Orlandi e il ritiro shock: "Ho pianto. Mai problemi in passato"

Un ultimo giorno di carriera di quelli che un giocatore non vorrebbe mai vivere. Non di certo l’addio dei sogni, quello immaginato magari con un bel giro di campo insieme ai figli. Tutt’altro. Un congedo prematuro dal calcio dovuto a problemi fisici: una patologia cardiaca precisamente. Un problema che negli ultimi anni sfortunatamente si è ripresentato più volte nel mondo del calcio. È ciò che è capitato ad Andrea Orlandi, centrocampista italo spagnolo classe ’84 dell’Entella, che da oggi ha dovuto dire addio forzatamente al calcio. “È un momento molto delicato – ha dichiarato lo stesso Orlandi in esclusiva per Gianlucadimarzio.comed è successo tutto così inaspettatamente. Ho firmato per l’Entella il 31 gennaio, prima giocavo in India (al Chennaiyin, ndr). Il primo giorno di febbraio sono arrivato in Italia e il 3 dello stesso mese ho svolto le visite mediche. Già in quel momento era stato notato qualcosa non del tutto convincente così mi è stato applicato un holter per monitorare il mio cuore e nei giorni successivi la risonanza ha riscontrato una cicatrice sospetta. Così, approfondendo la situazione, il cardiologo ci ha riferito di non potermi concedere l’idoneità sportiva a causa di una cardiopatia”.

La reazione a caldo: "Ho pianto. E non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere..."

Per Andrea è stato uno shock. “Quando ho appreso la situazione ero davvero spaventato perché non avevo mai avuto problemi di questo genere in passato, mi sentivo bene fisicamente e avevo giocato partite ufficiali fino a qualche giorno prima. L’Entella mi ha messo tutto l’occorrente a disposizione e per il 20 febbraio abbiamo prenotato una visita ancor più approfondita a Roma da un famoso cardiologo che in passato aveva curato casi simili per altri calciatori. Nel frattempo ho trascorso due settimane a Chiavari senza allenarmi, in attesa di questa visita, perché se davvero fossero stati confermati questi problemi sarei stato a serio rischio”. Orlandi tuttavia non si era rassegnato al fatto di dover dire addio al calcio. Anche perché “nel 2010, quando giocavo nello Swansea, avevo tragicamente perso un compagno (Besian Idrizaj, ndr) a causa di un infarto quindi avevo voluto a tutti i costi sottopormi ad alcune visite specialistiche al cuore per avere la conferma di non aver alcun problema. E così fu. Mi dissero che ero perfettamente sano. Tanto che “il 20 febbraio a Roma ho mostrato i risultati di quella visita del 2010 al cardiologo. Quest’ultimo però mi ha riferito che già all’epoca si poteva notare qualcosa di sospetto”.

Una notizia che ha allo stesso tempo gelato e terrorizzato Andrea. “Nei prossimi giorni, con calma, quando rientrerò a casa a Barcellona, voglio chiarire anche questa situazione. Ora non sono lucidissimo perché il senso di smarrimento è ancora tanto dopo questa doccia gelata con tanto di ritiro forzato. È tutto così surreale. Di certo ringrazio l’Entella perché è solo merito di questa splendida società se abbiamo scoperto questo problema e non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere se non fossi venuto qui… Sto male solo a pensarci – continua Orlandi con la voce spezzata -. Ho due bambine e una moglie e ovviamente il primo pensiero è andato a loro”. Si è sentito triste e spaesato come forse mai gli era capitato in passato. “Ho pianto. Inizialmente non sapevo cosa fare e dove sbattere la testa. I compagni e la società mi sono stati vicino e non li ringrazierò mai abbastanza per tutto ciò che hanno fatto e continuano a fare per me nonostante io non sia mai potuto scendere realmente in campo con questa maglia”. Continua a leggere alla pagina successiva.



Orlandi, il suo futuro: "Sono già arrivate offerte"

Il suo viaggio da calciatore giramondo tra Spagna (Alavés e Barcellona), Inghilterra (Swansea, Brighton e Blackpool), Cipro (Anorthosis e Apoel), Italia (Novara ed Entella) e India (Chennaiyin) si è concluso anzitempo. A Chiavari. Ma non di certo la sua vita: “Nonostante tutto la mia vita non è assolutamente a rischio e guarderò al futuro con serenità anche se purtroppo non potrò più giocare a calcio a livello agonistico. Questo sport è tutto per me e ce la metterò tutta per continuare a far parte di questo mondo in un altro ruolo. Magari come allenatore, chissà. Quel che è certo è che per me star fermo è davvero impossibile e non ci voglio nemmeno pensare”. I tanti messaggi di stima e vicinanza ricevuti oggi saranno la sua forza per guardare avanti: “Solo la società, la mia famiglia e il mio agente erano a conoscenza di questa situazione. Non appena il mio ritiro forzato è stato ufficializzato dall’Entella mi sono arrivati un milione di messaggi di vicinanza. È questo il bello del calcio e mi fa piacere saper di aver lasciato un bel ricordo dove ho giocato e ai compagni con cui ho condiviso gli anni di carriera. Alcune delle mie ex società come Brighton, Swansea, Blackpool e Apoel mi hanno già contattato per farmi avere tutto il loro appoggio”. Qualcuno poi “mi ha già presentato offerte di lavoro– ride -! Non posso scendere nel dettaglio ma posso dire che ad esempio l’Entella mi ha chiesto di entrare in società e ciò rende loro grande onore e dimostra ancora una volta il valore di questo club, soprattutto perché come ho già detto con la maglia biancoceleste non sono mai sceso realmente in campo. Mi prenderò il mio tempo per riflettere attentamente insieme alla mia famiglia ma certamente non mi fermerò. Con la consapevolezza che la salute venga sempre prima di tutto”.

