari-Cagliari e cambiare risultato a quella partita. Tre giorni prima ero stato chiamato in causa al 94' fuori casa per battere un rigore che valeva il pareggio: per me ha significato assumersi una grande responsabilità. Ho accusato il fatto di non essere stato nemmeno preso in considerazione per il riscaldamento tre giorni dopo. Non ne faccio una questione di riconoscenza ma di meritocrazia. Ho dato sempre tutto per questa maglia, a tutti".
Ci racconta cosa è successo nell'ultima settimana?
"Il Salento è stato sempre un posto in cui ho scelto il futuro. Avevo scelto in Salento tra Parma e Spal sette anni fa, quattro anni fa ho deciso di venire a Bari e ora ho scelto di andare via. Ho preso questa scelta in questi giorni, mentre in vacanza con Di Cesare e le nostre famiglie. Ho chiesto scusa a Valerio quando ci siamo salutati piangendo come bambini, gli ho fatto passare cinque giorni di inferno. Non sono stati giorni semplici, quello che c'è nel post è quello che mi porto dentro: è stata una decisione veramente difficile, non credevo di essere legato così intensamente a Bari e alla città".
Cosa ha rappresentato Bari per la famiglia Antenucci?
"Ho girato tantissimo in carriera proprio per la sete di sfide che ho sempre avuto. Volevo sentirmi sempre un giocatore importante. Qui è nata la mia terza figlia e sono legato come lo sono stato a Leeds, dove è nata la seconda. Ho trovato un ambiente meraviglioso e con questo aggettivo includo tutti. Mi hanno emozionato i messaggi di saluto dei tifosi: hanno apprezzato la persona, su Instagram e Whatsapp ho ricevuto grandi attestati di stima e non me l'aspettavo. Vuol dire che sono stato me stesso, leale e umile".
Cosa significa il legame con Valerio Di Cesare?
"Valerio è un fratello, al di là del calcio dove ne abbiamo vissute tante. Siamo stati criticati anche perché ci siamo presi più responsabilità di quelle che avevamo: è un ragazzo speciale, un simbolo di questo club e spero che quest'anno riesca a raggiungere l'obiettivo che si è prefissato e che rimanga a giocare e lavorare con il Bari anche quando avrà smesso. Per lui penso di essere stato lo stesso. Un confidente, un amico, ha una stima in me enorme come calciatore. Se questa esperienza è durata quattro anni il 60-70% è merito suo".
Il rapporto con il Bari ha mai scricchiolato?
"Nell'estate del 2021, dopo che avevamo perso i playoff con Auteri ho chiamato il presidente. Non gli ho detto che volevo andare via ma gli ho detto che volevo fare parte del progetto e che se avesse voluto cambiare non avrei portato rancore. Per fortuna abbiamo deciso il meglio: è stato un momento importante. Anche al tempo dell'addio di Auteri e dell'arrivo di Carrera in panchina ho avuto un infortunio e c'è stata una confusione incredibile. Bari chiede tanto, ha un bacino di utenza incredibile, è normale che la C potesse stare stretta. Siamo stati bravi a tornare in B".
Quella appena finita è stata per Antenucci la stagione dei rigori all'ultimo minuto: tre volte con tre gol contro Cagliari, Pisa e ancora Cagliari.
"Non mi era mai capitato e per quello forse mi sarei meritato qualcosina in più onestamente. Forse avremmo potuto scrivere una pagina diversa".
Siamo a quota 211 gol in carriera: qual è la top 3?
"Sicuramente nei primi tre posti metto la rovesciata di Spezia-Ternana 2-2 al 94', Spal-Parma 1-0 a Bologna e cito la prima giornata del secondo anno a Leeds, contro il Burnley: un tiro a giro sul secondo palo di sinistro. A Bari dico quello in mezza rovesciata contro il Catanzaro al San Nicola due anni fa".
Il compagno di squadra più forte avuto in carriera?
"Come qualità tecniche a Catania direi Papu Gomez. Negli ultimi anni direi Kurtic alla Spal".
Calcio e famiglia Antenucci: ma è vero che Andrea, suo fratello, tecnicamente è forte almeno quanto lei?
"Andrea ha dei colpi fuori dal normale, non lo dico perché è mio fratello: è più un attaccante da pro che da dilettanti. Non è stato fortunato come me negli anni, nelle scelte che ha dovuto fare. Anche lui ha superato i 200 gol in carriera, ha vinto tanti campionati, più di me. Si toglierà tante altre soddisfazioni".
A Bari quest'anno si è anche laureato in psicologia dello sport ed è diventato direttore sportivo.
"Il percorso di laurea volevo finirlo prima, per tanti motivi ho finito tardi e chiuso gli studi. Studiare e leggere sono attività che ti tengono il cervello pienamente attivo. Non è stato semplice onestamente, il tempo c'era soprattutto di sera a casa. Se uno vuole nella vita può far tutto. Il corso da ds andava fatto, era una chance troppo importante. Valerio mi ha convinto e poi abbiamo fatto un viaggio in pullman dopo un Bari-Venezia. Siamo partiti alle 23 dopo la partita e siamo arrivati a Coverciano alle 7 di mattina: doccia, esame e in serata eravamo a Bari. Due giorni dopo abbiamo vinto ad Ascoli".
E ora che succede? Vuole arrivare in campo a 40 anni?
"Sì, la speranza è quella ma vediamo che segnali mi daranno testa e gambe. Valuterò di anno in anno".
Curiosità: il 19 il Bari affronterà in amichevole l'Asd Roccavivara, club di prima categoria molisana di cui lei è presidente onorario e suo padre Domenico è presidente.
"Sarà una sensazione particolare, ne parlavo con qualcuno di famiglia l'altro giorno. Non poterla giocare farà strano ma sono contento che il Bari abbia proseguito la tradizione e che la squadra del mio paese giochi contro il Bari. Resto un grande tifoso di questa squadra".
“Non piangere perché è finita ,sorridi perché è successo". Per salutare Bari sui social ha scelto Garcia Marquez. Lei però suona benissimo il piano. Che colonna sonora userebbe per questi quattro anni?
"Io direi senz'altro Un'avventura di Lucio Battisti che ho cantato in ritiro nel 2019, al momento del mio arrivo in squadra. Direi che è perfetta. In effetti, direi, e che avventura".