L'esordio al Barça, l'insalata con Eto'o e... Messi cameriere di Ronaldinho

Il calcio per Andrea Orlandi ha rappresentato la sua vita. Troppi momenti di gioia e ricordi indimenticabili per dire basta con questo sport nonostante una batosta del genere. “Quando ripenso ai giorni indimenticabili della mia carriera non posso che ricordare l’esordio col Barcellona nel 2006 contro l’Athletic. Uno dei momenti più belli in assoluto. Ricordo ogni istante di quel giorno. Ero a tavola con Eto’o e stavo mangiando l’insalata – ride -. Ad un certo punto un altro ragazzo salito in prima squadra dalla cantera come me mi viene a dire che Rijkaard aveva appeso il foglio con la formazione titolare e io ero nell’undici. ‘Andrea, guarda che giochi!’. Io, stupito, ho risposto d’istinto: ‘Ma scherzi?’. ‘Sì, sì. Terzino sinistro’. Da quel momento non sono più riuscito a mangiare l’insalata”, afferma con una nuova risata di gusto. “Ero nervosissimo! Eto’o l’ha capito subito e mi ha chiesto se prima di allora avessi mai giocato come terzino. Ed in effetti era la prima volta... Provate ad immaginare! Di quella partita conservo ancora maglietta e pantaloncini, tra l’altro sono un appassionato di queste cose. Quel giorno mi feci dare la maglietta anche da Ludovic Giuly”.

Il pezzo pregiato della collezione personale di Andrea Orlandi è però un altro: “La maglietta di Ronaldinho! Ogni tanto mi guardavo attorno e stentavo a credere di allenarmi con certi campioni. ‘Merito di stare qui?’, mi chiedevo tra me e me. In occasione del primo allenamento con la prima squadra mi trovai nello spogliatoio da solo con Dinho e mi chiese di giocare a ‘due tocchi’, palleggiando senza far cadere la palla. Ovviamente per l’emozione mi tremavano le gambe. Lui invece che fenomeno: impossibile che la facesse cadere”. Pensate che tanta era l’emozione di condividere lo spogliatoio con certi mostri sacri che “dopo ogni allenamento facevo un giro di chiamate per raccontare tutto ciò che stavo vivendo a chiunque perché per me era un sogno. C’era anche Messi che, nonostante fosse di tre anni più giovane di me, era già aggregato alla prima squadra. Era molto timido ma con le idee chiare e con una personalità da vendere. Ronaldinho lo mise fin da subito sotto la sua ala protettiva e… gli faceva preparare il caffè! Me lo ricordo ancora: due cucchiaini di zucchero. Adorava scherzare e quando si rivolgeva a Messi per chiedergli il caffè gli diceva in tono scherzoso: ‘Leo, ma tu quanti Mondiali hai giocato?’. ‘Zero’. ‘Bene, allora portami il caffè’. Quanto ho sperato che prima o poi toccasse anche a me, invece…”.

Orlandi invece era più in orbita del gruppo spagnolo. Sì perché “in quella squadra c’erano vari gruppi in base alle nazionalità, come capita spesso. Io ero aggregato al gruppo degli spagnoli dove giocatori come Xavi, Iniesta e Victor Valdes mi hanno aiutato moltissimo. Da canterani capivano come mi sentissi in quel periodo e avevano sempre una buona parola per me. Sono giorni che non dimenticherò mai”.I dolci ricordi però non sono legati solamente al periodo in blaugrana. Anzi. “La stessa cosa vale per la vittoria della Championship con conseguente promozione in Premier con lo Swansea e per i due anni trascorsi a Brighton: i migliori della mia carriera! Ho ancora un bellissimo rapporto coi tifosi e lì è nata la mia seconda figlia. Tutt’oggi seguo le mie ex squadre e amo vedere le partite di calcio".

Orlandi: tra fornelli, bambole e un grande rimpianto

Anche il calcio italiano gli piace moltissimo, nonostante non abbia mai giocato in Serie A. "Sono ovviamente tifoso del Barça in Spagna ma in Italia tifo Milan”. D’altronde, le origini italiane si fanno sentire. Madrelingua. Nato in Spagna da genitori italiani e a Barcellona ha frequentato la scuola italiana. “Ma un pochino d’accento spagnolo rimane!”, afferma con l’ennesimo sorriso. In cucina le origini si fanno sentire, eccome. “Mi piace molto cucinare e a casa cucino spesso piatti italiani. Io e mia moglie ci alterniamo ai fornelli. Poi, sono un grande appassionato di cinema e leggo molto. Un mio grande rammarico invece è non aver terminato gli studi universitari. Studiavo legge e me ne pento amaramente di non aver concluso ciò che avevo iniziato. Per il resto la mia vita ruota attorno alle mie due bambine e se mi domandate qualcosa riguardo i cartoni animati o le bambole, so tutto! Sono preparatissimo”. Un’ultima battuta per salutarci concludendo così una giornata vissuta non certo come Andrea avrebbe sognato ma che tuttavia non gli ha fatto perdere il sorriso e la voglia di guardare avanti. Google Privacy